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Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

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L’urgenza italiana è essere tra i Paesi capifila nella costruzione di un’Europa di degasperiana memoria che faccia politiche comuni e pesi con una sola voce nella nuova governance globale che superi il conflitto tra mondo autocratico-dittatoriale e Occidente. Il richiamo alla Costituzione italiana è fondato perché consentì l’uscita dal progetto totalitario dei nazionalismi. Oggi il mondo produttivo sa che o siamo un pezzo di questa ricostruzione dell’Europa, del nuovo ordine mondiale e della sua nuova governance multitaterale, o non siamo nulla.

RICORDO Carlo Azeglio Ciampi che non c’è più e non ha visto niente di quello che è accaduto in questi ultimi anni. Che non sono solo i carri armati russi in Ucraina che hanno spezzato per sempre i fili dell’asse Est-Ovest, ma un conflitto mondiale di civiltà tra regimi autocratici-dittatoriali e Occidente che sta cambiando tutto e impone una nuova governance globale. Non aveva visto nulla Ciampi e non faceva altro che ripetermi che, se non si sana la zoppìa del patto di stabilità e crescita europeo e non si fa una nuova Bretton Woods, l’Europa e il mondo vivranno momenti drammatici. Aveva visto giusto e prima degli altri come accade a uomini che rappresentano la squadra dell’onore europeo italiano che accomuna lui a Prodi e a Draghi. Perché sono tutte personalità che hanno capito quello che accadeva fuori casa e hanno agito lì, appunto fuori dall’Italia, dove si tutela davvero l’interesse nazionale se si fa con merito e capacità quello che si è chiamati a fare.

Tutti questi ragionamenti mi frullavano nella testa mentre ascoltavo ieri mattina la relazione del presidente della Confindustria, Carlo Bonomi, che ha parlato del mondo e dei suoi conflitti toccando il cuore del problema competitivo globale del nostro Made in Italy in una logica di medio termine. Ho avvertito il peso della lezione storica degasperiana e il magistero da statista nelle parole sempre di ieri di un Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che ha alzato la bandiera internazionale della Costituzione italiana, ne ha difeso i valori fondanti, lo spirito attualissimo che la informò, l’obbligo che ne discende in casa nostra in questi giorni di smetterla di dividersi e di vendere paure.

L’urgenza italiana civile e economica di oggi è essere tra i Paesi capifila della “nostra Patria Europa” che si siede con una sola voce a capotavola nella definizione della nuova Bretton Woods che assicuri al mondo una governance globale al passo con le sfide che ha davanti a sé. La prima delle quali riguarda proprio la democrazia. È necessario ovviamente riformare gli organismi multilaterali. Bisogna riformare l’Onu. Bisogna riformare la Banca Mondiale. Bisogna riformare il Fondo Monetario internazionale. Tutte queste istituzioni devono essere riorganizzate se non proprio cambiate in toto perché sono rappresentative di un mondo che non c’è più. Non è rappresentata l’Europa, ma la Francia. Non si sentono rappresentate Cina e India che sono anche in competizione tra di loro con la prima che snobba i vertici internazionali e perfino all’assemblea delle Nazioni Unite partecipa con personaggi di quarta serie. segue a pagina III Segue dalla prima Oltre 40 Paesi in via di sviluppo hanno fatto richiesta di entrare nei Paesi BRICS che sono un pezzo rilevante del Sud del mondo e vedono India e Arabia Saudita che vogliono salire sempre più spesso in cabina di regia. Tutti insieme favoleggiano di una impossibile nuova moneta, ma fanno esibizioni di muscoli e sulla bilancia dell’economia mondiale il loro peso si sente.

Facciamola breve. Serve una nuova Bretton Woods perché oggi come allora servono nuovi accordi che disciplinino il nuovo ordine mondiale e dimostrino di avere sconfitto il progetto totalitario che è la nuova grande minaccia globale. Allora si chiamava nazismo. Oggi emerge il peso organizzato e sfidante di un mondo di democrazia imperfetta che vale il 45,3% della popolazione mondiale. I carri armati russi in Ucraina hanno messo a nudo quello che tutti sapevano, ma nessuno vedeva e, cioè, che il 36,9% dei cittadini del mondo vive in regimi autoritari. Chi è dentro il mondo che produce si è già reso conto da un pezzo che le distorsioni autocratiche e civili di un mercato mondiale dove tutti dipendono da tutti, ha cambiato in profondità e sempre più lo cambierà sia il sistema produttivo nazionale che quello internazionale. Chi produce guarda in faccia la realtà e sa perfettamente che c’è la recessione in Germania, ma soprattutto sa che se sta male la Germania soffriamo molto anche noi e non può chiedersi come si fa a risolvere da soli problemi di questa portata senza politiche di bilancio europee comuni, investimenti e titoli sovrani federali comuni.

