Il giudice sospeso Marco Petrini
3 minuti per la letturaFATECI capire, l’avvocato Francesco Calderaro, difensore di fiducia del giudice (sospeso) Marco Petrini già in forza alla Corte d’Appello di Catanzaro, sostiene che il suo assistito potrà tornare a indossare la toga perché il periodo di sospensione (5 anni) rischia di scadere prima della sentenza di Cassazione.
La Suprema Corte deve decidere sulla condanna a 4 anni e 4 mesi comminata a Petrini dal Tribunale di Salerno e confermata in Appello. Una condanna gravissima per un magistrato: corruzione in atti giudiziari; qualcosa che annulla il senso stesso dell’essere giudice. Ma secondo il suo legale potrebbe succedere che la Cassazione decida dopo la fine della sospensione e che Petrini torni a fare il giudice alla Corte d’Appello di Catanzaro.
Non dubitiamo dei conti dell’avvocato Calderaro: la sospensione parte dal 2019 (epoca dei fatti) e dovrebbe terminare nel febbraio 2024, la Cassazione non ha ancora fissato l’udienza e il processo nella sede di piazza Cavour a Roma, durerà almeno un anno. Ergo, effettivamente, la sospensione potrebbe finire prima della sentenza e il giudice Petrini, secondo l’avvocato, andrebbe reintegrato.
A questo punto, ci permettiamo di porre una sommessa ma ferma domanda: “Ma anche fosse, che senso ha che Petrini torni a fare il giudice?”. Perché, guardate, nessuno è più garantista di noi: gli avvocati esistono per fare assolvere i loro assistiti e, se abilità legale e tecnicismi giuridici lo permettono, è giusto che una persona venga assolta anche se è evidente che ha commesso il reato. Cioè, non sempre verità e giustizia coincidono. Sì, perché, in questo caso, ci sono i video del giudice che conta le mazzette, c’è un tenore di vita molto più alto di quello che avrebbe potuto permettersi anche con l’ottimo stipendio percepito dai magistrati, ci sono testimonianze di ogni genere e intercettazioni. Insomma, qui, la “materialità” dei fatti è molto più assodata di quello che dirà, alla fine, la sentenza della Suprema Corte.
Perché, a suo tempo, colto in flagrante e finito in carcere, il dottor Marco Petrini confessò gran parte delle sue malefatte: orologi, soldi, cassette di pesce fresco, arrivavano perché lui era bravo e garantista e, se c’era un appiglio, l’imputato eccellente (e pagante) poteva stare abbastanza tranquillo. Poi, però, in aula, nel novembre del 2022, Petrini fece marcia indietro: «Ero fortemente turbato – disse – e oggi non mi riconosco nelle dichiarazioni che mi sta leggendo il pubblico ministero. Uscivo da un mese di carcere a Salerno e poi da un periodo di isolamento in un convento, chiuso in una cella. Mi sono preso di panico, avevo paura, ero stanco e provato e ciò mi ha portato a fare dichiarazioni non vere».
Se non fosse stato per il dramma di un uomo effettivamente molto turbato, a qualcuno, in aula, sarebbe scappato un sorriso di incredulità. Quella volta Petrini raccontò addirittura di non ricordarsi di essere massone e di essere stato affiliato nello studio dell’ex senatore Giancarlo Pittelli recentemente condannato a 11 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Ma torniamo ai fatti. Quelli che ci dicono che certe cose, sono incontrovertibilmente accadute e che uno che contava le mazzette, non dovrebbe tornare in tribunale a giudicare gli altri. Questo anche se il suo avvocato riuscirà addirittura (non è facile) a farlo assolvere. Comunque, se la sospensione dovesse scadere prima dell’eventuale sentenza della Cassazione, qualcuno (il Consiglio Superiore della Magistratura?) dovrebbe intervenire. O forse, e sarebbe bello, dovrebbe essere lo stesso dottor Petrini ad autoprolungarsi la sospensione. Magari ben consigliato dal suo legale.
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