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Milano, 7 nov. (askanews) – A un mese dallo scoppio del conflitto in Medio Oriente il primo ministro Benjamin Netanyahu ha aperto a “pause tattiche” per scopi umanitari, punto chiave delle richieste Usa nel lungo e complesso viaggio del segretario di Stato americano Antony Blinken nella regione. Netanyahu ad ABC News ha detto però che il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza dipende dal rilascio di tutti gli israeliani tenuti in ostaggio da Hamas. Il tutto dopo che il portavoce della Casa Bianca John Kirby ha reso noto che il presidente Usa Joe Biden ha discusso con il primo ministro israeliano “la possibilità di pause tattiche per aiutare i civili a raggiungere luoghi più sicuri”.

Intanto l’Idf ha affermato che le sue operazioni di terra a Gaza hanno fatto notevoli progressi, aggiungendo che il suo scopo è quello di aumentare la pressione sulle roccaforti di Hamas, compreso il campo profughi di Shati e il quartier generale di Hamas all’interno, nonché i tunnel sotto l’ospedale di Shifa.

Ieri Blinken ha incontrato ad Ankara il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan per discutere del conflitto Israele-Hamas e per prevenire un’escalation nella regione. Blinken ha detto di aver discusso degli “sforzi per espandere in modo significativo l’assistenza umanitaria” e di come “creare le condizioni per una pace durevole, sostenibile e duratura per israeliani e palestinesi”. Mentre oggi Israele ha dato luce verde ad aiuti umanitari da Giordania ed Emirati alla Striscia.

La questione delle “pause umanitarie” proposte dagli Usa – per ora al posto della tregua – non genera tuttavia grandi consensi sul piano multilaterale. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, riunito per oltre due ore a porte chiuse ancora una volta non ha trovato un accordo per una risoluzione sul conflitto tra Israele e Hamas. Alcuni membri del consiglio chiedono un “cessate il fuoco umanitario” per fornire gli aiuti e prevenire ulteriori morti civili a Gaza: “Abbiamo parlato di pause umanitarie e siamo interessati a perseguire il linguaggio su questo punto”, ha detto ai giornalisti il vice ambasciatore americano Robert Wood dopo l’incontro. “Ma ci sono disaccordi all’interno del consiglio sul fatto che ciò sia accettabile”.

Esattamente un mese fa, il gruppo militante palestinese Hamas ha lanciato il brutale attacco contro Israele, uccidendo più di 1.400 persone e facendo ostaggi di altre 240 almeno. È stato l’attacco più mortale nella storia del paese che ha generato l’attuale conflitto in Medio Oriente.

La ritorsione di Israele è stata letale, con una campagna aerea e terrestre sulla Striscia di Gaza, che Hamas controlla dal 2007. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che il suo paese si prenderà “una potente vendetta” e si sta preparando per “una lunga e difficile guerra”.

Secondo il Ministero della Sanità palestinese a Ramallah, l’assedio di Gaza ha ucciso più di 10.000 persone.

La popolazione di Gaza è inoltre colpita da una crisi umanitaria dopo che Israele ha tagliato l’accesso al cibo, all’acqua e all’elettricità.

Intanto oggi, giornata di lutto oggi in Israele per
ricordare il primo anniversario dell’attacco del 7 ottobre da
parte di Hamas. Alle 11 (le 10 in Italia) verrà osservato un minuto di silenzio a livello nazionale e le autorità locali di tutto il Paese ammaineranno la bandiera a mezz’asta.

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