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ROCCABERNARDA (CROTONE) – Se il monopolio dei lavori elettrici è del clan e un’amministrazione comunale tenta di ripristinare le regole, c’è bisogno di scortare gli operai pure per sostituire “qualcuna delle lampadine”: la spavalderia mafiosa può portare a questo, nei piccoli centri della Calabria come Roccabernarda. A un certo punto i dipendenti della ditta Iembo di Cutro dovettero essere letteralmente scortati anche per cambiare le lampadine della pubblica illuminazione, dopo che l’ex sindaco Nicola Bilotta tentò di cambiare rotta rompendo lo strapotere ‘ndranghetistico che imperversava da anni al Comune di Roccabernarda.
Durante la precedente gestione amministrativa, l’ente aveva aggiudicato oltre 100 affidamenti diretti nel settore della manutenzione dell’illuminazione pubblica all’imprenditore Antonio Lonetto, in carcere dall’altra sera insieme al boss Santo Antonio Bagnato e a un fratello di questi, Giancarlo. Affidamenti, secondo la ricostruzione dei carabinieri del Comando provinciale di Crotone e della Dda di Catanzaro avvalorata dalla gip Arianna Roccia, caratterizzati da vizi sostanziali (mancanza di preventivi, di collaudo, di sopralluoghi) e pertanto da ritenersi veri e propri emolumenti bimestrali che il Comune elargiva a Lonetto, dal 2009 al 2017 destinatario, ininterrottamente, degli importi sotto soglia grazie a determinazioni del responsabile dell’ufficio tecnico pilotate al fine di evitare una regolare gara d’appalto.
C’è anche un’ipotesi di tentata estorsione ai danni di Bilotta, per il quale il calvario iniziò quando, in vista della scadenza del servizio affidato alla Electric Service di Lonetto, chiese lumi alla Prefettura di Crotone in seguito al coinvolgimento dei congiunti dell’imprenditore nell’operazione Trigarium, condotta nel 2019 contro la cosca Bagnato. Bilotta decise di assegnare il servizio alla ditta di Cutro e iniziarono gli “avvertimenti”, secondo i pentiti commissionati dal boss, essendo Lonetto l’imprenditore di riferimento del clan. Dalla bottiglia incendiaria collocata nei pressi della residenza estiva dell’ex sindaco a Steccato di Cutro al rinvenimento di cartucce a pallini sul cofano della sua auto nella piazza centrale di Roccabernarda alle telefonate alla moglie con cui qualcuno, in dialetto, le chiedeva di informare il marito che al figlio sarebbe capitato «un brutto incidente». La telefonata minatoria, in particolare, era partita dall’utenza telefonica di una donna, estranea alla vicenda in quanto i carabinieri hanno rinvenuto un doppino da dove era possibile collegare un telefono ed effettuare una chiamata in modalità anonima. Tanto più che, dalle immagini dell’impianto di videosorveglianza nella zona interessata, nell’orario compatibile con la telefonata era stata rilevata la presenza di Lonetto, che risponde di tentata estorsione. Tanto più che la ditta cutrese subì il danneggiamento di un’auto aziendale. Ecco perché l’imprenditore Maurizio Iembo chiese ai carabinieri un servizio di vigilanza durante lavori di manutenzione alle lampadine dell’impianto di pubblica illuminazione di Roccabernarda.
Quando i militari giunsero sul posto notarono che da quelle parti transitava Lonetto, il cui intento, secondo l’accusa, era quello di far desistere il sindaco e l’amministrazione comunale dall’affidare i lavori ad un’altra ditta e, quindi, di riottenere la gestione monopolistica del servizio. Il primo riscontro, sempre secondo la ricostruzione degli inquirenti, si ha quando i carabinieri apprendono da una fonte confidenziale che Lonetto aveva prospettato “tempi duri” avvicinando gli amministratori, alludendo a possibili ritorsioni. Del resto, l’imprenditore aveva chiamato l’ex sindaco dopo il rinvenimento della bottiglia con benzina e accendino accanto dinanzi alla casa di Steccato, quasi a far intendere che era il preludio di quanto annunciato. “Tempi duri”.
