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Il momento dell'implosione dell'ecomostro di Torre Melissa

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La dinamite e gli applausi, non è un giorno qualunque per la Calabria. Va giù un ecomostro in un luogo che incrocia la nostra storia: la statale 106 sempre troppo stretta e troppo pericolosa, la Melissa della rivolta e della strage contadina che sta in un quadro di Treccani, in una canzone di Dalla, in un libro di Repaci. E poi il mare degli sbarchi di questi anni, con il ricordo di quei 51 curdi salvati dai melissesi che si tuffarono in acqua. E sullo sfondo la ‘ndrangheta che tutto vorrebbe controllare e dividersi, da semaforo a semaforo, da paese a paese: ma stavolta non è andata così.

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Una terra dimenticata esce dall’oblìo italico e va nei titoli dei tg: quindi si può fare, anche se ci sono voluti sedici anni. I soprusi e l’abusivismo possono essere colpiti, come del resto è accaduto tre anni fa a Capo Colonna, la cartolina di Crotone, grazie a una commissaria prefettizia: 38 anni dopo la prima ordinanza, furono abbattute le ville abusive simbolo dello strapotere mafioso, davanti alla zona archeologica approdo dei bus turistici e delle scuole.

Si può fare, e vengono in mente gli ecomostri che popolano le nostre coste, quegli ottocento chilometri di cui tanto ci vantiamo, mai troppo difese. Quello scheletro di un lungo albergo mai aperto a 4 piani che nasconde duecento metri di mare sempre sulla 106. A non più di due chilometri a sud da dove Stefano Mariottini trovò i Bronzi di Riace, a nove dalle rovine e dai mosaici dell’antica Kaulon sotto il faro di Stilo.

O la Torre della Liquichimica a Saline Joniche, fabbrica mai aperta che ha lasciato sulla sabbia spaventosi scheletri di ferro, una passerella che finisce in mare, un posto che non avrebbe bisogno di maestri della fotografia e scenari di cartapesta, perché è un brutto film già così, con i silos arrugginiti e il porto insabbiato. Ma poi basta girare lo sguardo per scorgere Pentidattilo, borgo abbandonato, salvato e in via di rigenerazione. O scoprire che qualche airone ha ripopolato la zona umida protetta dal Wwf contro tutti, al di là della ferrovia. E quindi torna la speranza.

Di sicuro, con il palazzone di Torre Melissa va giù la certezza che tutto sia immutabile, che la Calabria non possa cambiare e guarire anche nelle ferite al panorama che sono di tutti e di nessuno: e anche qui non è una questione di partito ma di presenza dello Stato, e di fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nella politica. Nel tempo del cemento senza regole e dello strapotere criminale, il paesaggio calabrese è stato deturpato nei suoi angoli migliori: mostri come quello di Torre Melissa giacciono deserti nel cuore delle città.

L’Istat sostiene che 47,7 abitazioni su cento in Calabria sono abusive, poco meno della Campania, più della Sicilia. Basterebbe questo numero per farci capire che questa è una grande questione morale, ambientale, civile. Il non-finito calabrese, con i mattoni a vista e i ferri con i panni stesi è ormai letteratura, ma non per questo significa che sia bellezza.

Il cantante Peppe Voltarelli dice che ormai si tratta di arte contemporanea, e bisognerebbe fare delle visite guidate per mostrare certe abitazioni di malvagia creatività. L’unfinished: argomento di tesi, obiettivo dei migliori fotografi e delle riviste internazionali di urbanistica, scorci di Beirut o Gaza senza che sia mai scoppiata una guerra. Architetti come Giovanni Multari e Michelangelo Pugliese hanno scritto un libro sul paesaggio dell’esistente ambientato a Rosarno, arrivando alla conclusione che bisogna ricercare un’armonia anche nel brutto, completare e riempire i vuoti. La casa, anche nella sua sgrammaticata geometria, è “rivelatrice di un’esigenza”.

Abusivi perché poveri. Parliamone, studiamo, coinvolgiamo i sindaci che alla fine diventano il bersaglio di ogni protesta, che sia il fabbricato da demolire o il reddito di cittadinanza che non arriva più. Perché in certi paesi è possibile e in altri no?

Certo, questo discorso non vale per Melissa e per il mobilificio che sorse contro tutte le leggi e contro i piani regolatori, carta straccia degli anni bui. Quarantamila metri cubi di cemento non ci sono più, sorgerà un’area camper accanto ai vigneti del Cirò. Cin cin, Melissa, cin cin Calabria.

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