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TRA canzoni, film, luoghi comuni vendittiani e scaramanzie si avvicina la maturità, che interesserà circa 536mila candidati e prenderà il via il prossimo 21 giugno. L’esame torna alla sua forma tradizione pre-pandemia e consta della prima prova di italiano, con 7 tracce a disposizione, della seconda prova che varia a seconda dell’indirizzo e del colloquio finale. Non tutti i maturandi hanno apprezzato questa scelta, ma secondo gran parte degli insegnanti e il Ministero era necessario.

Come vivono queste giornate gli studenti? Tra ripasso, timori e speranze. «Con un mix di sensazioni che non saprei definire – racconta Gianmarco, 19 anni, pugliese – ma sicuramente con un sacco di carica. Gli anni delle superiori sono stati difficilissimi, soprattutto per il Covid, la distanza, la paura. È come se avessimo perso parte degli anni migliori, ma cerco di non farmi influenzare. Studio tanto, soprattutto con gli amici, e mi ritaglio qualche ora di svago per il calcetto (ride, n.d.r.). Credo che l’ansia vera e propria arriverà la notte prima degli esami, i miei genitori e gli amici più grandi ne parlano come di un momento di transizione e spero di riuscire a godermelo fino in fondo. La prova che temo di più, forse, è proprio quella orale perché non è sempre facile rispondere con chiarezza, a volte parlo troppo velocemente e mangio le parole. Il futuro? Non ho ancora le idee chiare, ci sarà modo per pensarci dopo gli esami».

Nei giorni che separano dall’inizio degli esami c’è spazio anche per le critiche. «Quello della maturità sembra uno scoglio difficilissimo da affrontare – dice Maria, 18 anni appena compiuti, calabrese – e probabilmente sono scuola e famiglia a metterci addosso molta pressione. Spesso, poi, dal voto dipende l’accesso all’università o una borsa di studio e l’ansia cresce, parecchio. Tra tutte, la prova che temo maggiormente è proprio la prima, la dad non ha consentito di allenare la scrittura come avrei voluto e temo di fallire. Con alcuni compagni di classe abbiamo organizzato dei gruppi di studio, fatto dei programmi di ripasso serrato, ce la metteremo tutta. Saranno anche gli ultimi momenti insieme dopo cinque anni difficili, sarà bello affrontarli con loro e vedere dove ci porteranno le strade che imboccheremo».

Nelle voci e negli sguardi di questi ragazzi si avvicendano determinazione e inquietudine, ma le loro testimonianze accendono i riflettori su alcuni temi che rimangono spesso in secondo piano, come le ansie trasmesse dalle figure adulte di riferimento e le difficoltà scolastiche. Secondo una ricerca condotta da Skuola.net, uno studente su due soffre di stress, disturbi del sonno, cattive abitudini alimentari e due fumatori su tre hanno aumentato il consumo di nicotina. Ne abbiamo parlato con la psicologa e psicoterapeuta Emanuela Rocco.

Qual è l’impatto della maturità e perché, a volte, continuiamo a sognarla dopo tanti anni?

«Più che la maturità, si sogna la scuola superiore. Questo ha a che fare con le dinamiche relazionali, che raggiungono il culmine in quegli anni, e con la valenza delle prestazioni scolastiche. Oggi la scuola ha un problema: è ancora fin troppo ancorata alla valutazione numerica, anzi questa cosa si è inasprita. Sei quello che sei e sei rappresentato da un numero: bisognerebbe superare questa logica perché la valutazione della persona dovrebbe andare oltre il “semplice” voto. Il carico sulla maturità in sé viene soprattutto dalla famiglia. Non penso solo ai maturandi, ma anche ai ventenni e alla pressione che le famiglie mettono sul futuro come se si giocasse tutto a scuola. L’aspetto che viene spesso sottovalutato è quello delle passioni, di cosa piace fare, in cosa siamo bravi. Così, si rafforzano poco o nulla le capacità e si continua a concentrare l’attenzione solo sulle cose in cui non riusciamo».

Si dice che questo sia il primo grande esame, che si gli esami non finiscano mai: siamo noi adulti a caricare di troppe aspettative i ragazzi?

«Ci può stare che gli esami non finiscano mai, ma di che esami parliamo? Il vero esame dovremmo farlo con noi stessi. Andiamo alla ricerca di cosa ci appassiona, dei talenti: tutti ce li abbiamo, davvero tutti, ma non tutti lo scopriranno. Dovremmo invece ricercarli, individuarli e rafforzarli. La società punta sulla riuscita, ma quale? Quella economica? Non è quello il solo aspetto di cui tenere conto».

I maturandi riportano spesso il timore del fallimento. Cosa possiamo dire loro in questo momento?

«Paura di fallire, ma in cosa? Cosa si intende? Magari non superare l’esame, non riuscire a entrare nella facoltà universitaria desiderata, deludere i genitori? Ecco, iniziamo a riflettere su quello che noi intendiamo come fallimento. Dobbiamo riflettere sulle parole: le usiamo con facilità, però hanno un peso e l’uso può cambiare il significato. A noi adulti spetta il compito di aiutare i giovani a capire cos’è il fallimento per loro. Per me potrebbe essere arrivare al termine della mia vita e non aver fatto quello che amavo, non aver scoperto il mio talento. In questa società non si crea pensiero: alleniamoci, invece, a pensare».

Quali consigli pratici invece potremmo dare ai maturandi per affrontare l’ansia anche dal punto di vista fisico?

«Prendete un foglio o un quaderno e buttate giù ciò che state provando, i vostri pensieri e le vostre ansie. Ripassate con gli adulti di riferimento oppure in gruppo, esercitatevi, registratevi e ascoltatevi. Capita spesso che più si ha paura e più ci si chiude: il confronto è fondamentale e in gruppo si studia meglio. Possono essere utili anche esercizi di respirazione oppure la tecnica dello sbadiglio che consiste nel procurarsi lo sbadiglio. A furia di indurli, verranno fuori sbadigli reali e, allargando il diaframma, caleranno anche i livelli di ansia. Giova molto anche non trascorrere troppo tempo al chiuso, ripetere camminando e fare sport».

Mentre impazza il toto-traccia, non possiamo che fare tesoro di tutte queste testimonianze e augurarci che la maturità torni a essere solo un momento di crescita.


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Alessandro Chiappetta

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