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Il barcone distrutto sulla spiaggia di Cutro

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CUTRO (CROTONE) – La guardia costiera nega che un proprio elicottero abbia sorvolato la zona della strage, di quel naufragio poche ore prima di quella tragica alba del 26 febbraio scorso, a Steccato di Cutro, perché così risulta dagli ordini di volo delle sue basi aeree. Il ministro Salvini parla di una campagna di menzogne. Ma da tre testimonianze prodotte dagli avvocati del Foro di Torino Enrico Calabrese, Stefano Bertone e Dario Bona, che hanno svolto indagini difensive, emerge che il barcone fu intercettato da due elicotteri, alle 19 e alle 22 del 25 febbraio. Qualche ora dopo, alle 4 del 26 febbraio, il caicco Summer Love si schiantò contro una maledetta secca, 94 persone annegarono (tra loro 35 bambini), 80 furono i superstiti, molti dei quali sono ormai all’estero, in Germania, come quelli assistiti dagli avvocati torinesi; si cercano ancora sei superstiti.

LEGGI LE NOTIZIE SULLA STRAGE DI CUTRO

Al vaglio della Procura di Crotone, che indaga sulla strage di Cutro, ci sono da una settimana i video registrati nel giugno scorso in due distinti campi di accoglienza nella Germania settentrionale dai legali di parte civile. Bisognerebbe, dunque, spostare le lancette nella ricostruzione ufficiale perché è alle 23 del 25 febbraio che l’agenzia Frontex segnala che c’è una barca con i boccaporti aperti, quindi molto probabilmente con migranti a bordo. I testi, tutti e tre afghani, in lingua persiana e inglese, con l’ausilio di un interprete, hanno riferito qualcosa fin qui di inedito, proprio mentre l’inchiesta viaggiava verso la conclusione, con quattro scafisti indagati per il naufragio e tre militari della Guardia di Finanza e altrettanti appartenenti alle forze dell’ordine, i cui nomi sono omissati, coinvolti, invece, nel filone per le omissioni di soccorso. Ma è in corso anche un procedimento della Dda di Catanzaro che indaga su un’organizzazione dedita alla tratta di esseri umani che batte la rotta dell’Egeo.

STRAGE DI CUTRO, PRIMO VERBALE

«Erano circa le 19, mentre eravamo seduti sul ponte superiore della nave, quando un elicottero italiano è arrivato e ha fatto una deviazione sopra di noi. Poi se ne sono andati e gli scafisti ci hanno costretto a nasconderci sottocoperta. Era un elicottero militare bianco». Questa la versione raccolta dall’avvocato Calabrese sulla strage di Cutro. «Nella notte in cui eravamo di nuovo in cima alla nave, intorno alle 22, l’elicotteto fece un altro giro sopra di noi e uno scafista ci ha detto di nuovo di scendere». A quel punto il legale esibisce le foto di due elicotteri: uno della Guardia di Finanza e uno della Guardia Costiera. Nel video depositato in Procura il teste indica senza esitazioni il secondo: «È questo». «Il governo italiano non ci ha aiutato affatto, quei due elicotteri sapevano della nostra nave, nonostante ciò, non si sono presi cura di noi e non ci hanno salvato. Abbiamo navigato in acque italiane per dieci ore. Nessuna polizia nessuna guardia di frontiera sono venuti a salvarci e ci hanno lasciato affondare, sono arrivati da 15 a 20 minuti dopo l’incidente».

SECONDO VERBALE

Ecco cosa dice una donna, sempre all’avvocato Calabrese. «Intorno alle 22, forse le 23, del 25 febbraio, mentre mi trovavo sottocoperta, ho sentito il rumore di un elicottero, di colore bianco. Dall’elicottero partivano alcuni flash come se scattassero delle fotografie. L’arrivo in Italia era inizialmente previsto per il 25 e quella sera già vedevamo le luci delle coste italiane, la barca però girava in tondo e quindi hanno tardato». Anche in questo caso c’è una denuncia sui ritardi nei soccorsi. «La polizia è arrivata troppo tardi, nessuno sforzo veniva fatto per il recupero delle salme, venivano recuperate solo quelle che il mare portava a riva, non mi è stato permesso di vedere il corpo di mio marito». Ma quest’ultimo è un elemento che combacia con i racconti che stanno emergendo dall’incidente probatorio.

TERZO VERBALE

Analoga la testimonianza rilevata dall’avvocato Bona. «Ho visto un elicottero bianco sorvolare la nostra barca. L’ho visto per tre o cinque secondi perché non appena si è abbassato lo scafista mi ha costretta a tornare sottocoperta». E ancora: «Gli scafisti ci facevano salire a gruppi di 5/10 persone. Io – ha raccontato la testimone che nel naufragio ha perso il marito di 23 anni – pativo molto. Dentro c’era poca aria, la mia pressione sanguigna scendeva, era troppo affollata. Troppo». Il legale chiede alla donna se ha rivisto l’elicottero. E lei: «L’ho rivisto quel giorno, l’ho visto molto bene, due volte da vicino, era bianco e la sua coda rossa, c’era qualcosa come una bandiera. Ho visto la facciata bianca e subito dopo lo scafista ci ha mandato di sotto. Una volta di giorno, quasi alla sera, l’ho visto, e un’altra di notte».

