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Roma, 22 ago. (askanews) – Il rilascio di acque trattate dalla centrale nucleare Fukushima Daiichi, teatro dal 2011 del più grave incidente atomico della storia dopo Chernobyl, inizierà giovedì prossimo 24 agosto, dopo che Tokyo ha ottenuto anche un sostanziale avallo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea).

L’operazione, mai effettuata in precedenza in queste dimensioni, sta provocando alzate di scudi da parte di paesi vicini – a partire dalla Cina – o comunque affacciantisi sul Pacifico, ma anche l’opposizione all’interno dalle popolazioni locali delle aree limitrofe alla centrale, che vedono rischi per la salute e per l’economia, incentrata in particolare sull’agricoltura e sulla pesca.
Ma, nel dettaglio, come avverrà questa operazione e quali rischi comporta?

L’ACQUA DI FUKUSHIMA L’incidente nucleare di Fukushima è conseguenza del devastante terremoto-tsunami dell’11 marzo 2011, che provocò qualcosa come 20mila vittime concentrate lungo le coste nordorientali del Giappone. Il sistema di raffreddamento della più vecchia centrale nucleare giapponese fu danneggiato e nei nuclei di tre reattori ci fu il meltdown, lo scioglimento del nocciolo.
Va chiarito che l’incidente di Fukushima, a 12 anni dagli eventi, è ancora in corso. Questo perché nei reattori permane il materiale fissile disciolto ad altissima concentrazione di radioattività, inavvicinabile dall’uomo e anche da gran parte dei robot. Questo va continuamente raffreddato e per tale operazione è necessaria molta acqua, che entra a contatto con il materiale radioattivo, contaminandosi a sua volta. Inoltre a questa va aggiunta l’acqua piovana che arriva nella centrale e quella che scorre naturalmente al di sotto da sottoporre a loro volta al trattamento.

L’acqua viene stoccata – dopo essere stata trattata – in una selva di silos, che ha sostituito il bosco che circondava precedentemente la centrale. Attualmente ci sono più di 1,3 milioni di metri cubi di acqua trattata e i 1.000 serbatoi sono praticamente pieni: ci si attende che non vi sia più spazio entro la fine del 2024.
COME SI ELIMINA LA RADIOATTIVITA’ L’acqua di raffreddamento esce dai reattori fortemente contaminata. Per “ripulirla” è stato realizzato un sistema denominato ALPS (Advanced Liquid Processing System). Si tratta di un sistema di pompaggio e filtraggio dell’acqua che, attraverso una serie di reazioni chimiche, è in grado di eliminare 62 radionuclidi dall’acqua contaminata. Tuttavia, ALPS non ha la capacità di purificare pienamente l’acqua, perché non rimuove il trizio (idrogeno-3), un isotopo radioattivo dell’idrogeno, che è anche naturalmente prodotto in natura nell’atmosfera quando i raggi cosmici entrano in collisione con le molecole d’aria. Oltre a essere ovviamente un sottoprodotto delle centrali nucleari.

Il trizio ha il più basso impatto radiologico tra tutti i radionuclidi presenti in maniera naturale nell’acqua di mare. Ha un’emivita radioattiva – cioè il tempo necessario perché la metà venga smaltita – di poco più di 12 anni. Assorbito con l’acqua nel corpo umano, invece, ha un’emivita che va da sette a 14 giorni. E’ considerato dall’Aiea pericoloso per l’uomo solo a dosi molto elevate e – sempre secondo l’agenzia Onu – diverse centrali in tutto il mondo smaltiscono acqua contenente trizio a bassa quantità nelle loro normali operazioni. Comprese le centrali atomiche della Cina, che si oppone con più veemenza al rilascio delle acque di Fukushima.

COME FUNZIONERA’ LO SMALTIMENTO A FUKUSHIMA?
Non dobbiamo pensare a un’operazione a breve termine: secondo la Tepco (proprietaria dell’impianto), lo stoccaggio di acqua trattata arriverà a zero soltanto nel 2051 e verranno rilasciati 500 metri cubi di acqua al giorno.
L’acqua che verrà gettata in mare sarà sottoposta a misurazioni della radioattività per due mesi, dopo essere stata inviata a un gruppo di serbatoi intermedi da 30mila metri cubi. Da lì verrà trasferita via tubi a un impianto di diluizione situato a un chilometro di distanza.
In questa struttura verrà miscelato ad acqua marina, creano una diluizione che, secondo il piano giapponese, dovrebbe provocare un’esposizione al trizio per l’uomo pari a 0,00003-0,00004 millisievert/anno, rispetto ai 2,1 millisievert/anno della radiazione naturale (media giapponese per persona).
In seguito, l’acqua verrà trasferita in un tunnel di un chilometro posto sul fondo marino fino a un punto di scarico, che si trova più di 10 metri sotto il livello dell’acqua. All’uscita si troverà un ulteriore punto di controllo dei livelli di trizio.

PERCHE’ SERVE LIBERARE LO SPAZIO DAI SERBATOI La Tepco ha urgenza di liberare quanto più spazio possibile, oggi occupato dai silos per l’acqua, perché lì dovrà essere stoccato il materiale proveniente dalla rimozione dei residui del meltdown provenienti dall’interno dei reattori. Sostanzialmente, saranno necessari 81mila metri quadri.
E’ questa l’operazione più difficile e del tutto inedita che occuperà i tecnici e gli esperti nei prossimi anni. Questi residui sono presso i reattori 1-2-3 della centrale, quelli andati in fusione con l’incidente, si parla di 880 tonnelate di melma radioattiva. Tokyo vuole iniziare i lavori entro quest’anno fiscale.
Questi residui nei reattori presentano livelli di radioattività insostenibile, letale per l’organismo umano anche a esposizioni molto limitate. Per rimuoverli, la Tepco intende utilizzare un braccio robotico. Questa operazione sarà molto lunga e ormai è chiaro che il progetto di chiudere in un trentennio il decommissionamento della centrale è saltato.

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