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Roma, 18 gen. (askanews) – Maggioranza e Governo forzano le regole dei lavori parlamentari al Senato per gestire i loro problemi interni: è questa, in sostanza, l’accusa che le forze di opposizione lanciano in una mattinata di tensioni e polemiche sul ddl Calderoli. A fine giornata il bilancio dello scontro è in pareggio: l’opposizione allunga (di poco) l’iter del provvedimento, la maggioranza corregge il testo con una norma che in qualche modo soddisfa le esigenze politiche e comunicative di Fratelli d’Italia sulla legge-bandiera della Lega. Concluso l’esame degli oltre 300 emendamenti, approvati gli 11 articoli del testo, le dichiarazioni di voto e il voto finale avranno luogo – in diretta tv – martedì prossimo, 23 gennaio, nella seduta convocata alle 16.30.

La legge proposta dal ministro leghista per gli Affari regionali Roberto Calderoli regola l’attuazione dell’autonomia regionale differenziata, opzione introdotta oltre 20 anni fa dal centrosinistra con la riforma del Titolo V della Costituzione.
Pomo della discordia in giornata l’emendamento di Fratelli d’Italia, a prima firma Andrea De Priamo, politicamente significativo perché consente al partito guida della coalizione di governo di rivendicare come proprio successo la garanzia che anche le regioni che non dovessero richiedere la devoluzione di determinate materie riceveranno comunque le risorse per l’erogazione dei Lep (Livelli essenziali di prestazioni). Lo scontro si apre nella riunione della commissione Bilancio di palazzo Madama, che deve completare i pareri sugli emendamenti al ddl prima della seduta dell’aula. Le opposizioni contestano la rifomulazione “last minute” dell’emendamento De Priamo e abbandonano la commissione, poi chiedono e ottengono una riunione “informale” della conferenza dei capigruppo, che si conclude con l’intesa dello slittamento alla prossima settimana del voto finale, in attesa della seconda lettura della Camera.

La contestazione delle opposizioni ha origine dal fatto che emendamenti simili a quello di FdI, ma presentati dalla minoranza parlamentare, erano stati dichiarati inammissibili a norma dell’articolo 81 della Costituzione, che recita: “Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”. Non a caso, dopo un lungo scontro in aula, nella votazione della proposta di FdI le opposizioni si astengono e la norma passa con 90 sì, 62 astensioni e un solo voto contrario (voto “tecnico” di un’esponente del M5S che aveva svolto un intervento aggiuntivo in aula e per avere la parola aveva dovuto dichiarare di parlare “in dissenso dal gruppo”).

“E’ inaccettabile che si usino due pesi e due misure”, tuona il capogruppo del Pd Francesco Boccia. Sulla stessa lunghezza d’onda Tino Magni di AVS: “Io – dice prendendo la parola in aula – ho quattro emendamenti uguali all’emendamento 4.203 che sono stati dichiarati inammissibili”, si tratta, accusa, di “una lesione del sacrosanto diritto dei parlamentari di intervenire”. Enrico Borghi, presidente dei senatori di Italia viva, sposta l’attenzione sul merito della norma in discussione: “L’emendamento 4.203 – osserva – afferma un elemento paradossale, signor presidente, cioè che garantiamo tutto a tutti e diamo più soldi ad invarianza di spesa. Se non è una presa in giro questa, non so che cosa lo sia”.

Lo scontro però non manca di produrre qualche increspatura anche sui banchi della maggioranza. Il presidente della commissione Affari costituzionali Alberto Balboni (FdI) invita a “una riflessione” sul tema, e denuncia di aver trovato, nel corso dei lavori sul ddl, “contraddittori e a volte addirittura inspiegabili, se non del tutto infondati” i motivi per la dichiarazione di inammissibilità di alcuni emendamenti “non soltanto dell’opposizione”. E questo, avverte, “è un tema che riguarda la sovranità che appartiene a questa assemblea”.
“Sull’emendamento del senatore De Priamo – precisa il presidente della commissione Bilancio Nicola Calandrini (FdI) – ci sono state una rivalutazione e una riformulazione da parte del Governo, in quanto il testo originario avrebbe ricevuto, come tutti gli altri, parere contrario ex articolo 81. Rivalutazioni di questo tipo ci sono sempre state”, ma, aggiunge, la prossima volta sugli emendamenti per l’aula questo tipo di interventi andrà fatto in aula “ed eviteremo le speculazioni sulla commissione”. Il presidente del gruppo del M5S, Stefano Patuanelli, infine, chiede di rimettere la materia alla Giunta per il Regolamento. Richiesta “non ostativa” alla votazione sull’emendamento, taglia corto il presidente del Senato Ignazio La Russa, chiudendo la discussione e aprendo la votazione sul discusso emendamento.

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