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Il piccolo Nicholas "Cocò" Campilongo

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Il 16 gennaio 2014 l’omicidio del piccolo Cocò Campolongo, di soli tre anni: fu ucciso insieme al nonno e alla compagna e i corpi bruciati

CASSANO JONIO (COSENZA) – Chissà se a Nicolas “Cocò” Campolongo sarebbe piaciuto il calcetto o il basket. La storia o la matematica. La pizza o la nutella. Se il prossimo anno avrebbe scelto il Liceo classico o l’Istituto tecnico. Quante domande nella vita di quel bimbo dagli occhietti a mandorla rimarranno senza risposta, quante cose di lui non sapremo mai. Cocò avrà 3 anni per sempre.

Sarà per sempre “il piccolo Cocò” da quando, quel 16 gennaio di dieci anni fa, sicari senza scrupoli lo strapparono alla vita trucidandolo a colpi di pistola calibro 7.65. Soltanto qualche giorno dopo, il suo corpicino carbonizzato verrà rinvenuto all’interno di una Fiat Punto in contrada Fiego, insieme a quello del nonno, Giuseppe Iannicelli, vero obiettivo dell’azione di fuoco, e della sua compagna marocchina, Ibtissam Touss.

“Le donne e i bambini non si toccano”: quella che era considerata, a torto, una delle regole che la ‘ndrangheta si era data fino a quel momento veniva infranta definitivamente. Era soltanto una bugia. La criminalità organizzata della Sibaritide svelava una volta per tutte la sua spietatezza, la sua ferocia, la sua brutalità. In tempi più recenti toccherà ad Antonella Lopardo. Non è un caso se all’omicidio di Cocò, a quella morte innocente seguirono reazioni di sdegno da ogni parte del Paese: finanche papa Francesco, durante una visita a Cassano Jonio nel 2014, pronunciò la celebre “scomunica ai mafiosi” che, prima di allora, si consideravano erroneamente uomini d’onore e di fede.

Ma allora, nel caso dell’omicidio di Cocò si trattò di un macroscopico errore oppure di un barbaro segnale da recapitare a chi non rispettava le regole? L’ipotesi è che in quei giorni Iannicelli – inviso all’organizzazione criminale da quando aveva deciso di acquistare la droga dai rivali della cosca Forastefano -, temendo per la propria incolumità, avesse scelto di accompagnarsi a Cocò e Betty, una sorta di “scudo umano” per scoraggiare eventuali attentatori. Purtroppo, però, aveva fatto male i suoi calcoli: attirato in un tranello, sia lui che le due vittime innocenti vennero prima freddate a colpi di pistola e i loro corpi dati alle fiamme.

Per la strage di Cassano Cosimo Donato, 42 anni, e Faustino Campilongo, 43, sono stati condannati in via definitiva all’ergastolo con l’accusa di concorso in omicidio. “Topo” e “Panzetta” – così i due erano soprannominati nell’ambiente criminale sibarita – sarebbero stati gli artefici della trappola mortale e avrebbero avuto il compito di disfarsi dei cadaveri. Ma quella sera non erano soli: da chi partì quell’ordine e perché? E di chi era la mano che premette il grilletto contro il piccolo Cocò mettendo per sempre fine alla sua breve vita? Ancora oggi, i mandanti e gli altri esecutori di quella carneficina restano senza volto e senza nome. Oggi Cocò avrebbe 13 anni. Ma ne avrà 3 per sempre.

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