Il Tribunale di Catanzaro
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Detenuto ingiustamente per due anni e quattro mesi, non è stato indennizzato
LAMEZIA TERME – Un altro caso di un lametino non indennizzato per ingiusta detenzione nonostante due anni e quattro mesi di carcere per una vicenda dalla quale ne uscì assolto. Da qui la richiesta di indennizzo per ingiusta detenzione, ma prima la Corte d’Appello e ora la la Cassazione hanno detto no alla riparazione che era stata chiesta da Antonio Voci, 57 anni.
Voci aveva presentato ricorso contro la sentenza della Corte di appello di Catanzaro del 13 febbraio scorso che aveva rigettato l’istanza di riparazione (individuando nei comportamenti serbati da Voci una colpa grave ostativa al riconoscimento
dell’indennizzo) presentata da Voci per la dedotta ingiusta detenzione sofferta dal 23.7.2011 all’8.11.2013 in regime di custodia cautelare in carcere, in esecuzione dell’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Lamezia Terme.
La vicenda
Voci, insieme ad altri due, era stato arrestato dalla Squadra mobile di Catanzaro nell’ambito dell’operazione “De ja vu 2” del luglio 2011 per estorsione tentata e consumata, rapina, sequestro di persona, lesioni, porto di arma da fuoco e minacce, tutto aggravato dalle modalità mafiose, ai danni del giovane imprenditore catanzarese Mirko Domenico Corapi. Tutti e tre erano finiti in manette all’alba del 21 luglio 2011, per via di un provvedimento di fermo che era stato emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ed eseguito dalla Squadra mobile di Catanzaro, cui fece seguito l’emissione di un’ordinanza cautelare da parte del gip distrettuale.
Detenuto ingiustamente e non indennizzato
Per questa vicenda Voci è stato assolto con sentenza divenuta irrevocabile il 30.5.2019 a seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso per Cassazione presentato dal Procuratore generale. Da qui l’istanza di riparazione rigettata. Nel
ricorso in Cassazione (dichiarato inammissibile con deposito delle motivazioni) la difesa di Voci aveva rilevato che il giudice della riparazione «ha errato nel ritenere rilevante la conversazione di cui all’annotazione di servizio del 19.7.2011 intercorsa tra Corapi e Voci atteso che il Voci veniva riconosciuto con buona percentuale di probabilità dall’operante di pg ma che quest’ultimo non aveva svolto alcun accertamento sull’intestatario dell’utenza da cui proveniva la telefonata.
Il rigetto del ricorso
La Corte territoriale, nel rigettare il ricorso, aveva ritenuto ostativo al riconoscimento della riparazione il contenuto della conversazione menzionata nell’annotazione di servizio del 19.7.2021 nella quale l’operante di pg dava atto dell’ascolto da parte sua di alcuni stralci di una telefonata intercorsa tra il Corapi ed il Voci in cui quest’ultimo dapprima assumeva un tono minaccioso ed urlava; poi, accortosi che la telefonata era in viva voce aveva completamente cambiato tono».
«Tale elemento – scrive la Cassazione – ritenuto non controverso, veniva valutato dalla Corte di merito alla luce delle dichiarazioni rese dal Corapi, in sede di denuncia orale sporta al commissariato di Catanzaro Lido ove aveva riferito di essere vittima di estorsione da parte del Voci coadiuvato da Luca Gentile, dichiarazioni la cui genuinità non era stata esclusa nel giudizio di merito.
Nel medesimo senso, peraltro, deponevano anche le dichiarazioni rese dalla compagna del Corapi, la quale aveva confermato di aver sentito il Voci minacciarlo. In tale quadro la conversazione telefonica citata ha condivisibilmente costituito nel ragionamento della Corte territoriale un elemento di sicura valenza sinergica rispetto all’adozione ed al mantenimento della misura cautelare nei riguardi di Voci e come tale ha costituito una legittima causa impeditiva all’affermazione del diritto alla riparazione, alla luce dell’autonomia sussistente tra il giudizio di riparazione ed il giudizio penale di cognizione».
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