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Ecco tutti i numeri del secondo boom economico italiano, un miracolo che traina l’economia sulla scia dell’eredità del governo Draghi

«Una volta crescevamo dello 0,5% in un biennio. Ora facciamo lo stesso risultato in tre mesi», rivela a denti stretti un economista non certo vicino all’area del centrodestra ma attento frequentatore dei salotti e dei talk show che contano, con un tono di voce che sta a metà fra lo stupore e il disincanto.

Fra le tante sfumature possibili per raccontare il secondo miracolo economico che l’Italia sta vivendo, fra il silenzio assordante dei media e il rumore di fondo delle polemiche politiche, la migliore è quella di far parlare direttamente i numeri. Cifre certificate dai centri di statistica europei, che smentiscono ormai quotidianamente le tante cassandre che appena qualche mese fa hanno sbagliato le previsioni sull’Italia con un margine di errore, approssimato per difetto, fra il 100 e il 400%.

IL BOOM ITALIANO E LA DOTE TESAURIZZATA DEL GOVERNO DRAGHI

Se poi si cerca di dare una spiegazione del “secondo miracolo italiano”, la pista da seguire non può che partire dal capitale di fiducia messo a disposizione dall’ex premier, Mario Draghi. Una dote che la premier, Giorgia Meloni, ha avuto il buon senso non solo di non fare strappi e non gettare al vento ma di continuare sulla stessa strada, ancorando saldamente l’Italia all’Occidente ed evitando di fare passi falsi sul fronte delicato dell’economia.

Il risultato è che l’Italia, dopo 5 lustri di stagnazione e di Pil all’insegna dello zero virgola, ha conquistato il podio europeo della crescita, con un balzo in avanti di ben 12 punti nell’ultimo triennio, con la possibilità concreta di tagliare, a fine anno, di migliorare ulteriormente la performance. Nello stesso periodo il risultato della Germania è stato di tre volte più basso e oggi i tedeschi sono finiti nelle secche della recessione.

I NUMERI DEL BOOM ECONOMICO ITALIANO INNESCATO DAL GOVERNO DRAGHI

I numeri saranno anche noiosi per il lettore, ma aiutano più di mille parole a capire quello che sta succedendo nel Paese reale. Dal quarto trimestre 2019, per esempio, racconta il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, le vendite all’estero di beni sono aumentate in volume dell’11%, più che negli altri grandi Paesi dell’area euro. Nell’ultimo biennio, poi, gli investimenti sono cresciuti di oltre il 20%, segnando una netta cesura rispetto alla protratta fase di debolezza seguita alla crisi finanziaria globale. Altro che rimbalzo post-Covid. Sempre per restare con i piedi per terra ed evitando di lasciarsi prendere dall’euforia, bisognerebbe dare poi un’occhiata a quello che sta succedendo sul fronte del made in Italy.

A maggio di quest’anno l’export italiano verso i Paese extra-Ue rispetto ad aprile, al netto di operazioni occasionali di alto impatto di cantieristica navale, «cresce addirittura del 5,2%, trascinato dalle maggiori vendite di beni strumentali (+16%) e beni di consumo non durevoli (+7,2%) la crescita su base annua è del 4,1%», ha scritto qualche giorno fa su questo quotidiano il direttore Roberto Napoletano.

EXPORT, LAVORO E TURISMO

E, da gennaio a maggio, al netto dell’energia, abbiamo accumulato un surplus commerciale di 46 miliardi di euro. Se riusciremo a mantenere lo stesso ritmo anche nella seconda metà dell’anno potremmo arrivare alla soglia dei 100 miliardi (al netto dell’energia). Numeri che compensano la caduta della domanda dovuta alla frenata della Germania. Rispetto allo stesso periodo del 2022, infatti, le esportazioni verso la Turchia sono cresciute del 22,4%, in Cina sono a +58%, in Medio Oriente a +5,9%, negli Stati Uniti +5,3%, India più 10,4, in Oceania +28% e nei Paesi della America Latina salgono dell’11,2%.

Ma forse il numero che più di ogni altro ci fa toccare con mano il secondo miracolo della nostra economia è quello che arriva dal fronte del lavoro, tradizionale nervo scoperto del nostro sistema produttivo. E invece, anche su questo fronte, la narrazione tradizionale che assegnava all’Italia il ruolo di “pecora nera” dell’Europa comincia a capovolgersi. A maggio scorso, infatti, il tasso di disoccupazione è calato al 7,6%. Un livello che non si toccava dal 2009. E non è finita. Il tasso di occupazione è al 61,2% e continua a crescere in modo sensibile, visto che a maggio di un anno fa era al 60,1%.

LA SORPRESA DEL DATO DEL MEZZOGIORNO CHE VIAGGIA AL DOPPIO DEL RESTO D’ITALIA

Ma, all’interno di queste cifre, ce n’è una ancora più interessante, che riguarda il Mezzogiorno. Fra il primo trimestre 2019 e lo stesso periodo del 2024, la crescita degli occupati nel Sud è stata più che doppia rispetto alle altre aree del Paese: 4,4% contro il 2,1%. Tradotto in numeri anche più concreti, dei 464 mila nuovi posti, 262 mila sono stati creati al Sud. Un altro di quei segnali da etichettare sotto la voce: “mondo capovolto”.

Se poi avessimo la pazienza di fare un piccolo tour, in queste settimane, nelle città d’arte o, più semplicemente, sulle nostre coste, ci accorgeremmo di un altro boom non meno promettente, quello del turismo, arrivato alla soglia storica dei 12 milioni di pernottamenti stranieri negli ultimi quattro mesi. Un trend che trascina con sé quello dei servizi. Secondo l’autorevole istituto Demoskopika, quest’anno dovremmo tagliare la cifra dei 442 milioni di presenze complessive, con una crescita del 12% rispetto all’anno precedente. Un record dopo l’altro.


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