APPROFONDIMENTI

Dovranno essere fatti approfondimenti per appurare se l’elicottero di cui parlano i testi appartenga realmente alla Guardia Costiera italiana o magari anche all’omologa greca, che ha una livrea identica ma con inserti azzurri, visto che alle 19 della sera precedente allo schianto la Summer Love si sarà trovata presumibilmente, viaggiando a una velocità di sei nodia circa 60 miglia nautiche dalla Calabria e quindi probabilmente fuori dalle “acque italiane”. Di certo c’è che l’autorità marittima, nell’articolato resoconto della notte della strage di Cutro, mai ne ha fatto menzione.

DUBBI

Perché poi soltanto alcuni testimoni abbiano notato il velivolo (e non anche altri, visto che si sono salvati in 80), potrebbe dipendere dal fatto che, come raccontano i testi, gli scafisti avevano loro intimato di scendere sottocoperta non appena era stato avvistato.

Ma è soltanto uno dei misteri ancora da chiarire. I legali torinesi che in passato hanno già assistito le famiglie delle vittime dei naufragi Norman Atlantic, Al Salam Boccaccio e Costa Concordia precisano che i loro assistiti «Del transito di un elicottero hanno parlato spontaneamente introducendo loro quella presenza. Di particolare interesse – hanno aggiunto -è che quando abbiamo chiesto loro come potessero essere sicuri che quel rumore appartenesse a quel tipo di mezzo e non a un bimotore ad elica come quello di Frontex ci hanno risposto che come afghani hanno una considerevole esperienza di sorvoli di ogni genere di velivoli anche militari».

Il MINISTRO SALVINI

«Solidarietà a donne e uomini della Guardia Costiera, che anche oggi subiscono una assurda campagna di fango e menzogne per il drammatico naufragio del barcone a Cutro, luogo della strage», dichiara il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini. «Insinuare che qualcuno non sia intervenuto di proposito, pur capendo il potenziale pericolo, è un insulto – afferma – non solo alla Guardia Costiera ma all’Italia intera».

LA REPLICA

«Noi facciamo gli avvocati ed era nostro dovere raccogliere quelle dichiarazioni. Ad altri il compito di valutare», è la controreplica dell’avvocato Calabrese.

INTERROGATIVI APERTI

In uno degli esposti inoltrati alla Procura crotonese, c’è anche quello dell’avvocato Calabrese che pone una serie di interrogativi. Primo. Perché, a fronte della segnalazione giunta dall’aereo Eagle 1 di Frontex delle 23.03 del 25 febbraio del caicco “Summer Love” ormai tristemente noto, non è stato aperto un evento Sar (search and rescue) «nonostante l’ufficio italiano dedicato a dette operazioni fosse tra i destinatari della mail?». La mail era indirizzata, infatti, anche alla centrale operativa del Comando generale delle Capitanerie di porto e conteneva «elementi ampiamente sufficienti per avere la certezza di migranti a bordo», quali la presenza di persone sottocoperta, l’assenza di dotazioni di sicurezza, gli oblò aperti in periodo invernale e la navigazione notturna.

Secondo interrogativo: «perché, a fronte dell’annotazione sul brogliaccio delle operazioni della Guardia di finanza, e con un preciso bollettino meteo che prevedeva condizioni del mare in peggioramento, di nuovo, non è stato aperto un evento Sar?». Il legale osserva che, anche se la segnalazione di Frontex dava atto di condizioni di buona galleggiabilità, ora che si conosce il video si nota chiaramente una linea bassa di galleggiamento, segno evidente della presenza di numerose persone a bordo e di un natante in difficoltà. Terzo interrogativo: perché la Guardia costiera di Reggio Calabria non ha disposto l’uscita in mare delle imbarcazioni cosiddette “inaffondabili” di cui dispone? Quarto: cosa è stato fatto tra le 23.03 di sabato e le 4 di domenica, ora dell’allarme lanciato dai carabinieri, per monitorare la rotta del caicco? Quinto: «perché la Capitaneria di porto è giunta sul luogo alle ore 6.50, ossia quantomeno due ore e mezza dopo il naufragio, nonostante fosse a conoscenza dell’”esistenza” del caicco da parecchie ore?». Per il legale è «ovvio come un intervento tempestivo avrebbe potuto quantomeno evitare l’aggravarsi della tragedia» poiché «alcuni naufraghi sarebbero deceduti per ipotermia».

Secondo la testimonianza di un giovane (e di un suo zio) rimasto per tre ore nelle gelide acque in seguito all’affondamento del barcone schiantatosi contro la maledetta secca di Steccato, infatti, dopo un’ora un bimbo di otto anni è morto di freddo tra le sue braccia. C’è anche una sesta risposta alla quale sarebbe “fondamentale”, secondo l’avvocato Calabrese, rispondere. Alle 4.57 di sabato sarebbero stati emanati due avvisi per un evento Sar al Centro di coordinamento e soccorso di Roma avente per oggetto un natante in distress: «era la stessa imbarcazione?».

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