I carabinieri monitorano l’ufficio del sindaco e fotografano così il dramma vissuto dall’intera compagine amministrativa. A un certo punto arriva un cittadino che segnala la necessità di eseguire dei lavori all’impianto elettrico comunale in prossimità della propria abitazione. Il sindaco allora afferma che la ditta affidataria dei lavori stava avendo una serie di problemi tanto che i titolari non volevano più eseguire gli interventi a causa del danneggiamento subito. In ufficio c’erano, seduto dietro la scrivania, l’ex sindaco Bilotta, il suo vice Luigi Foresta, attuale sindaco di Roccabernarda, e le assessore Elisabetta Scavelli e Giuseppina Mauro. Bilotta, dopo aver commentato un articolo di giornale, racconta l’irruzione di Lonetto su un cantiere: «qua non si deve fare niente… dovete chiudere immediatamente la strada». «Se gli facciamo fare questo è la fine», la reazione di un’assessora. Insomma, Lonetto pare interferisse sui lavori elettrici del Comune. Ma l’ex Giunta non demordeva. A un cittadino che sollecitava interventi perché la sua zona era al buio, Lonetto aveva detto che “manca un pezzo”. «Tu hai capito il discorso?», replica l’ex sindaco, conscio delle pressioni in atto. Foresta allora contatta la ditta che assicura il suo intervento e Bilotta, temendo eventuali azioni intimidatorie nei confronti degli operai, afferma: «Ci deve essere qualcuno che l’accompagna». A quel punto Foresta chiama il comandante dei vigili urbani di Roccabernarda Carmine Levato rappresentando la necessità che i vigili urbani scortino gli operai durante i lavori di sostituzione delle lampadine. «Senti… l’altra volta abbiamo parlato di quel discorso… che stanno venendo due ragazzi per sostituire qualche lampadina… almeno per una volta giusto per dare un segnale». Ma nonostante l’intervento di un ausiliario del traffico, Lonetto presenzia ai lavori.
Il giorno dopo, gli investigatori captano un’altra conversazione significativa tra l’ex sindaco e un imprenditore che era terrorizzato dall’idea che Lonetto potesse averlo notato mentre eseguiva un intervento presso la sede della polizia municipale. Eppure era un lavoretto di poco conto, un incarico per il quale un elettricista, caso mai avesse accettato, avrebbe chiesto “500, 600 euro”. «Tutta questa notte… sai cosa mi è passato per la testa… Non sia mai mi vede fare questi lavori». Il sindaco allora allude all’ingombrante figura di Lonetto che impediva l’intervento delle altre imprese nell’area di Roccabernarda e rappresenta che la sua speranza è fare presto un bando per l’assegnazione di un regolare appalto per l’illuminazione e le lampadine. Intanto la gente continua ad arrivare in ufficio rappresentando che le varie zone di Roccabernarda sono al buio e la ditta esegue pochi lavori e va subito via.
Ma a un certo punto in quell’ufficio arriva Lonetto in persona che lamenta di essere stato indicato dal sindaco come autore dell’intimidazione ai suoi danni e attribuisce a questa “voce” una perquisizione dei carabinieri nella sua abitazione alla ricerca di armi. Lonetto chiedeva addirittura al sindaco di discolparlo, di andare dai carabinieri e riferire che tra loro c’era un “buon rapporto”. Quando Lonetto va via, la Giunta commenta ironicamente. Lo stesso Bilotta osserva: «Io ti devo dire a te carabiniere com’è la serenata… io gli ho detto l’unico problema che stiamo avendo è con l’energia elettrica… nel senso che viene la ditta e dopo un po’ non so perché se ne vanno». L’ex sindaco e il suo vice in caserma andranno, ma a riferire delle continue visite in Comune, con pretesti vari, di Lonetto che chiedeva spesso notizie sull’indizione della gara d’appalto. «Senza fare minacce dirette… mette una certa pressione psicologica».
La Dda, nella sua richiesta di misura cautelare, non ha dubbi che pressioni e intimidazioni siano da ricondurre a Lonetto che aveva ordito «una campagna volta ad avversare la nuova amministrazione al fine di poter riavere commesse pubbliche dal Comune di Roccabemarda». E definisce come «assurda» la richiesta di Lonetto al sindaco di intercedere presso i carabinieri per allontanare dalla sua persona i sospetti quale presunto autore dei danneggiamenti all’impresa di elettrotecnica subentrante. Insomma, un «maldestro tentativo dello stesso Lonetto di negare l’evidenza» durante quel faccia a faccia con l’amministrazione. Sempre secondo la Dda, non si tratta di gesti autonomi di Lonetto ma riconducibili a un “gruppo organizzato”.
L’obiettivo sarebbe stato quello di «Attentare alla sicurezza dell’impresa di fiducia del Comune, in seno ad una amministrazione chiaramente schierata verso il cambiamento dello status quo e rivolgersi sfacciatamente al vertice della stessa nuova amministrazione comunale per chiedere rispetto per la propria immagine fatta di presunta onestà ed integrità, a ben vedere, appaiono atteggiamenti affatto comuni nel quìvis de populo e che, invece, trasudano della più classica forma di spavalderia mafìosa».
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