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Ci aspettavamo di più: i dati sul turismo che la Banca d’Italia sede di Napoli ha comunicato riguardo ai numeri della Campania ci fa capire come la strada da percorrere al Sud è ancora lunga. Addirittura alcuni avevano manifestato preoccupazioni circa l’overbooking del quale poteva soffrire Napoli. Ed in verità girando per le strade della città la sensazione “nasometrica“ era quella di una vera e propria invasione. Ma dice un proverbio che le asperità si riescono a vedere solo quando la neve si scioglie. E alla conta le informazioni che arrivano non sono negative, ma nemmeno sconvolgenti.
Come la Campania, anche la Sicilia che ha avuto incrementi nelle presenze turistiche delude rispetto ai dati che ci si attendeva. Anche in quella Regione i dati del turismo non sono eccezionali. Ancora non si riesce a sorpassare quell’isoletta sperduta nel Mediterraneo che si chiama Malta e che riesce ancora oggi a dare lezioni come si gestisce il turismo quando, da attività residuale per viaggiatori appassionati, diventa industria turistica. Cresce in Campania il turismo con il record di stranieri soprattutto a Napoli (più 9 per cento), aumenta la spesa, ma siamo lontani dal tutto esaurito. Anche le presenze dei visitatori nazionali sono moderatamente cresciute ma non come una realtà come Napoli meriterebbe. La riflessione che viene spontanea riguarda le aspettative di chi pensa che il Sud possa vivere di agricoltura e turismo. La risposta è chiara e definitiva. No!
La soluzione mono settoriale è praticabile solo nelle piccole realtà di eccellenza. Pensare che Capri, Procida , Ischia , Lampedusa, Taormina, Ravello, Cefalù, per citarne alcune, ma anche Malta, possano vivere prevalentemente di turismo è un’ipotesi parzialmente possibile. Perché in ogni caso bisogna attuare una filiera complessa che possa dare reddito a una popolazione. Per esempio la pesca può essere un settore che può trarre mercato da un turismo diffuso. Ma pensare che una realtà con oltre venti milioni di abitanti come il Sud possa vivere di solo turismo è assolutamente velleitario per due ordini di motivi. Il primo riguarda il fatto che il rapporto tra presenze e popolazione si calcola sia nell’ordine del 7 per mille. Cioè se il Mezzogiorno raddoppiasse le proprie presenze, obiettivo legittimo ma difficilmente realizzabile, e passasse da 80 milioni di presenze al doppio creerebbe un numero approssimativo di posti di lavoro che sarebbe nell’ordine dei 500-600 mila. Una cifra importantissima ma insufficiente per riportare il Sud a quel rapporto popolazione-occupati delle realtà a sviluppo compiuto. Cioè quel rapporto perlomeno di due a uno che consentirebbe quell’autonomia fiscale, che risolverebbe anche le problematiche che stanno alla base dell’autonomia differenziata.
Il secondo motivo riguarda il fatto che un freno alla emigrazione delle professionalità scientifiche che si formano nelle università, spesso di eccellenza, del Sud, può venire solo da un manifatturiero tecnologicamente avanzato. Certamente un ingegnere elettronico avrà difficoltà a trovare occupazione in un albergo anche se grande e importante. Né si può pensare che gli occupati del Sud, che dovrebbero essere a regime vicini ai 10 milioni, compresi i sommersi, possano trovare inserimento nel turismo e nei servizi connessi. La stessa Malta , che ha poco più di 500 mila abitanti, occupa nel settore turistico e nel suo indotto non più del 70% dei suoi occupati, perché vi è un settore amministrativo/ burocratico, la cantieristica molto sviluppata, e un po’ di agricoltura e pesca, che fanno sì che vi sia la piena occupazione ma anche una immigrazione dalla stessa Sicilia, che è a un tiro di schioppo. Solo chi non ha dimestichezza con i numeri immagina tutto il Mezzogiorno pieno di prati verdi, boschi e spiagge magari deserte.
Certo da qui a pensare ad un manifatturiero di rapina che scambi la salute con il lavoro ce ne vuole. Perché la vera industria che serve è quella ad alta intensità di occupazione. Non certamente quella ad alta intensità di capitale delle raffinerie, che stanno lasciando, adesso che si vanno dismettendo, un deserto di scorie oltre ad una percentuale di tumori elevata. Così come accade a Taranto, Gela , Milazzo, Siracusa. Esiste però anche un manifatturiero non inquinante, ad alta intensità di occupazione, a tecnologia avanzata, quello della Intel per esempio, che furbescamente Giorgetti vuole a Vigasio, che oggi può diventare una alternativa importante. Per evitare che 100.000, soprattutto giovani, ogni anno debbano emigrare con un costo per la realtà meridionale di oltre 20 miliardi, che non viene mai calcolato quando si fanno i conti dei cosiddetti residui fiscali delle Regioni che propongono la secessione dei ricchi. Così come vi è il settore della logistica che, considerata la lunghissima costa che va da Napoli a Bari, le due Isole immerse totalmente nel Mediterraneo, i 10 aeroporti, può dare possibilità di inserimento a professionalità di livello elevato.
Solo che il Paese voglia capire quello che gli immigrati che arrivano sulle coste di Lampedusa e della Sicilia hanno capito perfettamente e cioè che siamo a due passi dal Nord Africa. Area sempre più decisiva e importante nello sviluppo economico del mondo ma certamente fondamentale per l’Europa, dopo che si sono chiuse le frontiere con la Federazione Russa. Forse va fatto un passo in avanti nello studio delle problematiche del Mezzogiorno e passare dalle analisi sociologiche, dai desiderata fantasiosi a quel meridionalismo quantitativo che finora ha avuto così poco successo. Perché è molto più semplice un approccio distante da quella verifica quantitativa la cui assenza fa poi saltare qualunque tipo di soluzione proposta. Ma che rischia di portare a una visione assolutamente velleitaria.
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