Mauro Fiorentino (rettore Unibas 2009-2014)
5 minuti per la letturaMauro Fiorentino e la maglia nera Istat alla Basilicata campionessa di corruzione: «La gente si appiglia a ogni tipo di aiuto per ottenere un diritto»
POTENZA – Correndo il rischio di scadere nel qualunquismo si potrebbe dire che la corruzione al Sud è un fatto di «mentalità»: ma un rischio aggiuntivo è ridurre il fenomeno del malcostume al dna, in modo quasi deterministico. È un fatto però che scorrendo le cifre del dossier Istat sulla corruzione le regioni meridionali sono sempre ai primi posti – ovvero tra le peggiori – e sui numeri non c’è molto margine di discussione.
«Il vero problema è che c’è sempre meno Mezzogiorno nei luoghi della decisione», commenta Mauro Fiorentino, ingegnere, campano di nascita ma da trent’anni lucano d’adozione. Dal suo osservatorio di ex rettore dell’Università della Basilicata può illuminare una ampia porzione di “scena”, fatta di richieste di raccomandazioni, segnalazioni delle più disparate e viavai nel suo studio. Le figure della commedia italiana che, in verità, non hanno maschere territoriali essendo comuni a tutto il Belpaese. Un dietro le quinte della vita accademica che di accademico ha davvero poco, un po’ come nel “retro” del Palazzo si agitano volti e pratiche che con la Politica con la maiuscola hanno davvero poco a che fare – e infatti spesso finiscono in tribunale.
Intanto, anche Fiorentino ieri ha letto sui giornali gli articoli sullo studio dell’Istat: nella corruzione in politica tutte le regioni del Sud, fatta eccezione per il Molise, presentano tassi sensibilmente più elevati rispetto alla media Italia, con il massimo del 9,7% in Basilicata, un dato pari quasi al triplo della media nazionale (il 3,7% della popolazione fra i 18 e gli 80 anni cui è stato offerti denaro, favori o regali in cambio del suo voto alle elezioni amministrative, politiche o europee).
Allora, Fiorentino, partiamo dalla fine: anche secondo lei la corruzione si debella solo raggiungendo la libertà più importante, ovvero quella dal bisogno?
«È così. Più alta è la disoccupazione più si chiedono favori: è un sistema che si auto-alimenta, come un cane che si morde la coda».
Proprio nel settore lavorativo la Basilicata sfiora il terzo gradino del podio (4,1%, quasi un punto sopra la media nazionale), alle spalle di Lazio, Puglia e Liguria pari (de)merito con la Sardegna. Cercare lavoro per cooptazione o segnalazione è ancora la norma?
«Purtroppo sì, ma c’è un dovere politico che spesso le istituzioni non rispettano: coltivare il merito, investire in alta formazione per mantenere e magari attrarre quel capitale umano che oggi invece se ne scappa altrove, dopo essersi formato. Puntare su beni culturali e sistemi ambientali, non necessariamente su una “Silicon Valley” lucana che è un semplice brand».
«Più disoccupati più richiesta di favori: il sistema si auto-alimenta»
Eppure proprio le startup possono dare nuovo protagonismo alle capacità e alle competenze dei più giovani, magari senza passare dalla famosa fila col cappello in mano davanti alla porta del politico di turno, non crede?
«La loro mortalità dimostra che se nascono sulla base di percorsi alimentati dal sistema politico sono destinate a fallire. Purtroppo l’elargizione di finanziamenti di tipo clientelare e distorto interessa anche il campo artistico, dal cinema al teatro».
L’arretratezza del Sud e la tendenza a chiedere il classico favore o a farsi “comprare” come nel caso dei voti di scambio sono fenomeni riconducibili alle colpe e alle carenze del livello politico locale e nazionale? Chi si lascia comprare è vittima o complice?
«Basta guardare la distribuzione delle risorse dallo Stato, distribuzione basata non sul merito ma su altri parametri. Si pensi all’università, ma anche a sanità, trasporti, collegamenti e connessioni, treni ad alta velocità…».
Tra i servizi carenti lei cita naturalmente la sanità: anche in questo ambito alligna la corruzione, e in particolare l’Istat ha certificato che la richiesta di effettuare una visita privata prima del trattamento nella struttura pubblica è alquanto elevata in Basilicata, regione che col suo 18,5% si colloca al secondo posto tra il 20,7% della Puglia e il 16,1% della Sicilia.
«Per la sanità farei un discorso a parte perché, a differenza della politica e del lavoro, parliamo della salute delle persone. È risaputo che le liste d’attesa sono lunghissime, il sistema pubblico è a continuo rischio tagli e chi non può permettersi il privato è comunque obbligato ad alimentare la cosiddetta emigrazione sanitaria. In questo ambito proprio come in quello occupazionale, si è disposti ad appigliarsi ad ogni tipo di aiuto per ottenere un diritto».
«Ci si offre e dall’alto si fanno favori in cambio di fidelizzazione»
Allora è vero che la Prima Repubblica non è mai finita?
«Beh negli anni 80 i servizi venivano affidati su base fiduciaria, quella era una clientela diretta. Oggi è diverso, dalla Merloni in poi si è cercato di lasciare più spazio alla meritocrazia ma il sistema lascia adito a distorsioni».
Dalla sua esperienza lavorativa che impressione e insegnamenti ha tratto?
«Da rettore ricordo tantissimi tentativi di approccio a cui sono stato sempre refrattario: è un malcostume, ci si offre dal basso così come dall’alto si offrono vantaggi in cambio di fidelizzazione. Ancora oggi viviamo in un sistema in cui si è abituati a chiedere per ottenere favori. Quante veline di politici sono venute a chiedermi di raccomandare il ragazzo che voleva laurearsi… Forse oggi pago le conseguenze di essermi tenuto fuori da questo tipo di pressioni scomposte».
Come se ne esce?
«In realtà speravo che la crisi spazzasse via questo sistema: c’è meno da offrire, chi amministra ha portafogli più leggeri, e invece… È dimostrato che in tempi di crisi escono fuori le idee, s’impone il merito, emergono le intelligenze. Io ci spero ancora, nella crisi».
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