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Giovanni Notarianni

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Giovanni Notarianni rivela come i dipendenti di Porto Kaleo siano soprattutto stranieri a causa del «condizionamento indiretto» dei clan di ‘ndrangheta

CUTRO – «Non sono più riuscito a trovare gente di Cutro disponibile a venire a lavorare con me». Parola di Giovanni Notarianni, imprenditore e testimone di giustizia, titolare del complesso turistico Porto Kaleo, ritagliato in una terra martoriata che si affaccia su un golfo incantevole. Notarianni è colui che ha fatto arrestare il boss di Cutro, Nicolino Grande Aracri, il capocrimine che voleva ridefinire la geografia mafiosa calabrese creando una “provincia” di ‘ndrangheta autonoma rispetto a quella reggina, che da allora non è più uscito dal carcere, ed è, anche, colui che ha fatto arrestare il boss alleato della frazione San Leonardo, Alfonso Mannolo, e i suoi uomini, poi condannati a pene elevate.

GIOVANNI NOTARIANNI (PORTO KALEO) E LE SUE DENUNCE PER LIBERARE I VILLAGGI DALLE ‘NDRINE

Apripista rispetto alle denunce a cui si sono poi associati altri imprenditori turistici della zona, Notarianni ha dato un contributo importante per consentire alla Dda di Catanzaro di “liberare” i villaggi situati lungo una vasta fetta di costa jonica a cavallo tra le province di Crotone e Catanzaro dal giogo mafioso. Una presenza asfissiante che decideva tutto, dalle assunzioni alle forniture a qualsivoglia scelta imprenditoriale.

Ma anche adesso che l’economia del turismo è stata risanata, c’è qualcosa che ancora non va. Lo spartiacque è rappresentato dalla maxi operazione Malapianta, maggio 2019, alla quale hanno fatto seguito altri blitz che hanno disarticolato il clan sanleonardese. Condanne a raffica sono scattate dopo la serie di retate. Ma l’imprenditore lametino ipotizza un «condizionamento, diretto o indiretto», ancora persistente, da parte delle consorterie criminali che per decenni hanno imperversato nella zona.

Il diktat, forse, è che da chi ha denunciato non bisogna andare a lavorare. Da qui l’appello alle istituzioni e al territorio per un necessario cambiamento culturale che è premessa per lo sviluppo. «Sostenere l’economia sana».

Giovanni Notarianni quante persone di Cutro lavorano con lei al Porto Kaleo?

«Su un centinaio di dipendenti, ce ne saranno sette, forse otto, peraltro in età prossima al pensionamento. Non sono giovani che hanno voglia di imparare un mestiere e pensano al futuro ma è qualcuno che ha bisogno degli ultimi anni di contributi. Eppure oggi ci sarebbero le condizioni per far imparare ai giovani un mestiere».

E gli altri lavoratori stagionali da dove vengono?

«Ci sono comunità di tutti i Paesi del mondo. Vengono da Madagascar, Ucraina, Messico, Argentina, da varie zone dell’Africa e da altre regioni italiane. Sembra di essere in un hotel internazionale, pesco tantissimo nelle università, molti di questi ragazzi parlano tre lingue, hanno voglia di imparare, di crescere, di avere un reddito».

Notarianni ritiene che ci sia ancora il condizionamento dei clan?

«Il condizionamento, diretto o indiretto, c’è. Siamo in un territorio difficile, ci sono consorterie criminali tra le più potenti della ‘ndrangheta che per lungo tempo hanno controllato tutto e tutti. Magari si pensa che è meglio evitare di andare a lavorare a Porto Kaleo, altrimenti “quelli” lo vengono a sapere. Prima la cosca decideva non solo chi doveva lavorare ma anche le mansioni in cui dovevano essere impiegati i vari addetti. Questo anche perché chi lavorava poi aveva una sorta di riconoscenza nei confronti del boss. Non c’era soltanto l’imposizione diretta, il clan metteva nelle condizioni di andare via chi non stava alle sue regole. Anche i fornitori sono scettici, ora che non decide più il clan».

Cosa possono fare le istituzioni?

«Sostenere l’economia sana. Perché prima c’era un’economia drogata. Far capire ad altri imprenditori che è bene investire qui perché c’è voglia di cambiamento, c’è un fermento che prima non c’era. Favorire la creazione di iniziative al servizio del turismo, partendo dalle cose che già ci sono. Sostenere con scelte politiche chi ha aiutato questo territorio a liberarsi, riuscendo a eliminare questo freno assurdo allo sviluppo. E non massacrare con cartelle da 500mila euro imprenditori come me che hanno pagato l’acqua che, come si è visto, andava in varie direzioni grazie agli allacci abusivi. Sono pronto a definire i pagamenti, nel giusto, al Comune di Cutro, che però è altrettanto giusto che faccia crescere l’economia liberata. Perché prima c’era un’economia mafiosa».

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Francesco Ridolfi

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