La Federal Reserve
3 minuti per la letturaPer il governatore della Fed Jerome Powell è troppo presto per dichiararsi vincitori sulla lotta all’inflazione: niente taglio dei tassi ma si avvicina il momento
La Fed non ha toccato i tassi. Ha confermato il costo del denaro, compreso tra l’attuale range 5,25%-5,50%, sui massimi da 22 anni, così come avvenuto nei precedenti tre meeting del 2023. Il governatore Jerome Powell ha ripetuto che è troppo presto per dichiararsi vincitori sull’inflazione. “Ma non c’è nulla di cui preoccuparsi, il contesto macro è il migliore che abbiamo visto da molto tempo a questa parte, caratterizzato da una diminuzione dei rischi di recessione e da dinamiche di disinflazione favorevoli”, ha scritto ieri un una nota Benoit Anne di MFS Investment Management. I segnali di forza dell’economia Usa infatti si moltiplicano. L’indice della fiducia di Conference Board è salito a 114,8 da 108 di dicembre, con un significativo incremento rispetto alla rilevazione iniziale (110,7). Il dato è stato in linea con le aspettative.
Per quanto riguarda l’occupazione, è emerso che a fine anno c’erano 9,02 milioni di posti di lavoro vacanti, massimo degli ultimi tre mesi. A fine novembre, i posti disponibili erano 8,9 milioni: il consensus non si aspettava un dato così robusto, stimava 8,75 milioni. Il quadro economico degli Stati Uniti appare molto migliore di quello dei paesi dell’Unione Europea e dell’Eurozona in generale. A dicembre la Fed aveva diffuso anche i dot plot, ovvero una sintesi delle aspettative dei componenti del comitato monetario sui livelli di tassi, da cui era emerso che i banchieri si attendono in maggior parte tre tagli nel corso del 2024, la metà di quelli che il mercato prezzava fino a qualche settimana fa.
Con l’inizio del nuovo anno, i trader si attendevano una prima mossa già a marzo. Soprattutto dopo che Powell nelle quali erano aveva riconosciuto che l’allentamento monetario era stato materia di dibattito già nel meeting di dicembre. L’entusiasmo da parte degli operatori si è raffreddato a seguito di diverse dichiarazioni dei banchieri. Ora si attendono 5 tagli e le previsioni di una prima mossa già a marzo sono scese sotto il 50% rispetto al 70% di fine 2023. Dibattito o non dibattito, i dati sembrano presagire presto un cambio di rotta, in particolare quelli sull’inflazione.
L’indice PCE core, una delle metriche monitorate con maggior attenzione dalla Fed nel prendere le sue decisioni, ha rallentato a dicembre fino al 2,9%, scendendo sotto il 3% per la prima volta da marzo 2021. Su base trimestrale il calo è stato ancora maggiore. Visto che il PCE core è sceso all’1,5%, ai minimi da fine 2020. Mentre su base semestrale è risultato dell’1,9%: per il secondo mese consecutivo al di sotto del target fissato dalla Fed al 2%. “Il dato offre in teoria lo spazio alla Fed per iniziare ad allentare la politica monetaria”, spiegano gli analisti di Mps.
“Tuttavia la crescita economica ancora forte potrebbe essere un fattore deterrente”. Il capo economista di Goldman Sachs, Jan Hatzius, prevede che la Fed molto probabilmente inizierà a tagliare i tassi a marzo, citando la dichiarazione di Powell nella sua conferenza stampa del 13 dicembre secondo cui il comitato vorrebbe tagliare “ben prima” che l’inflazione scendesse al 2%. L’economista prevede anche cinque tagli quest’anno, in linea con le attuali previsioni di mercato. L’ipotesi marzo non convince Paolo Zanghieri, senior economist di Generali Investments, ritenendo poco probabile che la Fed inizierà a tagliare i tassi prima di maggio. La gradualità della flessione le consente di attendere dati certi sulla disinflazione. L’espero prevede una discesa dei tassi cumulativamente di 100 punti base quest’anno, raggiungendo l’intervallo 2,75-3% entro la fine del 2025.
“La speculazione sull’andamento a breve termine dei tassi di interesse continua a essere il fattore dominante che guida i movimenti dei mercati finanziari”, ha affermato l’economista della Lloyds Bank, Nikesh Sawjani. La Fed si trova attualmente ad affrontare un quadro economico statunitense che vede l’attività economica “ancora reggere meglio del previsto, anche se le misure di inflazione continuano a scendere. Ciò difficilmente suggerisce che l’economia abbia urgentemente bisogno di tagli dei tassi”, conclude l’analista.
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