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L’inchiesta sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nelle costruzioni ferroviarie svela come i tentacoli dei clan di Isola Capo Rizzuto si allungavano fino alla Danimarca
ISOLA CAPO RIZZUTO – I sospetti in Danimarca si erano appuntati intorno all’infortunio di un operaio dopo 16 ore di lavoro consecutive. Che dietro ci fosse lo spettro della criminalità organizzata calabrese è confermato dall’inchiesta della Dda di Milano che nel gennaio scorso ha portato a 14 condanne nel processo col giudizio immediato che avrebbe fatto luce su presunte infiltrazioni delle famiglie di ‘ndrangheta Arena e Nicoscia di Isola Capo Rizzuto, attraverso le cellule operanti in Nord Italia, ovvero le famiglie Aloisio e Giardino, nei subappalti delle costruzioni ferroviarie e su un presunto regime di monopolio che prevedeva la spartizione delle commesse da parte di colossi del settore che gestiscono i lavori di manutenzione della Rete ferroviaria italiana.
Il gup del Tribunale di Milano Luca Milani che ha, in buona sostanza, accolto le richieste della pm Antimafia Bruna Albertini, ritiene “corretto” l’operato dell’accusa, come si evince dalle motivazioni della sentenza appena depositate. Particolarmente interessante il capitolo relativo all’analisi dei contenuti delle segnalazioni di operazioni sospette (Sos), a partire dalle anomalie riscontrate nella sfera economica delle imprese coinvolte. Prendiamo, ad esempio, il caso della New World Construction srl, costituita nel 2015 con sede legale a Crotone, poi trasferita a Verona. Si occupa della posa e manutenzione di armamenti ferroviari. Il motivo del sospetto del segnalante atteneva al fatto che la società, la cui amministratrice unica risultava Melissa Manoni, nata a Verona, fosse il marito Vincenzo Giardino, nato a Isola, delegato a operare sui conti.
‘ndrangheta, gli interessi dei clan di isola capo rizzuto fino in danimarca
L’operatività con l’estero della New World si caratterizza per la presenza di bonifici a importo tondo provenienti da Danimarca e Austria e in dare verso la Slovacchia. L’esistenza di consolidati rapporti tra imprese italiane nel settore delle costruzioni e delle manutenzioni ferroviarie in Danimarca sarebbe emersa, oltre che dal fatto che la maggiore controparte italiana della New World era la GCF Danemark, filiale danese del colosso Generali Costruzioni Ferroviarie spa, anche da inchieste giornalistiche che ricostruivano l’espansione della ‘ndrangheta nel Paese. Il sindacato danese 3F aveva denunciato già nel 2016 la presenza, ad Aahrus e Copenaghen, di due imprese, New World e Nicofer, definite come “collegate alla mafia italiana”.
GCF negò di aver affidato un subappalto a New World ma ammise la presenza di Nicofer nel ruolo di fornitrice di manodopera. Quasi tutti gli operai “gestiti” da Nicofer provengono da Isola. Intanto, nel 2016 Giardino sarebbe stato arrestato per estorsione. Una delle vicende che più avevano suscitato scalpore fu il caso dell’operaio Gelu Hanu. L’uomo infortunatosi nel cantiere di Koge di GCF, nella notte tra il 3 e il 4 agosto 2016, dopo 16 ore consecutive. Ecco il tour de force dei giorni immediatamente precedenti. L’uomo aveva lavorato 11 ore il 30 luglio, 14 ore il 31 luglio, 17 il primo agosto, 19 il 2 agosto, 16 il 3 agosto.
Nicofer risultava anche tra le controparti di Agifer.
I PERSONAGGI PRESENTI NELLE SEGNALAZIONI SOSPETTE
Costituita nel 2013 con sede a San Giovanni Lupatoto, nel Veronese, amministratore unico era Daniel Nicoscia, già segnalato Sos per collegamenti con la ‘ndrangheta. Figlio di Saverio e Antonella Vittimberga, cugina di Carmine Vittimberga, ucciso in un agguato di mafia, l’uomo era solito presentarsi allo sportello col fratello Francesco, sposato con Annarosa Giardino. Dagli accertamenti della Prefettura di Verona che emise un’interdittiva antimafia, emerse che il nucleo familiare originario dei Nicoscia si è stabilito da tempo a Viadana, nel Mantovano, ed è legato ad altre famiglie di ‘ndrangheta come gli Arena.
