Nicola Gratteri al premio Caccuri
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Le bacchettate del procuratore Nicola Gratteri all’Onu «debole» sulla guerra in Ucraina e all’Europa «in ritardo» sulle mafie
CACCURI – «Dov’è l’Onu? Chiamiamo “Chi l’ha visto?”. A cosa serve l’Onu se non interviene in questi casi?». Il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, dialogava sul conflitto russo-ucraino con la giornalista Rai Stefania Battistini, inviata sul fronte, quando ha bacchettato l’Onu per la sua assenza, spingendosi a definirla come un «organismo debole» per l’insufficiente impegno per una pace giusta.
Ma ha spaziato a tutto campo, durante il suo colloquio con la giornalista che poco prima aveva presentato il suo libro “Una guerra ingiusta”. L’input lo hanno fornito i temi dell’ultimo libro scritto dal procuratore con lo storico Antonio Nicaso, “Fuori dai confini”. Un libro sulla ‘ndrangheta globale che si apre proprio con un capitolo sull’Ucraina.
NICOLA GRATTERI, LE ARMI, L’ONU E L’EUROPA
«Le mafie sono presenti dove c’è da gestire denaro e potere. Quando la sera vedevamo lei in tv che ci mostrava armi usa e getta dieci volte più potenti di un bazooka, mi è venuta in mente la guerra in Bosnia. Qui la ‘ndrangheta comprò bazooka a prezzi da outlet e poi fece baratti con la Sacra corona unita in cambio di cocaina. A Reggio Calabria abbiamo sequestrato decine di chili di plastico C4. Può accadere anche in Ucraina. Fermo restando che è la Russia che ha invaso l’Ucraina che pertanto ha diritto a difendersi, un minuto prima che scoppiasse la guerra le mafie ucraine sono scappate in Europa occidentale. Le mafie sono composte ovunque da vigliacchi e a combattere sono rimasti contadini e ingegneri, ma quando sarà finita la guerra torneranno là per avere una fetta dei soldi della ricostruzione. Anche le altre mafie andranno in Ucraina. Quelle armi usa e getta in grado di disintegrare un carro armato o un aereo sul mercato nero già costano 30mila euro. Sarà un business, anche perché gli Stati si vogliono disfare di armi vecchie e stanno mandando là arsenali».
IL RUOLO DELL’EUROPA CONTRO LE MAFIE SECONDO GRATTERI
Sul tema dell’Europa non in grado di contrastare le mafie con una legislazione adeguata il procuratore ha battuto il tasto con particolare vigore. «Gli anticorpi non li abbiamo, l’Europa non è attrezzata per contrastare le mafie. In Europa quando non si vuole fare nulla spunta una parola magica: privacy. Ma è ipocrisia. Quando in Italia il tetto dei pagamenti in contanti è passato da 2000 a 5000 euro abbiamo gridato allo scandalo perché si favoriva la piccola corruzione e il riciclaggio, ma in Europa ci sono Paesi in cui non c’è un limite. Tradotto, significa che se da Caccuri parto con una valigetta con dentro 100mila euro in contanti per andare a comprare una macchina in Germania, non ci sarà una segnalazione. L’Europa continua a sostenere che non ci sono le mafie quando è la Germania il secondo Stato a più alta densità ‘ndranghetista perché è il Paese più ricco e là non ci sono norme antiriciclaggio ed è più facile mimetizzare la ricchezza. Stati che si definiscono democratici calcolano nel Pil attività illecite come il lavoro nero e il traffico di cocaina o di armi».
Lo hanno capito anche i cartelli sudamericani del narcotraffico che «non vogliono essere pagati in Sudamerica ma in Europa, dove vogliono investire. Soltanto il 9 per cento dei trafficanti vuole essere pagato in Sudamerica, del resto il Paese in cui si trova il 75 per cento delle banconote da 500 euro è la Spagna, che non è certo il Paese più ricco d’Europa ma ci sono colonie di colombiani che vendono là la cocaina poi distribuita in tutta Europa. Oggi l’’Europa è una grande prateria dove tutti vogliono andare a pascolare». E ancora: «Se faccio un’indagine sul narcotraffico scopro che il broker della ‘ndrangheta nella stessa giornata attraversa Germania, Belgio, Olanda, i Paesi in cui operano Eurojust, Europol, Interpol, che sono sigle piuttosto che qualcosa di strutturato, quando avremmo bisogno di una polizia federale come negli Usa». E quando Battistini ha chiesto a Gratteri cosa ne pensa dell’esercito europeo, il magistrato ha replicato: «sarebbe intervenuto nella guerra in Ucraina?».
