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Giorgia Meloni, presidente del Consiglio

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QUANDO Giorgia Meloni scolpisce l’ultima parola davanti all’emiciclo del Senato i parlamentari del centrodestra le riservano un lungo applauso: una sorta di standing ovation che sembra suggellare una sorta di tregua tra la presidente del Consiglio e i partiti della coalizione di maggioranza, che incasserà, qualche ora dopo, parole di stima da parte di Marina Berlusconi. Sono passate da poco le 11 della mattina, la premier ha fatto le sue comunicazioni al Senato, di lì a poco le farà alla Camera, in vista del Consiglio europeo che si terrà oggi e domani.

Meloni è provata in viso, segno che la dolorosa separazione dal compagno Andrea Giambruno resta una ferita aperta. A maggior ragione se nelle ultime ore il livello di tensione all’interno della maggioranza ha superato la soglia limite. Fatta questa premessa la diretta interessata, nel lungo discorso, non si sofferma sulle ultime fibrillazioni, né tanto meno sulla propria vicenda personale. Prima di tutto c’è appunto il Consiglio europeo e le questioni più scottanti che riguardano la Ue e guerra tra Hamas e Israele. «Il Consiglio europeo che si apre domani viene celebrato in una fase storica e un contesto internazionale ancora più difficili e drammatici dei precedenti». E l’Italia «ha un ruolo di ponte tra Europa e Mediterraneo» per «impedire che si cada nella trappola dello scontro tra civiltà che avrebbero conseguenze inimmaginabili». Va da sé, Meloni è «preoccupata per la sorte degli ostaggi» e «per la brutalità di Hamas». Ragione per cui «il governo fa appello a Israele per preservare i luoghi di culto nella striscia a partire da quelli cristiani». Da qui Meloni ritiene che sia necessario «lavorare concretamente, e con una tempistica definita, a una soluzione strutturale per la crisi israelo-palestinese, sarebbe il modo più efficace possibile per svelare il bluff di Hamas agli occhi dei palestinesi e contribuire a sconfiggerlo».

Ribadendo il sostegno all’Ucraina e prefigurando un ingresso di Kiev nella Ue, Meloni fa sapere che «l’intelligence conferma che dalla rotta balcanica possono arrivare per noi i maggiori rischi, questa è la ragione che ha spinto il governo ad agire tempestivamente sospendendo Schengen e ripristinando i controlli con la Slovenia». Urge dunque «un imminente provvedimento Ue contro il traffico di migranti». E poi il famoso Mes. L’Italia non ha ratificato la riforma del Fondo Salva Stati. «Non è oggetto della discussione del Consiglio europeo» taglia corto. Una non risposta che certifica le difficoltà nella maggioranza sul Mes. In questo contesto Meloni liquida le fibrillazioni interne con una frase perentoria: «La maggioranza è compatta, fatevene una ragione».

Matteo Salvini è assente, perché a Genova per l’assemblea dell’Anci. Al contempo le truppe del capitano leghista solidarizzano con la premier. Antonio Tajani, l’altro vicepremier, è invece al suo fianco. Restano i sospetti su come siano usciti i fuorionda che hanno riguardato l’ex compagno giornalista Giambruno. I retroscena raccontano di una Meloni infuriata con Antonio Ricci, ideatore di Striscia la Notizia, perché – tuona Tommaso Foti, capogruppo di Fdl alla Camera, «non è giornalismo, ma è accanimento, anzi molto di più». E anche per questa ragione se la presidente del Consiglio continua a essere ancora «arrabbiata» per un’operazione che a detta dell’innercircle di Meloni ricorda quanto successe in passato all’ex leader di An, Gianfranco Fini, e alla sua partner. «Questo sembra il caso Tulliani» osserva Foti. In particolare ci si domanda se Ricci abbia fatto tutto da solo. Circola la notizia che Meloni avrebbe addirittura vietato ai ministri e ai capigruppo di partecipare alle trasmissioni Mediaset.

E mentre tutto questo si consuma – Meloni verga il suo discorso di fronte alla platea del Senato, attraversando tutto la questione mediorientale, il ruolo dell’Europa, il sostegno della Ue a Kiev e l’allargamento dell’Europa all’Ucraina, non perdendo di vista le questioni economiche e il famoso Mes – interviene Marina Berlusconi. La presidente di Fininvest e Mondadori, parlando con Bruno Vespa per il libro “Il rancore e la speranza”, spegne le tensioni: «In questi giorni ho letto e sentito di tutto: retroscena inventati di sana pianta, ricostruzioni totalmente prive di senso logico e spesso anche contraddittorie. La verità è una sola – assicura Marina Berlusconi – stimo molto Giorgia Meloni. La trovo capace, coerente, concreta. La apprezzo sul piano politico e la apprezzo molto anche come donna, ancor più in questi giorni». E ancora: «Indubbiamente ci sono state anche alcune mosse che mi sono piaciute di meno, e non lo ho nascosto – ha ricordato Marina Berlusconi e il riferimento sembra essere alla tassa sugli extraprofitti voluta dal Governo Meloni, contro cui Forza Italia ha espresso le sue perplessità – Ma va sempre considerato che il governo si è ritrovato a dover fronteggiare una situazione macroeconomica complicatissima, tra guerra e inflazione, oltre a dover rimediare ad alcune eredità del passato davvero indigeste. Penso in particolare ai vari bonus edilizi: facendo i calcoli, pesano sul nostro Paese per una cifra vicina all’importo dell’intero Pnrr».

Non è dato sapere se sia una pace o soltanto una tregua tra la galassia meloniana e quella berlusconiana. C’è chi sospetta che tutto sia il preludio di una discesa in campo della figlia dell’ex fondatore di Forza Italia, perché «il partito, per restare in vita, ha bisogno di un Berlusconi alla guida». Al di là di Marina, poi, certo è che Tajani e Meloni, lunedì pomeriggio, si sono incontrati per far ripartire il patto di governo, travolto dal dramma personale e dai fuorionda sessisti di Giambruno andati in onda su Mediaset. Tutto rientrato? «La campagna elettorale è appena iniziata» sorride un parlamentare azzurro in Transatlantico.


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