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Roma, 14 set. (askanews) – Per la decima volta consecutiva, il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha alzato i tassi di interesse di riferimento dell’eurozona. 25 punti base in più con cui, al 4,50 per cento e al 4 per cento, rispettivamente, il tasso sulle principali operazioni di rifinanziamento e quello sui depositi parcheggiati dalla banche presso l’istituzione segnano nuovi massimi storici.

La decisione ha deluso le attese di chi sperava che i continui indebolimenti dell’economia avrebbero convinto il direttorio a una pausa. Ma la Bce ha accompagnato la decisione con rimodulazioni della sua retorica in cui molti hanno visto un segnale di picco dei tassi. Alcuni analisti dicono senza mezzi termini che quello di oggi è stato l’ultimo aumento. La reazione è stata particolarmente evidente sul mercato dei cambi: l’euro ha invertito la rotta ed è rapidamente calato sotto quota 1,07 dollari, segnando i minimi da 6 mesi.

“In base alla sua attuale valutazione – recita infatti il comunicato della Bce – il Consiglio direttivo ritiene che i tassi di interesse abbiano raggiunto livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale a un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo”.

Il resto del documento non contiene, stavolta, indicazioni esplicite che preludano a altri aumenti (posto che ovviamente non sono nemmeno esclusi, ma l’ipotesi va semmai inquadrata nella possibilità che si creino sorprese negative sul versante inflazionistico, al momento non particolarmente probabili). Per parte sua la presidente Christine Lagarde non ha voluto “ufficializzare” il raggiungimento del tetto: “non possiamo ancora dire che siamo al picco” sui tassi, tuttavia “il focus” delle prossime decisioni “sarà probabilmente più sulla durata” del mantenimento dei livelli raggiunti.

Una formula in cui si potrebbe leggere ancora una sfumatura da “falco” ma che potrebbe anche essere semplicemente un tentativo di allontanare le ipotesi di tagli dei tassi, che invece inevitabilmente si sono già create attorno a una possibile prima riduzione verso la primavera del 2024.

D’altra parte Lagarde non ha voluto sbilanciarsi sul quanto sia il concetto di “abbastanza a lungo”. “Non lo abbiamo discusso – ha detto – perché dipenderà dai dati. Quello che vogliamo fare è mettere alla prova le nostre valutazioni attuali, rispetto alle future previsioni, con la determinazione di raggiungere il 2% di inflazione in maniera tempestiva. Il focus sarà probabilmente più sulla durata (dei tassoi retrittivi), ma non possiamo ancora dire che siamo al picco”.

L’economia, intanto, effettivamente peggiora. La stessa Bce ha consistemente rivisto al ribasso le sue previsioni di crescita economica per l’area euro sul triennio in corso: ora stima un più 0,7% nel 2023 del Pil, un più 1% nel 2024 e più 1,5% nel 2025.
Tre mesi fa invece prevedeva 0,9% quest’anno, 1,5% nel 2024 e 1,6% nel 2025.

Lagarde nega che vi sia una recessione – circostanza che invece la Commissione europea ha appena previsto per la Germania, prima economia dell’area euro, nella misura del meno 0,4% di Pil quest’anno – ma parla di “crescita molto debole”.

Debolezza che è anche effetto diretto della stretta della stessa Bce. Tanto che proprio la presidente ha rimarcato come negli ultimi tre mesi i prestiti bancari alle famiglie dell’eurozona, con un calo dello 0,8 per cento su base annua abbiano segnato la contrazione più forte dal lancio dell’euro.

Al tempo stesso, però, “l’inflazione continua a diminuire, ma ci si attende tuttora che rimanga troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato”. Per questo oggi si è deciso di innalzare ancora i tassi.

Stavolta la presidente ha dovuto ammettere in modo più esplicito che in passato la presenza di una divisione in seno al direttorio. “Alcuni governatori – ha raccontato – avrebbero preferito fare una pausa e riservarsi future decisioni quando ci fosse più certezza in base al trascorrere del tempo”. Alla fine “c’è stata una solida maggioranza” per il rialzo. Da notare ha utilizzato l’aggettivo “solida” in riferimento a questa maggioranza invece di quello “ampia” o “molto ampia” usato in altre occasioni, che significa che il fronte dei “falchi” potrebbe veder calare l’appoggio ottenuto finora.

La Bce ha anche ha ritoccato al rialzo le previsioni di inflazione per l’area euro su quest’anno e il prossimo, mentre ha limato quelle sul 2025. Ora i tecnici dell’istituzione pronosticano 5,6% nel 2023, 3,2% nel 2024 e 2,1% nel 2025 (quasi in linea con il target della stessa istituzione). “La correzione al rialzo riflette principalmente l’evoluzione più sostenuta dei prezzi dell’energia”. Per l’inflazione di fondo, l’indice al netto di energia alimentari e altre componenti volatili ora la Bce prevede 5,1% nel 2023, 2,9% nel 2024 e 2,2% nel 2025.

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