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Le espressioni di Giorgia Meloni durante la conferenza stampa di inizio anno (foto Ansa)

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Meloni e la sindrome da complotto: cosa c’è dietro il mantra «Io non sono ricattabile» ripetuto anche durante la conferenza stampa?

GIORGIA Meloni ha trasformato il tribunale politico in un comizio: il giorno dopo, gli amici che le parlano ogni giorno e le confidano ogni istante dell’azione del governo e dei gruppi parlamentari, ritengono che la conferenza stampa di inizio anno sia stata positiva. A maggior ragione dopo i primi tormentati giorni dell’anno. Tutto bene, insomma. Nessuna sbavatura. Caso Pozzolo chiuso con sospensione e deferimento ai probiviri. Ramanzina a chi ha commesso errori in questi mesi, una carezza a Matteo Salvini sull’affaire Verdini e una dose di positività sul futuro e sulle riforme che verranno. E poi le europee, test elettorale per la maggioranza. D’altro canto, quando Meloni invita gli alleati Salvini e Tajani a scendere in campo lo fa, dicono, «per legittimare ancor più la sua leadership, per continuare a dare le carte all’interno della coalizione».

GLI SCENARI OPACHI

Eppure, in questo contesto l’uscita della Meloni che più ha fatto discutere è stata il nuovo affondo sugli scenari opachi, su chi starebbe tramando un complotto alle sue spalle. Parole che hanno fatto il giro di tutti i palazzi della politica. «A chi si riferiva questa volta? Ai magistrati? Ai grand commis di Stato che le remano contro?». E ancora: «Cosa c’è dietro quel “io non sono ricattabile”?». Anche perché non è la prima volta che succede. Ormai è un grande classico della narrazione meloniana. Qualcuno sospetta: «L’opposizione latita e se la prende con i poteri oscuri. Cerca un avversario…». Eccola, allora, in conferenza stampa rispolverare la frase con cui rispose, nell’ottobre 2022, agli appunti piccati di Silvio Berlusconi durante la fase della formazione del governo: «Non sono ricattabile». A chi era diretto questo messaggio? Domanda che in tanti si fanno in queste ore. Forse agli alleati di governo riottosi che cercano l’incidente ogni giorno? «Io penso che qualcuno in questa nazione abbia pensato di poter dare le carte, ma in uno Stato normale non ci sono condizionamenti, l’ho visto accadere e non dico di più».

E ancora: «Vedo degli attacchi e pensano che ti spaventi se non fai quello che vogliono, ma io non sono una che si spaventa facilmente, preferisco cento volte andare a casa, hanno a che fare con la persona sbagliata. Ci sono quelli che possono indirizzare le scelte, ma con me non funziona, io sono il premier e le faccio io, me ne assumo la responsabilità».

I MOTIVI DELLE IRRITAZIONI

La premier Meloni, sul caso complotto, accenna appena a qualche richiesta che deve aver ricevuto: «Mi è capitato in questo anno di capire che alcune persone hanno ritenuto di avere avuto in passato ruoli che non ritengo di dover dare. Questo vuol dire che io non sono una persona che si fa condizionare, non sono una persona che si fa ricattare. Non ritengo di dover dire di più su questo: dico solo che non sono ricattabile». Raccontano che Meloni sarebbe stata infastidita dai consigli non richiesti provenienti da agenzie di comunicazione o da vecchi arnesi della politica italiana. E che si sarebbe irritata per le molteplici richieste che le sono arrivate nei giorni delle nomine. Raccontano anche che non le ha fatto piacere quello che si è ricamato in queste settimane sui fuorionda riguardanti l’ex compagno Andrea Giambruno. A suggellare tutto, in questi mesi, anche lo sfogo del ministro Guido Crosetto con il Corriere della Sera che ha evocato lo spettro della «opposizione giudiziaria».

Non è la prima volta, si diceva. Forse sarà pure una strategia. Ma questa volta le è stato chiesto di circoscrivere e la risposta è rimasta vaga. C’è chi sostiene che sia un segnale di debolezza. Che sia l’inizio della parabola discendente del melonismo.

L’OPPOSIZIONE ATTACCA

Non a caso l’opposizione sta cavalcando l’uscita. Matteo Renzi, leader di Italia viva ed ex inquilino di Palazzo Chigi, rimbrotta la presidente del Consiglio: «È un vittimismo insopportabile. Giorgia, sei premier da sedici mesi: il tuo problema è la squadra debole non i poteri forti». In scia Maria Elena Boschi, renziana ed ex ministra: «Se Meloni ha un’esperienza differente, di complotto, faccia i nomi in procura. La verità è che le piace giocare il ruolo della vittima. Cominci a liberarsi di persone inadeguate e imbarazzanti per il Paese che ha scelto lei: da Delmastro a Pozzolo, fino a Lollobrigida».

E anche dalle parti del Pd vogliono saperne di più. «Non si capisce a chi si riferisce Giorgia Meloni quando dice di non essere ricattabile e fa intendere la presenza di un complotto – tuona Andrea Orlando, ex ministro della Giustizia – Non è una domanda di gossip, ma riguarda tutti gli italiani e le rappresentanze istituzionali che hanno diritto di sapere chi continua a tentare di ricattare la presidente del Consiglio. Non è una domanda banale o secondaria. Sicuramente tra gli indiziati non ci sono le banche, che di solito vengono ascritte ai poteri forti. Perché in questo caso non solo Meloni ha ceduto, ma lo ha fatto in pochissimo tempo perché era prevista una tassazione sugli extraprofitti che è stata sostanzialmente cancellata in pochissimo tempo».

Dello stesso tenore la reazione di Giuseppe Provenzano, altro peso massimo del Nazareno: «Tra vittimismo, gravi menzogne e omissioni, l’amara verità sull’inadeguatezza della sua classe dirigente post-fascista, sorgono inquietanti domande. Meloni dice di non essere ricattabile, bene; ma chi sta ricattando la presidente del Consiglio? Chi vuol condizionare il governo italiano? Parli chiaro». Aspettando la prossima puntata, resta un dato: il tribunale politico non c’è stato, ma Meloni non sembra così tranquilla come vorrebbe far credere.


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Alessandro Chiappetta

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