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Roma, 8 nov. (askanews) – La legge sull’amnistia agli indipendentisti catalani – da cui dipende l’investitura del premier uscente Pedro Sanchez – non è stata ancora presentata, anzi è ancora in fase negoziale e non se ne conosce alcun dettaglio: ma già la destra spagnola (mediatica, politica e soprattutto giudiziaria) è in rivolta.
Le manifestazioni di ieri a Madrid – convocate dall’ultradestra di Vox – ne sono la rappresentazione più folclorica, con le bandiere franchiste al vento. Ma non la più pericolosa – anche se gli inviti rivolti alla polizia a “disobbedire agli ordini che ritiene illegali” non vadano certo sottovalutati.
Dal punto di vista politico, la strategia del Partito Popolare (Pp) e dell’estrema destra di Vox è chiara: mettere sotto assedio il nuovo esecutivo – posto che nasca – fin dall’inizio della legislatura, in modo da eroderne il consenso in vista della prossima tornata elettorale. Un’operazione avviata già durante l’inutile dibattito di investitura del leader conservatore Alberto Nuñez Feijoó, in cui la protagonista non fu la politica di governo del candidato premier, ma un’amnistia allora ancora inesistente.
La ribellione di una parte dei giudici – con un csm il cui rinnovo è bloccato da cinque anni per le manovre del Pp che non vuole perdere la maggioranza – tuttavia illustra un altro aspetto del problema. Ovvero quello che viene denominato l'”estado profundo” che è uscito dalla Transizione non dopo aver attraversato l’arduo sentiero del pentimento dalla dittatura, quanto piuttosto la comoda autostrada di un’oblio dettato dalle circostanze.
Detto in altri termini, il nazionalismo spagnolo – contrapposto a quelli “periferici” – non è una semplice ideologia da libri di testo, ma una realtà con solide radici nello Stato e in una buona parte della società (compresa una buona parte dell’elettorato socialista) e ha i mezzi e gli strumenti per provare ad imporre la sua linea.
Il che significa che Sanchez potrà anche arrivare ad un accordo politico su una legge di amnistia – dai prevedibili futuri costi elettorali – ma è perfettamente possibile che il Tribunale Supremo o quello Costituzionale glielo cassi senza troppe cerimonie.
Se ciò accadesse dopo l’investitura Sanchez potrebbe comunque contare sulla sfiducia costruttiva per mantenersi al governo fino alla fine della legislatura. Questo solo nell’ipotesi che i partiti catalani o baschi non gli votino contro, il che è improbabile. Però una loro astensione potrebbe rendere la maggioranza incerta – una condizione difficile da sopportare per i prossimi quattro anni.
Tuttavia, un accordo politico sull’amnistia – indipendentemente dalle decisioni contrarie successive della magistratura – potrebbe andar bene a tutte le parti in causa. Intanto, l’accordo sull’amnistia è solo l’ultimo anello della catena negoziale: tutti i partiti coinvolti hanno già incassato almeno una parte delle richieste avanzate per far parte della coalizione, e in particolare i catalani hanno ottenuto una ridiscussione del finanziamento regionale e il trasferimento delle competenze delle ferrovie regionali, che si trascinava da anni – oltre alla conferma del sempre improbabile tavolo di dialogo con Madrid.
Paradossalmente, il siluro giudiziario all’amnistia darebbe a Junts e all’ex presidente della Generalitat Carles Puigdemont mano libera per continuare la sua politica più massimalista (prevedibilmente da moderare in caso di accordo), senza contare che un giorno più o meno lontano potrebbe essere la giustizia europea ad annullare comunque tutte le condanne.
Sanchez da parte sua avrebbe dimostrato la propria buona volontà di arrivare a un accordo, approdando più o meno felicemente alla Moncloa senza poi dover effettivamente pagare il prezzo politico dell’applicazione dell’amnistia; se poi la legge dovesse finalmente andare in porto, potrebbe invece approfittarne per forzare un rinnovo della cupola della magistratura in senso più progressista.
Al momento tuttavia i negoziati fra Psoe e Junts proseguono rigorosamente sottotraccia e fino a che non verrà fissata una data per l’investitura non potranno dirsi conclusi o quanto meno destinati definitivamente a buon fine; nulla è emerso sui contenuti se non che la discussione in corso verte sui limiti di applicazione della legge, ovvero quante persone debba effettivamente riguardare e per quali reati.
Tutti aspetti sui quali è difficile immaginare che la destra non faccia ricorso, come già accadde con lo Statuto di Autonomia catalano approvato per referendum e bocciato dalla Corte Costituzionale: sentenza che, va ricordato, fu il catalizzatore della crescita esponenziale dell’indipendentismo.
(di Maurizio Ginocchi)
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