SUBAPPALTI
Ma le accuse all’Europa sono soprattutto per i ritardi legislativi nella lotta al crimine organizzato. «Mi chiamano spesso in consessi internazionali, a Bruxelles una volta ho detto: “Siete masochisti, perché mi richiamate se ogni volta vi ingiurio?” L’Europa è un mondo di marziani, non capisco come legifera l’Europa. Ad esempio, due settimane fa l’Europa fa una direttiva e rimprovera l’Italia perché limita il subappalto. Una volta tanto che l’Italia fa una cosa seria… Ma vi rendete conto? Noi investigatori da decenni, e ormai è dottrina, diciamo di fare attenzione al subappalto perché là si annida la mazzetta del 4 per cento alla ‘ndrangheta e di un’altra percentuale alla politica e alla parte amministrativa fino al collaudo. Mediamente un imprenditore guadagna il 15 per cento da un appalto, per questo si costruisce in difformità e abbiamo trovato casi in cui le fondamenta sono meno profonde di sette metri nelle gallerie, nei ponti, nelle autostrade e i giunti sono più corti di 20 centimetri. Se un’azienda non è in grado di costruire un ospedale non lo deve fare, invece un’Ati che vince l’appalto nemmeno sa dove si realizza l’opera». Tanto, c’è il subappalto.
BITCOIN
Il nuovo business delle mafie sono le criptovalute. «In questo momento la ‘ndrangheta sta costruendo bitcoin in nero. Uno ‘ndranghetista medio è in grado di comprare un albergo, un ristorante, una pizzeria e gestirli bene, a Milano, nel cuore di Roma o in Germania. La ‘ndrangheta ha bidoni pieni di banconote. Parlo del tre per cento degli ‘ndranghetisti, dei capimafia, tutti gli altri sono morti di fame, utili idioti. Per questo le mafie devono fare riciclaggio sofisticato, non basta comprare alberghi, ristoranti e pizzerie. Lo fanno con le banche, si rivolgono al mondo delle professioni, avvocati, commercialisti, funzionari. Abbiamo fatto indagini con la Germania, il Belgio, l’Australia ed abbiamo visto che la ‘ndrangheta ha assunto hacker per fare riciclaggio, per entrare nei server e costruire piattaforme».
Ma i ritardi sono sempre legislativi, stavolta in Italia. «Gli olandesi sono riusciti per primi a bucare una di queste piattaforme. Ci sono rimasto male perché in Italia abbiamo una polizia giudiziaria tra le migliori al mondo e nelle nostre scuole interforze, dove insegno, sono accreditati poliziotti di 80 Paesi. Ma una cosa mi rode, i Governi degli ultimi decenni non hanno investito in tecnologia informatica. Così, dopo gli olandesi, i francesi sono riusciti a bucare uno di questi server, e poi i tedeschi. Eppure noi abbiamo fatto scuola guida a tutti questi che nel frattempo hanno assunto hacker e ingegneri informatici. Bisogna adeguarsi per essere al passo con le mafie. Questi Stati ci hanno dato 50mila file audio, noi dovevamo solo capire a chi apparteneva la voce, ed è un campanello d’allarme perché dal punto di vista tecnologico siamo indietro».
“MOCRO MAFFIA”
Gratteri ha tracciato un parallelo tra la strage di Duisburg e l’escalation violenta in Olanda. «Avevo denunciato la presenza della ‘ndrangheta in Germania che se n’è accorta solo dopo la strage di Duisburg. Sono andato là a fare le indagini, abbiamo trovato il filo d’Arianna e alla fine i sei indagati sono divenuti imputati poi condannati all’ergastolo. Ma lo stesso accade in Olanda. La marijuana libera attira le mafie, l’ho sempre detto, e alla fine adesso si ritrovano con tre mafie. Oltre alla ‘ndrangheta e a quella albanese, che è ricchissima e non è certo la mafia delle rapine nelle ville, c’è quella dei nordafricani che è violentissima ed è in joint venture con la ‘ndrangheta».
LIBERTÀ
Rispondendo a una domanda più personale, Gratteri, la cui esistenza è blindata, ha spiegato in cosa consiste per lui la libertà. «La libertà non è farsi una passeggiata in bici, andare al mare o in giro in moto, tutte cose che vorrei fare. Non è riuscire a stare soli per un’ora. La libertà è costruirsi una vita per poter dire quello che si pensa davanti a chiunque».
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