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A PATTI, comune dell’isola di Sicilia di circa 12 mila abitanti della città metropolitana di Messina, l’ospedale c’è; eppure, per curarsi per un linfoma, si è costretti a partire: se si volesse raggiungere l’eccellenza, occorrerebbe percorrere all’incirca 171 chilometri – tre ore di viaggio tra le peripezie dell’A20 ed E90 – per raggiungere il centro di riferimento per la prevenzione, diagnosi e cura delle leucemie e dei linfomi l’UOC di Oncoematologia dell’ospedale Cervello a Palermo. Ma non è sempre possibile. Questo perché, ancora nel 2023 il diritto alla Salute ed alle cure è un privilegio per pochi. Specie in quei territori delle province meridionali che sono, per lo più, abbandonate dal sistema sanitario nazionale e nelle quali ogni giorno si devono fare i conti con tanti disservizi.

Fabiola, trentenne originaria di un paesino vicino Patti, nel 2016 in seguito alla diagnosi di linfoma si è recata, ogni giorno con l’accompagnamento del padre, presso l’ospedale di Messina per curarsi: partire per un viaggio della speranza segnato dai costi del trasporto e pedaggio ammontanti a circa 260 euro al mese nonché i costi fisici, psichici derivanti dall’apprensione per le cure da sostenere. “Ho vissuto in prima persona l’approccio alla sofferenza e alla difficoltà. Ho avuto un linfoma e mi sono resa conto di quanto la vicinanza e il sostegno delle persone, potessero fare la differenza. Nella mia condizione – racconta – l’iter sanitario è stato più complicato del previsto. Ai tempi in cui ho dovuto affrontare le cure ero solo una studentessa. Ho avuto il sostegno economico di mio padre che tanto ha inciso sulla possibilità a curarmi. Ma non tutti hanno questa stessa fortuna e molto frequentemente si vivono grosse situazioni di disagio. Fatti due conti, ho deciso di proseguire il mio percorso di cura al nord, a Milano”.

Eppure, nel messinese le strutture ospedaliere ci sono: l’azienda ospedaliera universitaria Gaetano Martino, l’azienda ospedaliera Papardo, il centro neurolesi Bonino Pulejo Ircss Piemonte e la casa di cura San Camillo. Tre presidi dislocati nei poli della città, che però non offrono tutti le stesse prestazioni e spesso l’ammalato è costretto a fare la spola tra le diverse aziende ospedaliere nel disagio del sistema di trasporto pubblico che non garantisce il pieno raggiungimento delle strutture. Davanti a questi disservizi e sacrifici, la decisione immediata è quella di migrare al nord favorendo il “turismo sanitario”. In Italia il suo valore è pari a due miliardi ed è causa di un esoso dispendio di personale ospedaliero e risorse economiche.

“La differenza – afferma Fabiola – che si nota tra i due estremi d’Italia è la presenza al nord di centri di ricerca in cui il percorso del malato continua nello studio e nell’approfondimento che altro non è che un modo attraverso cui ricevere fondi che possono essere investiti anche per il sostentamento alle cure dei pazienti”. Un business profittevole che acuisce i disagi, soprattutto per chi non può permettersi di curarsi altrove. “Mancano l’assistenza e il supporto anche economico per chi vive condizioni di disagio sanitario. Non a tutti è concesso ammalarsi o, meglio, curarsi e quindi partire è l’unica soluzione. Tutta la mia esperienza – continua Fabiola –mi ha portata a guardarmi intorno e vedere se ci fosse, a Messina, qualche associazione che si occupasse di pazienti ematologici e mio malgrado, mi sono resa conto che sistemi assistenziali che permettano di rimanere e curarsi qui al sud, sono un miraggio e quindi è necessario partire”.

Un barlume di speranza c’è: poche e piccole realtà associative operano sul territorio come volontariato sociosanitario. È proprio presso una di queste associazioni che Fabiola, alla luce della sua esperienza, ha intrapreso un percorso di formazione: “Quando penso a cosa possa offrire l’ambito del volontariato nell’ambiente sociosanitario mi vengono in mente queste carenze da colmare. Il volontario può fornire un valido supporto psichico e, talvolta, anche fattivo nella assistenza alle pratiche burocratiche per l’accesso alle cure, nell’accompagnamento presso le strutture ospedaliere. Piccoli gesti che per chi soffre rappresentano un enorme guadagno. Proprio per questo ho frequentato la sezione Ail (associazione italiana leucemie, linfomi e mielomi), impegnandomi come volontaria nelle giornate per la ricerca. È poi arrivata l’occasione di formarmi nell’ambito del volontariato sociosanitario, ho intrapreso il percorso dell’Avulss”.

L’associazione Avulss di Messina svolge attività nei settori per l’accoglimento di richieste d’aiuto; l’assistenza domiciliare ed i trasporti di malati, oncologici, anziani e non autosufficienti; opera nelle strutture ospedaliere della provincia siciliana a favore dei degenti. Si occupa di formare i volontari sui tre livelli assistenziali, sociosanitario, psicologico e teologico-spirituale. È stato attivato, quest’anno, il corso base per il volontariato sociosanitario, un’occasione per acquisire le nozioni per l’esercizio del volontariato e offrire al prossimo in difficoltà una adeguata assistenza. “Nel periodo di cura – continua Fabiola – mi sono resa conto che nel territorio mancano le figure di volontari che prestano del tempo ai malati di ogni fascia di età. Quello che voglio dire è che è capitato di vedere in azione i giovani con la clownterapia nel reparto bambini ma difficilmente un affiancamento agli adulti e questo farebbe tanto la differenza”.

La tipologia, la struttura e le modalità attraverso cui operano tali organizzazioni sono il resoconto di una lunga storia – talvolta anche trentennale – che le pone al centro di un’antica tradizione di intervento. Servizio molto importante soprattutto nei piccoli centri e nelle aree non urbane dove è difficile garantire il trasporto dei malati presso i presidi di cura. Ma anche nelle grandi città, in cui la disarmante frenesia della società sembra venire meno alla richiesta di aiuto e sostegno rispetto ai diritti inalienabili, che sono quelli della salute umana e della cura del prossimo.


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