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Roma, 24 ago. (askanews) – Nei prossimi anni e decenni aree sempre più vaste e spesso poverissime del pianeta saranno colpite da una sempre maggiore carenza d’acqua. Una crisi idrica di portata epocale che diverrà sempre di più conseguenza diretta della crisi climatica, poiché causata in gran parte dal riscaldamento globale accelerato dalle emissioni di gas serra, con conseguenze drammatiche sull’aumento di fame, malattie e migrazioni forzate di massa.
Basti pensare che in soli 10 tra i Paesi al mondo più colpiti dai cambiamenti climatici – Somalia, Haiti, Gibuti, Kenya, Niger, Afghanistan, Guatemala, Madagascar, Burkina Faso e Zimbabwe – la malnutrizione cronica potrebbe aumentare di oltre un terzo entro il 2050, colpendo 11,3 milioni di persone in più rispetto ad oggi.
È l’allarme lanciato da Oxfam in occasione della Settimana mondiale dell’acqua con il primo di una serie di rapporti, che fotograferanno una crisi che determinerà il futuro del pianeta. Il dossier – prendendo in esame 20 dei principali Paesi colpiti dalla crisi idrica e climatica in 4 aree del mondo – denuncia infatti un’emergenza che già oggi colpisce 2 miliardi persone nel mondo che non hanno accesso adeguato all’acqua e che entro il 2050 potrebbe colpire 1 miliardo di persone in più. Una data entro la quale si potrebbero registrare fino a 216 milioni di migranti climatici interni a livello globale, tra cui 86 milioni solo in Africa sub-sahariana.
‘Il riscaldamento globale causato dalle emissioni di gas serra e dall’uso di petrolio, carbone e gas, sta portando ad una terribile crisi idrica globale, che deve essere affrontata prima che sia troppo tardi per tantissimi. – ha detto Paolo Pezzati, policy advisor sulle emergenze umanitarie di Oxfam Italia – Quella che abbiamo di fronte è una delle più gravi minacce che l’umanità si trova ad affrontare e a pagarne il prezzo più alto sono già i Paesi e le comunità più povere e meno preparate, che paradossalmente spesso sono anche i meno responsabili delle emissioni inquinanti. Ne abbiamo già la dimostrazione plastica nel nostro lavoro quotidiano per portare acqua alle comunità più povere in tutto il mondo. I nostri ingegneri sono costretti a scavare pozzi sempre più profondi, più costosi e più difficili da mantenere in funzione, spesso solo per trovare falde già esaurite o inquinate. – continua – Ad esempio, in Africa orientale, alle prese con la peggiore siccità degli ultimi 40 anni, in media 1 pozzo su 5 che scaviamo oggi è già asciutto, là dove dovrebbe esserci acqua. I terreni sono aridi e dobbiamo scavare sempre più a fondo o impiegare tecnologie di desalinizzazione che a volte non funzionano, con costi sempre maggiori, proprio mentre gli aiuti internazionali per fronteggiare l’emergenza idrica stanno calando’.
La crisi climatica in Africa orientale e occidentale
In vaste zone dell’Africa orientale oltre 32 milioni di persone al momento sono alla fame estrema a causa di 5 anni di siccità, emergenza aggravata dai conflitti in corso e dalla crescita dei livelli di povertà. Altre zone della stessa regione sono invece colpite da alluvioni improvvise e piogge imprevedibili, che devastano i raccolti e i mezzi di sussistenza della popolazione allo stesso modo della siccità. E la situazione è destinata peggiorare.
Il rapporto di Oxfam rivela infatti come, entro il 2040, l’Africa orientale potrebbe essere colpita da un aumento dell’8% delle precipitazioni, che provocherà un ciclo di inondazioni e siccità che porterebbe a un aumento potenzialmente catastrofico del 30% del deflusso superficiale delle acque, che riduce la ricarica delle acque sotterranee e abbassa la falda freatica, peggiorando la siccità soprattutto per il settore agricolo e per tutte quelle persone che dipendono dai pozzi d’acqua per sopravvivere. Un fenomeno che quindi produrrà un impatto devastante sull’impoverimento dei terreni, che verranno privati delle sostanze nutritive essenziali per i raccolti e aumenterà il rischio che molte infrastrutture essenziali vengano distrutte dalle alluvioni. La conseguenza ad esempio potrebbe essere l’aumento esponenziale di casi di malaria che entro il 2030 potrebbe colpire tra 50 e 60 milioni di persone in più, rispetto ad uno scenario in cui si escludesse l’impatto della crisi climatica.
In modo simile anche l’Africa occidentale sarà colpita dalla crisi idrica. Entrambe le regioni stanno già affrontando infatti ondate di calore più intense dell’8-15% e cali della produttività del lavoro dell’11-15%, a causa di migrazioni di massa di comunità costrette a spostarsi per sopravvivere a fame e povertà estrema, cambiamenti nelle colture, perdita di bestiame e l’intensificarsi di conflitti causati proprio dalla scarsità d’acqua. A livello globale si stima che negli ultimi 20 anni quest’ultimi siano quadruplicati, rispetto al periodo 1980-99.
