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Giorgia Meloni al vertice Nato a Vilnius

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MELONI assicura: nessuno scontro coi magistrati sulla riforma per la giustizia. Non appena finisce il vertice Nato, il presidente del Consiglio si presenta davanti ai cronisti per rispondere alle domande. Sono passate da poco le 16 in Italia quando a Vilnius le viene posto il primo interrogativo sullo scontro tra politica e magistratura che ha accompagnato il dibattito degli ultimi giorni in Italia. «Non me l’aspettavo questa…» si lascia scappare storcendo il naso la premier prima ancora che il cronista finisca di formulare la domanda.

MELONI, LA GIUSTIZIA E LE INCHIESTE SPINOSE

Avrebbe di certo preferito un quesito su questioni inerenti al vertice. Ed è forse il motivo per cui l’espressione del volto della Meloni cambia quando si parla di scontro coi magistrati. «Approfitto per fare chiarezza – dice la Meloni – Ci sono state molte polemiche, ho letto cose curiose. Non c’è dal mio punto di vista alcun conflitto con i magistrati, nessuno scontro. Chi confida nel ritorno dello scontro tra politica e magistratura credo che resterà deluso». È evidente che la premier vuole voltare pagina e occuparsi dei risultati del vertici, del viaggio che farà il 27 luglio negli Usa per incontrare Biden, dei passi in avanti «per il futuro accesso dell’Ucraina nella Nato».

Eppure il dibattito interno italiano prende il sopravvento nella conferenza stampa. Tema principale: la giustizia e la riforma Nordio che ha scatenato la presa di posizione dell’Anm e dell’opposizione di Pd e M5S. È in atto un duello tra poteri dello Stato? Per la Meloni questo scontro coi magistrati c’è o no? Risponde la premier: «Noi abbiamo un programma chiaro, un mandato che ci è stato dato dai cittadini, lo realizzeremo perché siamo persone che mantengono gli impegni e conveniamo che in Italia la giustizia ha bisogno di correttivi, va resa più veloce, efficiente, deve essere e apparire imparziale». E dunque la separazione delle carriere sarà uno dei punti fondamentali della riforma Nordio. Non a caso chiarisce subito che «la separazione delle carriere non è un modo per aggredire i giudici». Fatta questa premessa, si dice «sorpresa» dell’atteggiamento del sindacato dei magistrati (Anm), anche perché da parte di Palazzo Chigi non c’è alcun intento punitivo nei confronti della magistratura. Anzi, auspica di riformare la giustizia «con il contributo dei magistrati». Poi c’è il caso Del Mastro, il sottosegretario alla Giustizia per il quale è stata richiesta l’imputazione coatta per aver diffuso informazioni sensibili e riservate al collega di partito Giovanni Donzelli. «La questione Delmastro mi ha colpito, è una questione politica. Nei suoi confronti vi è un’ imputazione coattiva contro il parere del pm». Insomma, la difesa nei confronti del sottosegretario è totale: «Per come la vedo io, il processo di parti e la terzietà del giudice significa che il giudice non dovrebbe sostituirsi al pm. Lo dico perché credo che questo sia il senso delle dichiarazioni del ministero della Giustizia».

MELONI, SANTANCHÈ E LA RUSSA

Diversa sembra la vicenda che vede coinvolta la ministra del Turismo, Daniela Santanchè. In questo caso Meloni parla di «questione complessa» e soprattutto «extrapolitica» che «non riguarda la sua attività di ministro, che sta facendo molto bene». Insomma, la sfumatura della difesa è differente. «Va vista nel merito, quando il merito sarà completamente conosciuto, ma credo che questo competa alle aule dei tribunali e non alle trasmissioni tv. L’anomalia è che al ministro non viene notificata l’’indagine, ma viene notificata a un quotidiano il giorno stesso in cui lei va in Aula per l’informativa. Io segnalo un problema di procedura». Ma, soprattutto, dopo giorni di silenzio Meloni affronta il caso La Russa. «La politica resti fuori. Lo capisco come padre, ma io non sarei intervenuta. Tendo a sodalizzare per natura con una ragazza che denuncia e non mi pongo il problema dei tempi», afferma riferendosi alle dichiarazioni del presidente del Senato sulla 22enne che ha denunciato Leonardo Apache La Russa per violenza sessuale. Non si conclude così il capitolo giustizia. Perché a un certo punto un cronista le pone la domanda sulla nota della scorsa settimana firmata “fonti Palazzo Chigi” che sferrava un attacco alla magistratura: «È lecito domandarsi se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione. E abbia deciso di inaugurare anzitempo la campagna per le elezioni europee». Rivendica quella nota? Meloni dice di riconoscersi in quella nota. Un modo per rialzare il livello dello scontro con i magistrati e per scatenare qualche ora dopo la reazione dell’opposizione.

I RITARDI SUL PNRR

C’è spazio anche per un altro dossier caldo, il Pnrr e i ritardi della terza e della quarta rata. Meloni rassicura e si dice ottimista: «Ho parlato con von der Leyen. La Commissione ha dichiarato che il lavoro col governo va avanti e sta dando frutti. Vedo molto più allarmismo sul fronte italiano che nella Ue. Non so questa polemica dell’opposizione quanto aiuti. Bisogna ricordare che lavoriamo su un piano che non abbiamo scritto noi. Stiamo facendo il nostro meglio e ci piacerebbe vedere qualcuno dare una mano al posto di fare allarmismo». Va da sé, tutti i dossier esaminati dal vertice Nato diventano di secondo piano. Dal sostegno all’Ucraina all’ingresso nella Nato del Paese guidato da Zelensky, dal ruolo dell’Italia alla richiesta di maggiore attenzione sul Mediterraneo. «Il vertice si tiene in un momento storico eccezionale e non poteva non assumere decisioni all’altezza in tema di deterrenza e difesa. L’Italia ha sostenuto e sostiene gli adattamenti in corso, come dimostrano i contributi sul fianco orientale e nel Mediterraneo e che sono stati anche rivendicati. Abbiamo rivendicato il ruolo dell’Alleanza e abbiamo anche chiesto maggiore attenzione nei confronti del fianco Sud».


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