La Presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen
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Si sposta il baricentro della campagna elettorale per le Europee, adesso l’agricoltura torna al centro dell’Agenda della politica Ue
In principio era l’acciaio. Ora l’Agenda agricola europea, in vista delle prossime elezioni di giugno nell’Ue, potrebbe essere dettata dall’agricoltura spostando così il baricentro della campagna elettorale.
Le proteste degli agricoltori che stanno infiammando i paesi europei dalla Germania, che ha dato il via alla marcia dei trattori, alla Francia dove, tra l’altro, per un incidente ci sono stati anche due morti tra gli agricoltori, passando per Ungheria e Romania e fino all’Italia, confermano uno stato di disagio. Ma anche una volontà da parte dei produttori agricoli di non gettare la spugna. La questione agricola è diventata centrale. Tutti i nodi di una Politica agricola comune, pilastro per il settore europeo, ma segnata da molte contraddizioni, sono venuti al pettine.
D’altra parte la prima proposta di revisione della Pac risale al giugno del 2018. Le regole riviste soprattutto nel segno del “green” sono entrate in vigore nel 2023. Ma dal 2018 è cambiato il mondo. Una pandemia e due guerre hanno profondamente rivoluzionato il contesto geopolitico e hanno soprattutto portato sul palcoscenico in un ruolo di protagonista l’agricoltura. Ma nel corso degli ultimi anni sono stati messi in campo provvedimenti più orientati alla tutela ambientale che alla difesa produttiva.
L’AGRICOLTURA AL CENTRO DELLA AGENDA UE
Un vero falco è stato il vice commissario Ue, Frans Timmermans, al quale è stata affidata la partita ambientale. La sua uscita di scena per misurarsi nella competizione elettorale del suo Paese, l’Olanda, ha certamente favorito un clima più disteso. Ma ormai qualcosa si era rotto. La rigida declinazione della sostenibilità ambientale ha infatti aperto una frattura tra la burocrazia di Bruxelles e il mondo produttivo. E in questi giorni l’insoddisfazione, dopo lunghi mesi di inflazione e alcuni tagli scattati, per esempio in Germania sul gasolio agricolo, è esplosa e le piazze si sono riempite di agguerrite “tute verdi”.
L’europarlamentare di lungo corso Paolo De Castro ha ben delineato la situazione: “Per la prima volta da decenni, questa legislatura europea ha creato la percezione di un’Unione nemica degli agricoltori e delle categorie produttive. Non siamo stati in grado di costruire un progetto – ha aggiunto – che coinvolga l’agricoltura europea facendola sentire protagonista della transizione verde, e non imputata. Ma senza l’adesione convinta dei nostri agricoltori e dell’intero sistema agro-alimentare, qualsiasi prospettiva di neutralità climatica diventa irrealizzabile”.
Fermati molti provvedimenti, dal taglio drastico dei fitofarmaci all’equiparazione delle stalle alle ciminiere, ma il time out non basta più. E invece questo potrebbe essere il momento, secondo l’europarlamentare, per mettere in campo nuove opportunità, dall’intelligenza artificiale alle biotecnologie sostenibili, per riallacciare il legame con le comunità rurali.
LA PERCEZIONE DI UNA UNIONE NEMICA DEGLI AGRICOLTORI
Gli agricoltori si sono trovati a fare i conti con prezzi alle stelle dei fattori della produzione, dall’energia ai fitofarmaci e fertilizzanti, hanno subito come produttori e consumatori l’impennata dei listini, ma non sono riusciti a spuntare prezzi migliori per i propri prodotti. Un caso emblematico è stato il grano, mentre le quotazioni erano sempre più basse, la pasta aumentava. Una situazione che ha convinto il ministero delle Imprese e del Made in Italy a rimettere in campo Mr Prezzi. In un contesto di forte disagio economico la stretta sull’ambiente è vista come un ulteriore fardello.
La nuova Pac ha infatti introdotto requisiti ancora più rigidi (condizionalità rafforzata) per accedere ai pagamenti dei contributi. Insomma al di là delle strumentazioni politiche la piattaforma della vertenza agricola non può essere ignorata. E anche i temi che, secondo alcuni, non sono pertinenti con la protesta come il no agli insetti o alla carne sintetica in realtà sono strettamente connessi perché comunque rappresentano delle minacce per il cibo che è espressione della storia produttiva e culturale dell’Europa. Una difesa dell’identità del Made in Italy agroalimentare che è diventata centrale nella battaglia che da anni la Coldiretti sta portando avanti a Bruxelles.
“Occorre dire basta – ha spiegato il presidente dell’organizzazione agricola, Ettore Prandini – alla concorrenza sleale dei Paesi terzi e introdurre con decisione il principio di reciprocità per fare in modo che tutti i prodotti che entrano nell’Unione rispettino gli stessi standard dal punto di vista ambientale, sanitario e del rispetto delle norme sul lavoro previsti nel mercato interno anche alla luce degli accordi di libero scambio in discussione come il Mercosur che penalizzano agricoltori e cittadini europei”.
LA SITUAZIONE IN ITALIA SECONDO I DATI COLDIRETTI
In Italia – ha evidenziato uno studio della Coldiretti – nel 2023, per esempio, sono più che raddoppiate, per un totale di ben oltre il miliardo di chili, le importazioni di grano dal Canada trattato in preraccolta con glifosate secondo modalità vietate. Tra le priorità anche l’adattamento della Politica agricola comune alle esigenze di redditività e competitività delle imprese agricole con un forte impegno alla semplificazione. I produttori chiedono poi innovazione, dall’agricoltura 5.0 alla nuova genetica green (Tea) che permette alle colture di resistere ai nuovi cambiamenti climatici (come questo caldo inverno che manda la natura in tilt) e agli insetti.
E soprattutto – secondo Coldiretti – bisogna perseguire scelte ambiziose in termini di bilancio Ue. Perché negli ultimi anni non è stato facile preservare le risorse destinate al settore. Ora però (forse) sta emergendo una nuova sensibilità “aiutata” anche dalle prossime elezioni. Non è un caso che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, nell’avviare il dialogo strategico sull’agricoltura Ue, abbia usato toni molto concilianti. Ha sottolineato l’importanza del lavoro degli agricoltori che garantiscono il cibo più sano e di qualità nel mondo e ha invitato a superare la divisione tra le parti con il dialogo tra i diversi attori per trovare così un consenso sulle questioni da affrontare. Insomma la linea del Green Deal resta, ma evitando gli strappi.
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