‘Il riscaldamento globale sta aumentando la frequenza e la gravità dei disastri, che colpiranno sempre più duramente negli anni a venire, mentre l’enorme mancanza di investimenti nel rafforzamento dei sistemi idrici sta lasciando i Paesi più poveri e vulnerabili del tutto impreparati ad affrontare nuovi disastri naturali. – continua Pezzati – Già oggi, a causa della durissima siccità che colpisce queste aree dell’Africa, molti dei sistemi idrici installati da Oxfam stanno diventando insufficienti a garantire l’acqua necessaria alle comunità più colpite, e molti pastori e piccoli allevatori, ad esempio, sono costretti a migrare per cercare nuovi pascoli. In Corno d’Africa sono già morti oltre 13 milioni di capi di bestiame a causa della siccità. Nel frattempo in Sud Sudan le inondazioni stanno spazzando via le strutture igienico-sanitarie, inquinando e quindi rendendo inservibili le fonti d’acqua dolce disponibili. Mentre aumenta la diffusione di malattie, come il colera, che vengono contratte per l’uso di acqua contaminata’.
In Medio Oriente l’aumento delle temperature e il drastico calo delle piogge causeranno un aumento esponenziale del prezzo dell’acqua
Un’altra delle aree più colpite dalla crisi idrica è e sarà il Medio Oriente, dove entro il 2040 le precipitazioni potrebbero diminuire al punto tale da provocare una forte diminuzione della portata dei fiumi e dei livelli di acqua disponibile nei bacini idrici.
Le ondate di calore aumenteranno del 16%, provocando un calo della produttività del lavoro del 7%, mentre i prezzi dell’acqua aumenteranno esponenzialmente di pari passo con una sempre maggiore necessità e domanda d’acqua. Tutto questo provocherà anche un aumento dell’insicurezza alimentare in Paesi spesso già attraversati da conflitti lunghissimi e atroci, come lo Yemen e la Siria; o in Paesi come l’Iraq, (uno degli stati al mondo più vulnerabili agli effetti della crisi climatica) che sta già affrontando una delle più gravi siccità di sempre, che ha colpito un’area vastissima del Paese. Al momento 7 milioni di persone sono senz’acqua, cibo ed elettricità e tanti agricoltori sono costretti ad abbandonare terreni e animali per migrare verso città e centri urbani. Nella provincia di Diyala, nel nord dell’Iraq, ad esempio, le alte temperature hanno prosciugato le riserve d’acqua da cui dipende la sussistenza della popolazione, compreso il lago artificiale Hamrin, che in buona parte è diventato una pianura desertica.
In Asia il livello del mare potrebbe salire di mezzo metro entro il 2100 mettendo a rischio la sopravvivenza di centinaia di milioni di persone
In Asia, invece, vastissime aree saranno colpite dall’innalzamento del livello del mare, che potrebbe superare il mezzo metro entro il 2100 e dallo scioglimento dei giacchiai. Questo provocherà inondazioni e renderà inservibili molte delle falde acquifere da cui dipendono centinaia di milioni di persone, lungo le zone costiere. Le ondate di calore aumenteranno in media dell’8% e la produttività del lavoro calerà del 7%, con un conseguente aumento della povertà e delle migrazioni. Uno scenario in cui malattie come la malaria e la dengue potrebbero crescere del 183%.
I fattori che aggravano la crisi idrica globale lasciando milioni di persone del tutto impreparate
Se i cambiamenti climatici sono il fattore scatenante della crisi idrica globale che ci troviamo di fronte, sono diverse le concause che stanno lasciando milioni di persone nei Paesi più poveri e vulnerabili del tutto impreparate ad affrontarne le conseguenze, lungo un trend destinato a peggiorare nel tempo. Tanti gli esempi: decenni di investimenti insufficienti nei sistemi idrici, una gestione inadeguata del sistema delle acque, l’erosione, l’inquinamento e lo sfruttamento eccessivo delle falde acquifere sotterranee, solo per citarne alcuni.
Nel ’22 mancavano all’appello 2,5 miliardi di dollari per affrontare l’emergenza
Nonostante quanto sta già accadendo e le previsioni per il prossimo futuro, l’anno scorso da parte dei Paesi donatori è stato finanziato appena il 32% dei 3,8 miliardi di dollari richiesti dalla Nazioni Unite per garantire acqua pulita e servizi igienico-sanitari adeguati nelle aree di crisi più colpite, lasciando i Paesi più a rischio di scarsità d’acqua, senza le risorse necessarie per gli investimenti in infrastrutture idriche adeguate ed essenziali.
‘Continuando con gli attuali livelli di emissioni stiamo andando incontro ad uno scenario drammatico. – conclude Pezzati – Le nazioni ricche e più inquinanti, non possono continuare a far finta di nulla, al contrario è cruciale che riducano immediatamente e drasticamente le loro emissioni e che aumentino gli aiuti ai Paesi più poveri e a rischio. Siamo ancora ancora in tempo per correggere la rotta, ma dobbiamo agire in fretta!’.
L’appello ai Governi: servono 114 miliardi l’anno per affrontare la crisi idrica globale
Oxfam lancia quindi un appello urgente ai Governi:
‘ perché riorientino importanti investimenti nell’adeguamento dei sistemi idrici nazionali, rendendola una priorità politica;
‘ sostengano l’obbiettivo delle Nazioni Unite di destinare 114 miliardi di dollari all’anno per affrontare l’emergenza idrica e igienico-sanitaria a livello globale. Risorse fondamentali per salvare tantissime vite oggi e che avranno un impatto positivo per il raggiungimento di quasi tutti gli altri obiettivi definiti dalle Nazioni Unite nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
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