Quello che rileva il gup è che all’interno delle segnalazioni per operazioni sospette «sono citati nomi degli imputati del processo tra i quali anche anche coloro che, secondo la prospettazione accusatoria, avrebbero svolto incarichi direttivi nelle imprese fungendo da meri prestanome dei fratelli Aloisio». Vi sono anche «numerosi riferimenti a componenti della famiglia Giardino (per i quali si procede separatamente, ndr) accusati di aver gestito imprese destinate ad assumere funzioni di primo livello nel sistema dei subappalti». «Ulteriori riscontri» sui rapporti tra gli imputati e «realtà imprenditoriali estere» si ricavano, stando alla sentenza, da conversazioni telefoniche intercettate che denoterebbero «l’operatività con la Danimarca nella quale i Giardino, insieme a GCF spa, sono impegnati ormai da tempo».
‘NDRANGHETA, GLI INTERESSI DEL CLAN DI ISOLA CAPO RIZZUTO OLTRE LA DANIMARCA: I LAVORI IN NORVEGIA
Uno dei colloqui valorizzati dal giudice è quello in cui Antonio Aloisio, condannato a 6 anni e mezzo, chiama l’utenza intestata a Melissa Manoli ma in uso al marito, Vincenzo Giardino, e lo avvisa di lavori importanti da eseguire insieme a Oslo, tant’è che gli chiede di andare da lui a Verona per visionare un programma. «È una possibilità importante, ci sono tre tipi di lavorazione al momento…44 chilometri di tunnel… di galleria nuova… tipo una metropolitana».
Il brano, del quale riportiamo soltanto una parte, sempre secondo il gup, permette di «delineare i rapporti tra le società degli Aloisio e altri parenti-cugini Francesco e Daniel Nicoscia attraverso la società Nicofer e pure i rapporti con GCF». Rapporti che risultano “attuali”, nel corso dei quali gli imputati si “raccomandano” per i nuovi appalti che GCF si è aggiudicata nell’ex Jugoslavia. A pararne è Alfonso Giardino, che aveva dovuto “togliersi” dai cantieri aperti in Bulgaria ed ex Jugoslavia in seguito al suo arresto, e faceva riferimento al presunto rapporto con l’imprenditore Edoardo Rossi.
«Sono due anni che non lavoro con Rossi, da quando mi hanno arrestato, lavoravo con lui in Bosnia e Bulgaria, mi è rimasto il cantiere aperto lì, alla fine il fatturato della Bosnia e della Bulgaria l’hanno preso i miei fratelli». Ci sono anche intercettazioni che dimostrerebbero che Giardino tenta di procurarsi la lista degli operai che lavoravano in Bosnia e Bulgaria perché aveva saputo che erano stati convocati a Roma dalla Finanza. «Il suo piano è convocare prima gli operai e chiedere quello che hanno dichiarato. Andare da Rossi a raccontarglielo e concordare con questo le successive dichiarazioni di coloro che sarebbero stati convocati successivamente».
IL CONTROLLO SULLA MANODOPERA
Emergerebbe «il controllo che i Giardino, così come gli Aloisio, sono in grado di esercitare sulla manodopera». Ma anche il fatto che Giardino sarebbe «pronto a fare di tutto, anche false dichiarazioni, pur di aiutare i Rossi consapevole che obiettivo dell’attività investigativa è il gruppo Rossi». E mentre parla e straparla, Giardino riceve un messaggio contenente l’elenco degli operai convocati dalla Finanza. Tra questi, come constata, c’è “Totarello” Nicoscia, che risulterebbe affiliato alla ‘ndrangheta essendo stato “battezzato” da Claudio Santo Papaleo, figlio di Francesco, ucciso in una guerra di mafia. Quel Claudio Santo Papaleo condannato nel processo Tisifone per associazione mafiosa ed estorsione essendo ritenuto una delle giovani leve delle cosche isolitane.
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