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MARGINI di guadagni ridotti, nella maggior dei casi poco più che sufficienti a coprire i costi e in alcuni addirittura inferiori alla spesa sostenuta in agricoltura: è il caso – come si può verificare dai dati Coldiretti/Ismea rielaborati, qui in basso – di finocchi e latte. Per i primi, al momento, il costo di produzione è di 18 centesimi al chilo, quello di vendita di appena 12 centesimi.

Una produzione in perdita, in questo inizio d’anno, a causa delle alte temperature, fuori stagione, sperimentate nelle scorse settimane: il “caldo”, spiegano gli esperti, fa crollare i consumi di ortaggi e frutta invernali. Senza contare chi – come avvenuto a Isola Capo Rizzuto dove si produce finocchio Igp – si è trovato, a causa della siccità, con una intera produzione da buttare. I produttori di latte, invece, scontano i forti rincari e gli aumenti sui mangimi: è ormai da mesi che non stanno più nei costi. L’eccezione, per questa stagione, è l’olio. La produzione è stata scarsa e il prezzo all’ingrosso quindi, come avviene quando l’offerta è ridotta, è salito (più che raddoppiato).

Per tutti gli altri però, il trend è ormai un solo: in agricoltura costi di produzione aumentati, prezzo di vendita all’ingrosso calato come i guadagni. E gli agricoltori – che sulle spalle oltre ai costi vivi hanno rate di mutui d’investimento – si ritrovano senza liquidità e con un futuro incerto.

C’è poi un altro dato che salta agli occhi guardando la tabella: mentre i prezzi praticati dai rivenditori all’ingrosso, che acquistano il prodotto dagli agricoltori, sono diminuiti, il prezzo al dettaglio non è calato, tutt’altro. I rincari praticati lungo la filiera della grande distribuzione restano importanti, con una media che supera il 300%. Ogni passaggio della filiera lunga (mediatore, rivenditore, grossista, piattaforma della grande distribuzione, etc) erode al guadagno dell’agricoltore il 20%. Lavorare insieme sotto forma di consorzio o cooperativa, per dialogare direttamente con la Gdo, appare oggi una strada non più rinviabile.

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