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C’è un patrimonio di vite umane cancellate con gli orrori che si porta dietro. La spirale perversa va fermata, ma non si trova la soluzione né dei due Stati, né di quello unico, né della tregua umanitaria. Restano staccate in economia la guerra in Medio Oriente e quella in Ucraina. La prima al momento non fa danni su mercati e economia. La seconda ha scatenato la guerra delle materie prime e il caro inflazione. Bisogna, però, trovare la soluzione del nuovo conflitto perché i rischi emergono se prosegue a medio termine. Sono reali e molto alti.
C’è un patrimonio di vite umane cancellate con tutti gli orrori che si porta dietro che segna in modo indelebile la guerra in Medio Oriente. Il terrorismo di Hamas con bambini sgozzati e sequestro di civili appartiene alle pagine più nere della tormentata storia palestinese da condannare e combattere senza se e senza ma. È evidente, però, che il diritto sacrosanto di difesa di Israele trasformato in vendetta di Stato con un carico di orrori di vite umane addirittura superiore non può essere tollerato oltre.
Questa spirale perversa è sotto gli occhi di tutti e va fermata in ogni modo, perché troppe donne, uomini e bambini pagano il conto di questo genocidio e l’incendio che cova sotto il braciere di una guerra regionale può trasformarsi nel conflitto globale auspicato da Hamas, Putin e tutte le frange estremiste con il mondo occidentale che sono le democrazie americana e europea sotto tiro. Si avrebbe alla luce del sole il conflitto di civiltà, religioso, civile, economico che cova sotto le ceneri delle due grandi guerre, l’altra è ovviamente quella di Putin all’Ucraina nel cuore dell’Europa. È il segno più preoccupante della disgregazione globale prodotta da Sud e Nord del mondo gli uni contro gli altri armati come mai era successo prima. Questo è lo scenario della dissoluzione mondiale che la responsabilità collettiva deve impedire.
Quello che, tuttavia, è bene chiarire subito è che per ora la guerra in Medio Oriente e la guerra in Ucraina restano staccate in economia. Non era affatto scontato ed è giusto sottolinearlo perché c’è tutta una serie di ricadute al momento scongiurate che aiutano a preservare i già delicati equilibri mondiali. La prima guerra, che è la più recente, al momento non fa danni all’economia, con effetti quasi irrilevanti sui prezzi petroliferi. La seconda, che è andata contro le peggiori previsioni di sua durata, ha scatenato invece la guerra mondiale delle materie prime e ha prodotto effetti seri sul rallentamento globale della crescita e l’allargamento delle diseguaglianze.
Il problema numero uno del momento della guerra in Medio Oriente è che non si vede nessuna ipotesi del futuro che possa contenerla o, meglio ancora, chiuderla. I due Stati per i due popoli appaiono impossibili. Uno Stato solo è impossibile. Neppure la tregua umanitaria è presa in considerazione. Nessuna soluzione risulta realmente possibile anche a sentire tutti gli osservatori internazionali e la stampa mondiale specializzata.
Siamo davanti alla ferocia della stabilità della guerra regionale del Medio Oriente. Proprio quello che non vogliamo e non dobbiamo permettere. Ma come si fa a costruire due Stati per due popoli, come sarebbe giusto, con seicentomila coloni che hanno occupato tutto il territorio palestinese e l’America che esita a dare l’ordine secco a Netanyahu di dire a tutti i seicentomila coloni di andare via dalla sera alla mattina? Che cosa fa di serio l’Europa per cercare quella pace che va sempre cercata anche con tutti gli autocrati che abbiano reali capacità negoziali di influenza?
L’errore più grave che potremmo commettere è quello di consolarci pensando che la guerra in Medio Oriente per ora non sta producendo danni all’economia, che non c’è ancora un impatto derivante da gas e microchip israeliani che pesa sul rallentamento globale in atto, o fatto apparentemente addirittura più consolatorio, non ha ancora prodotto l’effetto dell’Ucraina sui tassi di crescita globali e sulle difficoltà di approvvigionamento energetico dei singoli Paesi. Se vogliamo allontanarci ancora di più dal merito strategico di questi giorni terribili, potremmo anche dire che gli effetti economici delle due guerre non si sono incastrati e non hanno prodotto i danni paventati. Diremmo la verità, ma commetteremmo un errore strategico madornale.
L’impegno del momento deve essere concentrato a capire perché il fenomeno militare è ancora così repressivo e a interrogarci sul fatto che non sappiamo qual è la risposta che può venire dai Paesi arabi. Dobbiamo almeno porci il problema di che cosa succede ora e di quale è il modo per creare il prima possibile discontinuità rispetto a quello che accade. Bisogna pensare a trovare quella soluzione possibile del conflitto che oggi nessuno vede e cerca davvero, ma che deve esistere e realizzarsi per forza.
Anche perché, oltre a tutta la tragedia umana che interroga la coscienza del mondo, è vero che fino a oggi non c’è stato un effetto guerra Medio Oriente su economia e mercati, ma i rischi ci sono eccome se il conflitto prosegue a medio termine. Sono molto reali e anche molto alti. Applichiamoci tutti a cercare subito la soluzione del conflitto perché strade percorribili alternative al disastro globale non esistono.
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