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Raffaele Fitto

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Il metodo Fitto di operazione verità e riorganizzazione sul piano interno e di confronto preventivo tecnico con la Commissione ha permesso di condividere con l’Europa le modifiche di 10 su 27 degli obiettivi della quarta rata e di misurarsi con successo su una congerie di cambiamenti di dettaglio sulla terza rata. Senza esaltarci troppo, perché il lavoro attuativo che abbiamo davanti è imponente, potremmo anche rivendicare il merito di avere indicato la strada in Europa con la riunione delle deleghe sotto un unico dicastero, quello guidato da Fitto, e collocandolo a Palazzo Chigi. Non male per un governo che avrebbe dovuto segnare la frattura sovranista italiana.

Siamo i primi in Europa a formulare la richiesta di pagamento della quarta rata del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr). Siamo i primi, non gli ultimi, ad avere terminato questo lavoro. Tutto ciò, affatto scontato, è possibile perché si è seguito con intelligenza costruttiva il metodo europeo che consente di risolvere preventivamente i problemi e sono, dunque, state accettate dalla Commissione le modifiche di 10 obiettivi su 27 in modo condiviso. Ora parte la fase di verifica, che riguarda l’assestamento con i singoli risultati raggiunti, e che grazie al lavoro tecnico preventivo approvato dalla Commissione, non sarà così lungo e non avrà ostacoli insormontabili. Come sarebbe stato di certo senza queste correzioni concordate.

Per la terza rata si è alla fase finale su elementi di dettaglio dei 55 obiettivi tutti concordati dal precedente governo e tutti in scadenza entro la fine dell’anno scorso. Che sono ora messi in sicurezza da un lavoro certosino di assoluta qualità che non ha riguardato un solo punto ma una congerie di punti amministrativi, regolamentari e di merito. Per la quarta rata stiamo parlando, per capirci, di più meriti articolati.

Che riguardano industria cinematografica, tecnologia satellitare, alloggi studenteschi, piano per asili nido e scuole dell’infanzia, ma anche parco ferroviario del trasporto pubblico locale, sperimentazione idrogeno, un capitolo vasto di rafforzamento degli interventi di efficientamento energetico, sostegni alla lotta alla povertà educativa e creazione di imprese femminili. Stiamo parlando di qualcosa di molto pesante da mettere a posto che era il frutto avvelenato del male assoluto italiano rappresentato da una classe amministrativa centrale e territoriale che accatasta carte e non risolve i problemi. Fabbrica fascicoli, lucra sulle stazioni di passaggio, demolisce ogni visione e porta al ritardo sistemico nella fase attuativa.

Questa casta più o meno intoccabile e molto diffusa ai vari livelli decisionali della Repubblica italiana, con protezioni politiche di ogni tipo, ha subìto sotto la spinta decisiva del ministro Fitto il suo primo vero processo di valutazione e di riorganizzazione. Bisogna dargliene atto pubblicamente e sarebbe anche giusto sottolineare la portata storica di questa operazione di verità che in troppi negli ultimi venti anni non hanno voluto fare per ragioni di opportunità o di interesse.

Fitto ha fatto in silenzio quello che avrebbero fatto di certo Draghi e Franco con uguale determinazione e aiutati da un minore clamore mediatico perché il dibattito sarebbe stato meno prevenuto e ideologicamente fazioso. Avendo, per di più il vantaggio, senza l’improvvida crisi di governo voluta da forze irresponsabili, di agire prima dell’insediamento dello stesso governo Meloni.

Potremmo dire oggi che siamo stati gli unici ad avere anticipato proprio qualche giorno fa l’effetto boomerang che avrebbe avuto la bolla mediatica italiana totalmente inventata dei cosiddetti ritardi del Pnrr, ma è forse più giusto sottolineare la straordinarietà dei risultati conseguiti alla luce del fatto che tutto ciò avviene con un programma italiano che ha una dimensione di 60 miliardi e passa a fondo perduto, 122 a debito e 30 di Fondo complementare nazionale contro i 27 miliardi complessivi della Germania e i 40 della Francia.

Non rendersi conto che essere i primi a richiedere il pagamento della quarta rata maneggiando dimensioni finanziarie imparagonabili con quelle degli altri ed essendo passati dalla fase degli adempimenti formali a quella della esecuzione effettiva degli impegni assunti, ha semplicemente dello straordinario. Proprio l’esatto opposto di ciò che trombeggia su giornali piccoli e grandi chi non capisce o chi ha l’ordine di non capire. Al di fuori di queste due spiegazioni non ne possono esistere altre perché i fatti costituiscono l’esatto opposto di quello che viene rappresentato.

A tutto ciò, che basta e avanza, ci permettiamo solo di aggiungere che, come da noi anticipato, entro la fine del mese anche la rimodulazione del Repower Eu avrà il preventivo via libera tecnico della Commissione europea. Perché il metodo seguito è lo stesso della terza e della quarta rata del Pnrr. Anche perché, all’opposto di ciò che si scrive e si legge, la task force di Fitto, le strutture tecniche della Ragioneria e le amministrazioni centrali e territoriali coinvolte, hanno raggiunto tutte insieme livelli esecutivi mai toccati prima. Questo è il senso di un lavoro veloce fatto bene che si misura con la complessità dei problemi.

Infine, la recente raccomandazione europea ai singoli Paesi di impiegare i fondi in una logica unitaria coordinando gli impieghi delle risorse del Pnrr come della coesione e di tutte quelle disponibili, non è nient’altro che la scelta politica di competenza anticipatrice fatta dal governo Meloni riunendo tutte le deleghe sotto un unico dicastero, quello guidato da Fitto, e collocandolo a Palazzo Chigi. Senza esaltarci troppo, perché il lavoro attuativo che abbiamo davanti è davvero imponente, potremmo anche rivendicare il merito di avere indicato la strada in Europa. Non male per un governo che avrebbe dovuto segnare la frattura sovranista italiana.


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