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Bruxelles, 18 lug. (askanews) – Il vertice dei leader dell’Ue e della Comunità dell’America latina e dei Caraibi (Celac), svoltosi ieri e oggi a Bruxelles, si è concluso con alcune ore di ritardo a causa della divergenza sulle conclusioni sull’Ucraina da parte di un solo paese, il Nicaragua (all’inizio c’erano problemi anche con Cuba e Venezuela, poi rientrati); ma a parte questo disaccordo, finito in una nota a pié di pagina, può essere considerato un successo riguardo alle ragioni principali per cui era stato convocato.

L’obiettivo era quello di riannodare le relazioni con un continente storicamente, culturalmente e linguisticamente vicinissimo, soprattutto ai paesi latini dell’Europa, con l’impegno a intraprendere insieme un nuovo rapporto economico su nuove basi di rispetto e vantaggio reciproco, e non più sullo sfruttamento colonialista con cui questo rapporto era cominciato cinque secoli fa e si era successivamente sviluppato.

L’Europa ha bisogno, oggi, di rivolgersi a partner affidabili e fidati, culturalmente a lei vicini, per rimpiazzare almeno in parte la dipendenza delle proprie catene di approvvigionamento dai “rivali sistemici” come la Cina, per non parlare della Russia, e per entrare in una nuova fase di sviluppo di una globalizzazione controllata, di sicurezza economica, di certezza e stabilità delle proprie catene del valore. E l’Ue ha bisogno di avere altri alleati stretti, oltre ai paesi del G7, alle Nazioni Unite e nell’arena internazionale.

L’America latina, da parte sua, è sempre più oggetto delle attenzioni e degli investimenti cinesi, apparentemente senza richieste di contropartite, ma in realtà funzionali alle mire strategiche ed egemoniche di lungo termine di Pechino, nella sua prospettiva di diventare la prima potenza economica mondiale.

Anche se l’Ue e gli Stati Uniti sono complessivamente ancora i maggiori investitori nella regione, la Cina sta recuperando posizioni a passi da gigante, come notava nei giorni scorsi il quotidiano tedesco Handelsblatt, diventando il principale partner commerciale della maggior parte dei paesi latino americani, con un aumento di 26 volte i suoi investimenti dal 2000 al 2020, 21 paesi nel progetto “Belt and Road” e la costruzione di enormi terminali portuali in Perù e Cile e anche nei porti franchi dei Caraibi.

Come ha sintetizzato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, l’Ue, con il suo programma “Global Gateway”, ha lanciato in questi giorni, parallelamente al vertice Ue-Celac, programmi per investimenti in America latina per 45 miliardi di euro, con 135 progetti già in preparazione, anche se devono ancora essere definite le aree di intervento, che andranno dall’idrogeno verde, alle materie prime strategiche, all’economia digitale, ai vaccini.

L’Ue, inoltre, ha firmato ieri due protocolli d’intesa con l’Argentina e l’Uruguay per l’energia verde e l’idrogeno e un accordo sulle materie prime con il Cile. L’Unione europea, inoltre, intende arrivare entro la fine dell’anno a rilanciare l’accordo con il Mercosur (il mercato comune di Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay, concluso nel 2019 ma da allora congelato), e a modernizzare l’accordo commerciale con il Messico, mentre entro la fine della settimana dovrebbe essere rinnovato anche l’accordo Cotonou con i paesi dell’Africa, Caraibi e Pacifico.

L’intervento forse più significativo, durante la conferenza stampa alla fine del vertice, è stato quello del presidente dell’Argentina Alberto Ángel Fernández: “Sono contento – ha detto -, non solo per la firma dell’accordo energetico di ieri” con la Commissione europea, “una cosa molto importante perché dà certezza giuridica agli investitori europei che sono interessati all’energia. Sono anche molto contento perché è la prima volta che abbiamo potuto discutere e parlare con la massima chiarezza di un meccanismo per porre fine all”estrattivismo’ in America latina”.

“Estrattivismo”, ha spiegato, è “questa idea che l’America Latina sia solo fornitrice di materie prime, e sembrava che dovesse sempre esserlo ha impedito di industrializzare questa produzione primaria. E’ la prima volta che siamo riusciti a parlare di questo tema, dell’estrattivismo, senza sensi di colpa; e lasciatemi dire tra il serio e il faceto che ci sono voluti cinque secoli ma finalmente ce l’abbiamo fatta, adesso ci siamo riusciti. E finalmente possiamo pensare ai prodotti della nostra terra, delle nostre miniere, e valorizzarli, contando sugli investimenti europei. Questo per noi è molto molto importante e motivo di incoraggiamento”.

“Così come – ha concluso il presidente argentino – è stato incoraggiante anche aver potuto avere questo dialogo franco, trovando sempre un punto di contatto con l’Europa sul rispetto della democrazia, dello stato di diritto e il pieno rispetto dei diritti umani su queste basi che sono molto solide nei nostri paesi e a cui diamo tanto valore”.

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