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Roberto Calderoli

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La giornata politica inizia forse nel modo peggiore per la maggioranza di governo. Roberto Calderoli, ministro agli Affari regionale, avverte gli alleati di governo dalle colonne della Stampa: «Il patto è che l’autonomia differenziata venga approvata e che non venga trasferita nessuna funzione prima che siano definiti i Lep e i relativi costi e fabbisogni standard.

La garanzia delle risorse per i Lep è nella Costituzione: lo Stato, indipendentemente da chi è al governo, è tenuto a finanziare quel livello essenziale di prestazione e di servizio». Insomma, Calderoli e la Lega non vogliono sentire parlare di rallentamenti per trovare le risorse per garantire i cosiddetti Lep, i Livelli essenziali di prestazioni e servizio. In sintesi, prima l’autonomia poi diritti e servizi.

Tutto questo apre una partita tutta interna alla coalizione di governo. Con il Carroccio di Salvini che intende accelerare sull’autonomia differenziata per poterla sbandierare in campagna elettorale. E dall’altra parte con il partito della premier, Fratelli d’Italia, che spinge invece per velocizzare il percorso del disegno di legge costituzionale che prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio.

Uno scenario che scatena l’opposizione. In particolare, sbotta Francesco Boccia, capogruppo dei senatori del Pd: «È evidente il tentativo di Calderoli di voler piantare la propria bandiera. Ma non finirà come dice lui. Sa benissimo che il suo disegno, folle, non piace all’opposizione ma non piace nemmeno ai suoi alleati».

E a proposito dell’opposizione, ieri è stato il giorno della manifestazione del Pd a piazza del Popolo. «Una piazza per la giustizia e per la pace» dice arrivando la segretaria Elly Schlein. Una piazza da cui riparte il cosiddetto campo largo del centrosinistra. Giuseppe Conte, leader del M5S, ha risposto alla chiamata: «Io sono per il campo giusto e non per il campo largo. Siamo oggi qui per confermare il dialogo che abbiamo già avviato col Pd e per confermare tutto il nostro dissenso, forte, alle politiche del governo, a partire dalla manovra, che è una sciagura per il Paese. Nulla di nulla, solo mortificazioni».

L’occasione serve a riannodare i fili dell’alternativa al destracentro di Giorgia Meloni. Ci sono anche Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana e Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e sinistra che rappresentano un altro petalo della futura coalizione di centrosinistra. Si sgola dal palco la segreteria del Pd: «Avevamo bisogno di tornare in piazza, di mobilitarci per un futuro più giusto. Per un futuro più giusto, l’alternativa c’è. Siamo qua per lanciare un messaggio chiaro a chi governa il Paese». E ancora: «Siamo qui per dire basta a questo governo, possono travestirsi come vogliono ma la destra è sempre la stessa».

La critica nei confronti della maggioranza è spietata: «Un anno di governo non ha prodotto nessun risultato positivo, un anno di bandierine, dopo promesse iperboliche sul caro vita non hanno fatto nulla. Della manovra ci ha colpito la capacità di riuscire a punire tutte le generazioni». Ed ecco poi sviluppare la piattaforma del centrosinistra che dovrà partire dalla difesa della scuola pubblica, dalla redistribuzione della ricchezza, e dal salario minimo.

Misura, quest’ultima, che vedrà l’opposizione unita: «Dobbiamo ricostruire un lavoro di dignità, siamo qua a rilanciare una battaglia fatta con le altre opposizioni, serve un salario minimo legale, il governo non può ancora rinviare, deve rispondere». Quanto al dossier migranti, Schlein critica l’accordo con l’Albania perché «viola la Costituzione». Ed è altresì durissima la critica nei confronti del disegno di legge costituzionale del centrodestra: «È un’arma di distrazione di massa. Giorgia Meloni non vuole governare ma comandare, la destra ha sempre sognato di smantellare la Repubblica parlamentare per l’uomo solo al comando, ma la storia di questo Paese ha dato e non è andata bene».

Un passaggio è poi riservato al conflitto in Medio Oriente: «La brutalità di Hamas non giustifica altra brutalità sui civili palestinesi. E bisogna contrastare il rigurgito di antisemitismo, per poter dire a Liliana Segre: non non sei vissuta invano». Tutto questo per dire che un’alternativa c’è e che «da questa piazza parte una fase nuova» del centrosinistra. Resta da capire chi ci starà. E quanto largo potrà essere il campo progressista. Azione di Calenda si tiene a debita distanza. Non a caso Osvaldo Napoli, membro della segreteria nazionale di Azione, la mette così: «Riempire una pizza non è come riempire di consensi le urne elettorali. In questo caso ci vogliono programmi seri e credibili, obiettivi realistici e scelte concrete».


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