Giorgia Meloni e Matteo Salvini
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A META’ pomeriggio Palazzo Chigi smentisce il vertice a tre con Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani. E lo stesso fa subito dopo via Bellerio con una nota: «La Lega conferma ottimismo ed è sicura che il centrodestra troverà un accordo, come sempre avvenuto e come già sottolineato da Salvini. Non c’è stato alcun pranzo di Salvini con gli altri leader, né incontri per parlare di amministrative». Il giallo del pranzo della concordia sulle candidature delle regionali diventa oggetto di dibattito dentro e fuori il Palazzo. C’è stato o non c’è stato, dunque, l’incontro? Il vertice c’è stato ma – secondo fonti vicine alla premier – è ruotato attorno alla questione migranti.
I MOTIVI DEGLI ATTRITI TRA SALVINI, MELONI E TAJANI
Di sicuro le voci di una rottura della coalizione sui candidati per le regionali hanno accelerato il processo che ha portato a una riunione ristretta. Obiettivo: riannodare i fili ed evitare che tutto possa saltare. «Noi ci auguriamo sempre che si possa raggiungere un accordo – dice Tajani – gli elettori vogliono l’unità del centrodestra e sono convinto che alla fine il buonsenso prevarrà e Forza Italia farà di tutto affinché il centrodestra sia unito e continuare a governare bene tutte le Regioni del nostro Paese». «Forza Italia – continua Tajani – è sempre stata il partito del buonsenso, Berlusconi è sempre stato il padre del centrodestra, noi rivendichiamo la nostra identità, ma gli elettori vogliono che, pur essendo forze politiche diverse, lavoriamo insieme perché abbiamo un programma comune per il quale abbiamo vinto le elezioni e siamo stati eletti in Parlamento. Questo dobbiamo farlo anche nelle Regioni». Non hanno certo aiutato le parole di Matteo Salvini, mercoledì sera, negli studi di Porta a Porta: «La cosa più semplice sarebbe, in Sardegna, Basilicata, Abruzzo, Piemonte e Umbria, ricandidare gli uscenti, visto che hanno tutti ben lavorato». E poi, senza nominarla, Salvini è sembrato rivolgersi alla Meloni: «Se qualcuno dice che non vuole candidare Tizio o Caio, mi deve spiegare perché e dove ha sbagliato». Tutto questo non sembra essere stato digerito dalle parti di Palazzo Chigi. Anche perché scolpire che «se salta Solinas in Sardegna, salta anche Marsilio in Abruzzo e Bardi in Basilicata» è stato percepito come un gesto di sfida.
LA LOTTA DI SALVINI SU SOLINAS
Da qui la convocazione del mattino a sorpresa. Un incontro che, trapela da più parti, non sarebbe stato risolutorio. La situazione resta di stallo. E viene confermata da Andrea Crippa, a pochi passi dai palazzi della politica: «Il candidato uscente in Sardegna è Solinas, dal nostro punto di vista gli uscenti devono essere candidati. Per noi la Sicilia non è come la Sardegna. Se poi la Sicilia deve diventare come la Sardegna, si deve rivedere tutto. Faremo in modo che il centrodestra rimanga unito».
A pochi metri c’è Giovanni Donzelli, fedelissimo di Meloni, che la mette così: «In Sardegna ci hanno sempre tenuto a decidere sui territori. Sui territori le liste di centrodestra hanno espresso una candidatura, non credo ci sia la volontà dal centro di entrare nelle scelte fatte dai territori. Su questo, poi, troveremo le giuste soluzioni, come abbiamo sempre fatto». Ma non sembra, al momento, che si trovino soluzioni che possano accontentare tutti e tre i partiti della coalizione. Raccontano che Salvini difficilmente cederà sulle ricandidature e sul nodo del terzo mandato, perché significherebbe indebolirsi a livello territoriale e all’interno di via Bellerio. Se fino a oggi il calo nei consensi non ha portato a un cambiamento della leadership della Lega è anche perché il vicepremier è riuscito a mantenere il potere nell’Esecutivo e nei territori. Non a caso i colonnelli di Salvini escono in batteria. «Non credo ci sia uno scontro di potere – teorizza il viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Edoardo Rixi – Ci sono diversi ragionamenti, credo che entrambi vogliano vincere. Cambiare un presidente, in questo caso della Sardegna, che per 5 anni ha governato bene, non so se sarà apprezzato dai sardi nel voto delle Regionali. Temiamo che il cambio in corsa di un candidato presidente rischi di allontanare l’elettorato e non di avvicinarlo».
Gli fa eco Eugenio Zoffili, che oltre a essere parlamentare della Lega è anche il commissario del partito in Sardegna: «Dividere il centrodestra sarebbe un errore: bisogna lavorare per la continuità con Christian Solinas per il bene futuro dei sardi e dell’isola, dove la giunta regionale uscente ha lavorato tanto e bene».
ROTTURA SÌ, ROTTURA NO
Insomma, come finirà? Maurizio Gasparri sostiene che un tempo toccava a Silvio Berlusconi convocare tutti a villa San Martino per risolvere «situazioni complesse» come quelle odierne. Sempre Gasparri dice che «quando ci sono situazioni difficili la prima regola è non aggravare la situazione e dire cose assolutamente generiche e parlarsi. Noi ci parliamo, siamo tutti in contatto e troveremo soluzioni di coesione. Governiamo il Paese, abbiamo tante cose da fare e troveremo le soluzioni anche sui territori».
Non a caso in pochi credono alla rottura: sarebbe controproducente per la stabilità dell’Esecutivo e per gli attori di minoranza della coalizione. Non a caso i bookmaker dicono che alla fine si troverà una soluzione, anche perché Salvini non può permettersi la rottura con gli alleati, Meloni compresa: «Matteo cederà la Sardegna… soprattutto per proteggere Donatella Tesei che guida l’Umbria». E, a meno di colpi di scena, il meloniano Paolo Truzzu correrà in Sardegna contro Alessandra Todde del centrosinistra.
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