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Giusy nel lettino con, dietro, Tavella, Oppedisano e Polistina

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È morta Giusy Pugliese, la ragazza di 20 anni affetta da leucodistrofia metacromatica, una rarissima malattia genetica

VIBO VALENTIA – Si è spenta ieri nella sua casa di Spilinga Giusy Pugliese, la ragazza di 20 anni affetta da leucodistrofia metacromatica, una rarissima malattia genetica, neurodegenerativa ed incurabile. Del suo caso il Quotidiano si occupò nel 2013, dopo che una sentenza del tribunale aveva accolto la richiesta dei genitori di una terapia a base di cellule staminali a cura dal Servizio sanitario nazionale. Cura già praticata ad altri pazienti presso l’ospedale di Brescia.

In quell’articolo avevamo riferito che la patologia era tale da portare alla morte nel giro di cinque, massimo dieci anni. E, purtroppo, per lei così è stato. Quello di Giusy, che ha sempre avuto accanto l’amore dei genitori Antonella e Pasquale, è stato un calvario lungo quasi 20 anni. In 12 dei quali costantemente assistita a domicilio da un team sanitario composto dal primario di anestesia e rianimazione Giuseppe Oppedisano, dal caposala Gregorio Polistina, e dal fisioterapista Domenico Tavella, grazie ad un progetto aziendale di assistenza domiciliare curato dal direttore del distretto Raffaele Bava.

GIUSY PUGLIESE È MORTA, IL RICORDO DI CHI L’HA ASSISTITA PER 12 ANNI

«In questi 12 anni  – racconta, visibilmente commosso, Polistina – Giusy ha lottato come una leonessa, superando tantissime e intuibili difficoltà». I problemi per Giusy iniziarono a manifestarsi a 18 mesi di età con qualche “anormalità” nei tratti del viso e un ritardo nella deambulazione. Nulla però che facesse presagire l’amara realtà. 

La situazione precipitò nel 2005 quando la bimba mostrò una mancata regressione psicofisica. Da lì iniziò la sua “via cruscis”. Una serie infinita di accertamenti e visite, risonanze ed elettroencefalogrammi, biopsie ed esami ematici, con soggiorni in varie strutture specializzate. Nel 2007 venne ricoverata per tre mesi anche in America, presso un ospedale specializzato del New Jersey. Non ci fu nulla da fare e le sue condizioni andarono peggiorando: strabismo, difficoltà nella parola e nella deglutizione, crisi epilettiche, tremore alle mani, movimenti scoordinati, impossibilità ad alzarsi da terra, a tenere la testa eretta e a stare seduta. Finché i medici dell’ospedale “Besta” di Milano diagnosticarono la terribile patologia: leucodistrofia
metacromatica.

Aver vinto nel 2013 la battaglia per iniziare la cura con le cellule staminali non aveva certo illuso i genitori, consapevoli che non esisteva (così come ancor oggi non esiste) una cura, anche se in altri casi la terapia in questione aveva dato risultati incoraggianti. Per loro dunque nessuna certezza ma tanta speranza, la volontà di lottare, di non arrendersi senza tentare di tutto per la loro amata figlia.

L’INEVITABILE MOMENTO, IL MOMENTO IN CUI “LA LEONESSA SE N’È ANDATA”

Purtroppo, però, ogni sforzo, ogni cura, ogni assistenza è risultata vana e ieri mattina la “leonessa” Giusy se n’è andata. «In questi 12 anni di assistenza domiciliare – spiega il caposala – è stata costantemente ventilata, cioè attaccata a un ventilatore che l’aiutava a respirare, tracheotomizzata e dotata di sonda gastrostomica che le consentiva di nutrirsi».

Sul suo rarissimo caso venne scritta anche una tesi di laurea. Eccone un passaggio, davvero commovente, relativo al rapporto madre-figlia: “Tra loro si nota subito un forte legame: la madre interagisce con la bambina parlandole, baciandola, coccolandola. La bambina reagisce positivamente all’affetto materno, rispondendo a volte con dei sorrisi”. E ancora: “La madre è abituata a tenerla in braccio perché solamente così è possibile ottenere il rilassamento della bambina, che sembra avere bisogno di un continuo contatto fisico con i familiari, di sentirsi confortata, protetta dal calore dei genitori”.

«Le cure domiciliari a lei prestate per circa 12 anni – spiega ancora Polistina – rientrano in un progetto di ospedalizzazione domiciliare che la nostra azienda sta portando avanti ormai da oltre 15 anni, un’esperienza unica non solo in Calabria ma in tutt’Italia. Vede all’opera vari professionisti dell’unità operativa di anestesia e rianimazione dello Jazzolino: medici, infermieri, fisioterapisti e varie altre figure». Attualmente sono 12 i pazienti che ne beneficiano, ci sono cioè 12 rianimazioni a domicilio su tutto il territorio provinciale. «La scomparsa di Giusy lascia in noi tutti un grande vuoto – conclude Polistina – tra lei e noi tutti si era creato infatti un rapporto davvero speciale. Porteremo sempre con noi il suo sorriso, la sua tenacia nel lottare, la sua disperata voglia di vivere».

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