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Basilicata quarta tra le regioni italiane per calo dei residenti tra i 15 e i 34 anni dal 2013 persi 23mila giovani lucani. Cgia lancia l’allarme sulla mancanza di forza lavoro

POTENZA – Negli ultimi 10 anni sono diminuiti da 135.895 a 113.064 i lucani tra i 15 e i 34 anni. È quanto emerge dall’ultimo report dell’ufficio studi della Cgia di Mestre sulla denatalità in Italia. La Basilicata si piazza al quarto posto tra le venti regioni italiane per calo di giovani. Registra una flessione del 16,6% pari a circa 23mila residenti in meno. Fanno peggio solo la Sardegna con il -19,9%, la Calabria con il -19%, e il Molise con il -17,5%.

In controtendenza rispetto a un -7,4% nazionale, invece, la Lombardia con un +0,4%, le province autonome di Bolzano e Trento con un +1,3% e un +1,9%, e l’Emilia Romagna con un +2,1%. Tra le 107 province italiane la realtà che negli ultimi 10 anni ha registrato la diminuzione più importante è stata la Sud Sardegna con il -26,9%. Seguono Oristano con il -24%, Isernia con il -22,2% e Cosenza con il -19,5%. Potenza si piazza all’undicesimo posto con un -18,4%, e Matera al trentaduesimo con un -14%. Solo una dozzina, infine, le province con dati in crescita. Su tutte Trieste con il +7,9 per cento, poi Bologna con il +7,5 per cento e Milano con il +7,3 per cento.

«Alla luce della denatalità in corso nel nostro Paese, appare evidente che per almeno i prossimi 15-20 anni dovremo ricorrere stabilmente anche all’impiego degli extracomunitari». Questa la conclusione dell’ufficio studi della Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato. La Cgia sottolinea che negli ultimi dieci anni è sceso di quasi un milione il numero dei giovani italiani tra 15 e 34 anni. Con una contrazione nella fascia di età più produttiva della vita lavorativa che sta arrecando grosse difficoltà alle aziende italiane che faticano ad assumere personale. «Non solo per il problema di trovare candidati disponibili e professionalmente preparati, ma anche perché la platea degli under 34 pronta ad entrare nel mercato del lavoro si sta progressivamente riducendo».

«La crisi demografica – prosegue Cgia – sta facendo sentire i suoi effetti. Nei prossimi anni la rarefazione delle maestranze più giovani è destinata ad accentuarsi ulteriormente. Tra il 2023 e il 2027, ad esempio, il mercato del lavoro italiano richiederà poco meno di tre milioni di addetti in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione. A legislazione vigente, pertanto, nei prossimi 5 anni quasi il 12 per cento degli italiani lascerà il posto di lavoro per raggiunti limiti di età. Con sempre meno giovani destinati a entrare nel mercato del lavoro, “rimpiazzare” una buona parte di chi scivolerà verso la quiescenza diventerà un grosso problema per tanti imprenditori».

La proposta dell’ufficio studi, pertanto, è di «stabilire per legge che il permesso di soggiorno, a eccezione di chi ha i requisiti per ottenere la protezione internazionale e di chi entra con già in mano un contratto di lavoro, andrebbe accordato a chi si rende disponibile a sottoscrivere un patto sociale con il nostro Paese. Se un cittadino straniero si impegna a frequentare uno o più corsi ed entro un paio di anni impara la nostra lingua e un mestiere, al conseguimento di questi obbiettivi lo Stato italiano lo regolarizza e gli trova un’occupazione».

«Si tratta – ammette Cgia – di un’operazione complessa e non facile da gestire. Anche perché il tema dell’immigrazione e del suo rapporto con il mondo del lavoro è molto articolato. Non solo; tutto ciò richiede una Pubblica Amministrazione in grado di funzionare bene e con performance decisamente superiori a quelle dimostrate fino a ora. Il buon esito di un’iniziativa di questo tipo non può prescindere da una ritrovata efficienza dei centri per l’impiego. Altrimenti la possibilità che l’iniziativa naufraghi è pressoché certa. Grazie al coinvolgimento anche delle Camere di Commercio, dovremo accelerare il processo di avvicinamento e conoscenza tra la scuola e il mondo del lavoro. Senza dimenticare che non potremo rinunciare a un forte incremento degli investimenti sugli Its e sulla qualità della formazione professionale. Materia, quest’ultima, di competenza delle amministrazioni regionali».

In Basilicata, secondo gli ultimi dati Istat, tra il 2013 e il 2023 la popolazione si è ridotta, complessivamente, di 42.198 residenti, pari al 7,3% dei 578.391 lucani censiti 10 anni orsono. Un fenomeno riconducibile al ridotto numero di nascite, complice anche l’invecchiamento generalizzato di chi vive in regione. Ma anche all’emigrazione proprio dei più giovani in territori con opportunità di lavoro migliori.

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