È ormai percezione comune diffusa che tutto è aggravato dall’indebolimento delle vecchie roccaforti europee e che tutto ciò spinge a misurarsi in modo attrezzato con il confronto tra mondo democratico e mondo autoritario. Putin ha fatto l’accordo con la Corea del Nord in chiave anti occidentale cercando dichiaratamente un altro baricentro del mondo e facendo, dunque, una cosa che non ha mai fatto durante la guerra fredda perché all’epoca aveva una posizione anti-capitalista e, magari, anche l’idea di conquistare l’Occidente e di diventarne il capo, ma non di organizzare un altro mondo alternativo a quello dell’Occidente. Da questo punto di vista, totalmente nuovo, siccome il punto forte dell’Occidente è l’America, ora sono Cina e India a spingere gli Stati Uniti a prendersi cura della palla al piede che oggi è l’Europa e lo fanno per indebolire la stessa America che è il loro vero competitore.

Il problema di fondo è, quindi, che l’Europa si emancipi da questo ruolo di palla al piede e lasci perdere ogni genere di sceneggiate, pulsioni demagogiche se non populiste che sono opera di donne e uomini che dimostrano con i loro comportamenti di non capire la fase storica che viviamo. La Costituzione, su questo punto del diritto internazionale, è lungimirante perché scritta dopo la seconda guerra mondiale quando era chiaro a tutti che servivano nuove regole del mondo per un problema di equilibri internazionali in quanto i nazionalismi, all’epoca identificati con nazismo-fascismo-comunismo, andavano fermati in radice. Noi dovevamo diventare parte di un’economia globale solida e dovevamo muoverci a sostegno di una politica globale solidale. Non a caso sono gli anni in cui nasce l’Onu dove saremo ammessi dopo e i tedeschi ancora più tardi. Ci si convinse tutti allora che la sfida era quella di costruire gli Stati Uniti d’Europa nel solco della carta di Ventotene e De Gasperi si spese moltissimo fino a parlare della “nostra patria Europa”, che ho prima evocato.

Oggi tutti quelli che hanno un minimo di sale in zucca hanno capito che o noi Italia siamo un pezzo di questa ricostruzione economica, civile e democratica molto particolare, assolutamente necessaria, dell’Europa, del nuovo ordine mondiale e della sua nuova governance globale o non siamo nulla. Quando Bonomi si esprime di fatto contro il premierato rafforzato è perché teme che questa scelta spinga ulteriormente a dividere il Paese e a dare a chi vinca troppo potere spingendosi in attività non consigliabili. Traspare dalle parole di Mattarella la preoccupazione per i rischi di avvitamento di un Paese che entra senza neppure rendersene bene conto in una specie di guerra civile fredda dove Salvini, le opposizioni, la stessa Schlein, l’estrema sinistra e l’estrema destra sono impegnati a occupare tutte le posizioni come avanguardie per trascinare il Paese nel grande confronto tra bianchi e neri. Facendo, cioè, l’esatto opposto di quello che richiede la drammaticità della situazione internazionale.

Una situazione molto tesa che pretende viceversa un Paese unito che sa scegliere gli alleati giusti e pesare in Europa e nel mondo. L’esatto opposto di un Paese diviso per bande che viene messo da parte, non vale nulla, e paga il conto di tutti. La Costituzione italiana viene richiamata con così tanta forza perché esprime uno dei non moltissimi casi in cui il Paese ha saputo unirsi con quasi niente e quasi nessuno contro. Ci fu all’epoca un confronto forte, molto forte, a volte acceso, ma alla fine ha prevalso il senso di responsabilità collettivo. Il Paese che lavora e produce non è contento della politica dello scontro per lo scontro. Ha fornito un assist a Mattarella che ha deciso di usarlo per fare sentire la sua autorevole voce a favore di quella unità nazionale che è indispensabile ricostruire per contare nella definizione del nuovo ordine mondiale e di chi lo governerà.

Un contributo importante arriverà da Draghi con il suo rapporto sulla competitività per quello che saprà esprimere per l’Europa e per quello che vale il suo capitale reputazionale in Europa e nel mondo. Tutti, anche i Paesi nordici che lo stanno già capendo, a maggior ragione dunque il Nord produttivo italiano, si ricordino che il mondo si è capovolto o si sta capovolgendo, che il Sud italiano non è più periferia ma centro del nuovo ordine mondiale e della nuova governance globale che lo dovrà guidare. Così è se vi pare, direbbe Pirandello. Che vuol dire che così è anche se non vi pare.


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