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Roma, 15 set. (askanews) – Le forze politiche devono evitare una
dialettica divisiva nell’affrontare le riforme istituzionali. No
a “veti e bandierine”, non bisogna ripetere gli errori del
passato. Carlo Bonomi sceglie l’assemblea annuale di
Confindustria, la sua ultima da presidente, per lanciare un
appello ai partiti sulle riforme, ma anche per ribadire la
posizione degli imprenditori sul salario minimo, non sufficiente
da solo a risolvere il problema del lavoro povero, e per
sollecitare regole semplici e chiare sul fronte della sicurezza
sul lavoro con azioni ex ante più che ex post. Ad ascoltarlo,
nella sala dell’Auditorium Parco della Musica, il presidente
della Repubblica, Sergio Mattarella, accolto da una standing
ovation.
Mattarella, dopo la relazione di Bonomi, ha poi preso la parola. La prima volta per un Capo dello Stato sul palco dell’assise pubblica dell’associazione degli industriali. In prima fila la premier Giorgia Meloni con la squadra di governo quasi al completo, i presidenti di Camera e Senato, i past president di Confindustria. Poco dietro, tra i volti noti, anche quello di Marina Berlusconi, ora alla guida di Fininvest, salutata dal presidente della Repubblica al termine del suo intervento.
Di fronte ad una platea di oltre duemila partecipanti, il leader di Confindustria, nella Giornata internazionale della democrazia, ha così ammonito le forze politiche: “Guardatevi dal compiere lo stesso errore di sempre. Evitate di progettare interventi sulla forma di Stato e sulla forma di governo maturati e ispirati da una dialettica divisiva, aliena per definizione dalla serietà con cui proporre e giudicare impianti istituzionali così rilevanti per la democrazia e la libertà del nostro Paese”.
La premessa di Bonomi è che Confindustria è “autonoma, apartitica e agovernativa”, e non intende “oggi valutare gli schemi di riforma istituzionale avanzati in questi mesi dai partiti” in merito alla forma di Stato, l’autonomia differenziata, e alla forma di governo, presidenzialismo o premierato. Ma per Bonomi, “democrazia, libertà, Stato di diritto non sono negoziabili: implicano un esercizio di coscienza costante, azioni coraggiose e speranza”. E ha aggiunto: “Il mio auspicio è che si lavori per fare delle riforme condividendole”.
Quanto al ruolo del Capo dello Stato, per il presidente degli imprenditori, deve “continuare ad essere il garante della Costituzione”. Confindustria “riconosce nella democrazia un valore universale e nella Costituzione una stella polare”. Del resto la democrazia “è anche il cuore di un sistema produttivo plurale e aperto, che ha reso la nostra economia – ha osservato Bonomi – una delle più avanzate al mondo. Per le oltre 150mila aziende che Confindustria rappresenta, è la precondizione per costruire il futuro sostenibile dei nostri figli e del pianeta: senza Democrazia non possono esserci né mercato né impresa, né lavoro né progresso economico e sociale”.
Stato dell’economia, manovra, Pnrr non trovano spazio nella relazione per una scelta precisa di Bonomi che però, nella conferenza stampa seguita all’assemblea, torna a chiedere che il taglio del cuneo fiscale diventi strutturale. “Sono disposto a rinunciare a tutti i 14 miliardi di tax expenditure se questi vanno al taglio del cuneo fiscale”, ha assicurato. Le risorse per procedere nella direzione del taglio del cuneo, dunque, “si possono trovare”. Bisogna poi lavorare, secondo Bonomi, anche sul fronte degli investimenti e delle riforme.
Sul nuovo rialzo dei tassi da parte della Bce, Bonomi ha sottolineato che questa “non è la sola strada per combattere l’inflazione”. Il rialzo “incide sugli stimoli a investire da parte dell’impresa. I finanziamenti sono crollati. Auspico – ha detto – che non si vada in recessione, ma questo limita la capacità di crescita e investimenti. Oggi stiamo compiendo un danno che vedremo tra anni”. Poi una nuova bocciatura da parte del presidente di Confindustria alla tassa sugli extraprofitti delle banche, bollata ancora una volta come “un prelievo forzoso”.
A nove mesi dalla fine del suo mandato presidenziale, Bonomi ha affermato di non doversi togliere “sassolini” dalle scarpe ma non ha nascosto il suo rammarico per quel Patto per l’Italia, lanciato in occasione del suo insediamento, restato lettera morta, “un’occasione persa per il Paese”.
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