X
<
>

Share
2 minuti per la lettura

Roma, 17 lug. (askanews) – L’accordo che un anno fa aveva portato allo sblocco dell’export di grano dall’Ucraina al Mar Nero verso il resto del mondo si è rivelato del tutto inadeguato a fronteggiare l’aumento della fame globale, acutizzato dalla crescita esponenziale dei prezzi di cibo ed energia. Scioccanti i dati: i Paesi ricchi si sono accaparrati l’80% del grano e dei cereali usciti dall’Ucraina, mentre agli Stati più poveri e colpiti dalla crisi alimentare è andato appena il 3%.

A rivelarlo è una nuova analisi di Oxfam, diffusa in occasione del mancato rinnovo del patto a causa dell’uscita della Russia.

“L’accordo che ha consentito di riprendere le esportazioni di cereali dall’Ucraina ha certamente contribuito a contenere l’impennata dei prezzi alimentari – aumentati comunque del 14% a livello globale nel 2022 – ma non ha rappresentato la soluzione alla fame globale che oggi colpisce almeno 122 milioni di persone in più rispetto al 2019 – ha detto Francesco Petrelli, policy advisor sulla sicurezza alimentare di Oxfam Italia – Centinaia di milioni di persone soffrivano la fame prima che la Russia invadesse l’Ucraina e centinaia di milioni continuano a soffrire la fame oggi: 783 milioni in totale l’anno scorso, secondo i recentissimi dati FAO. Paesi come il Sud Sudan e la Somalia, a cui è andato appena lo 0,2% del grano ucraino dall’entrata in vigore dell’accordo, sono ad un passo dalla carestia. Tutto questo è semplicemente vergognoso e descrive un mondo in cui la disuguaglianza di accesso al cibo continua a crescere sempre di più invece che diminuire”.

Occorre ripensare radicalmente l’attuale sistema alimentare mondiale

“Per combattere davvero la fame dobbiamo ripensare subito e radicalmente l’attuale sistema alimentare mondiale, a maggior ragione oggi che questo accordo non è più in discussione. – aggiunge Petrelli – La crisi attuale non si risolverà continuando a produrre in modo concentrato ed estensivo prodotti di prima necessità solo in alcuni Paesi, ma diversificando e investendo nei piccoli agricoltori soprattutto nei Paesi più poveri, promuovendo un modello agricolo sostenibile anche nei Paesi ricchi e in Europa, tra l’altro parte essenziale del Green Deal. Solo così potremo venir fuori da una dipendenza che in tempi di shock sempre più frequenti genera fame e carestie nelle regioni più povere del nostro mondo”.

Share
quotidianodelsud

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE