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Nuccio Ordine, scomparso all'età di 64 anni

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LA MORTE di Nuccio Ordine è ingiusta, insostenibile. Era vivo. È vivo. Mi parla ora. Mi ha parlato fino al giorno prima di cadere nel buio. Era forte ed era bello. Era un uomo bello intellettualmente e forte fisicamente. Ed era necessario alla scuola, all’università. Potente intellettuale meridionale, riconosciuto nel mondo con la dimensione degli studiosi delle generazioni precedenti, da Benedetto Croce e Unamuno a Renzo de Felice e Giuseppe Galasso, aveva contribuito a rendere presente e vivo il pensiero dei classici da Bernardino Telesio, cosentino come lui, a Giordano Bruno, cui aveva dedicato studi illuminanti. Era uno dei pochi storici, letterati, filosofi che ho conosciuto che fosse in grado di parlare, senza albagia e distanza, a tutti, non solo ai giovani; ai suoi lettori che lo amavano per la immediatezza e per la libertà assoluta delle sue parole.

Per lui la letteratura era una parte essenziale della vita, l’unico modo di intendere la realtà, che richiede un’interpretazione inevitabilmente politica. Non nel senso della militanza, dello schieramento, ma della necessità di contribuire a migliorare il mondo attraverso l’applicazione dell’intelligenza che è il tesoro che ci hanno lasciato i classici. In Montaigne in La Rochefoucauld, in Pascal, in Manzoni c’è tutto. È tutto ciò che ci è utile per affrontare la vita.

Nuccio era onesto nel senso più alto della parola, integro, mai fazioso. Il suo pensiero dava senso alla dialettica, perché non era mai dogmatico, ma sempre maieutico. Era antico e nello stesso tempo presente: un filosofo della magna Grecia. Era come Gorgia, come Zenone. In forza di quel pensiero non poteva accettare la minorità della politica delle istituzioni, delle stesse università, della struttura culturali del meridione, e tantomeno la debolezza del pensiero italiano rispetto alla Cultura internazionale. Per questo era sempre in giro per il mondo. Visiting professor nei più importanti atenei statunitensi ed europei, dal 2001 è stato professore ordinario di Teoria della letteratura presso l’Università della Calabria; poi, dal 2005, di Letteratura italiana nel medesimo ateneo. Tra i suoi libri indimenticabili e necessari: “La cabala dell’asino: asinità e conoscenza in Giordano Bruno” (1987), “La soglia dell’ombra: letteratura, filosofia e pittura in Giordano Bruno” (2003) e “Contro il Vangelo armato: Giordano Bruno, Ronsard e la religione” ( 2007). Tra i temi centrali dei suoi studi è importante ricordare quelli sul dialogo e la novella cinquecenteschi (“Teoria e situazione del dialogo nel Cinquecento”, 1987): il dialogo per lui vitale, scintilla di idee. Preziosa la sua “Teoria del riso e teoria della novella nel Cinquecento”, (1996). Insignito in Francia dei titoli di cavaliere (2009) e di commendatore (2014) dell’Ordre des palmes académiques, oltreché della Légion d’honneur (2012), Nuccio Ordine è stato (è) inoltre membro d’onore dell’Istituto di filosofia dell’Accademia russa delle scienze (2010), curatore di importanti collane editoriali nazionali e indispensabile collaboratore del “Corriere della sera”.

Tra i suoi lavori più stimolanti vanno ripensati il saggio “L’utilità dell’inutile” (La nave di Teseo), in cui si ribadisce la necessità di conoscere per capire, non per finalità utilitaristiche, “Classici per la vita. Una piccola biblioteca ideale” (2016), decisivo invito alla lettura dei testi fondamentali della letteratura mondiale, “Gli uomini non sono isole. I classici ci aiutano a vivere” (2018), esortazione ai classici e a ciò che nella società viene considerato ingiustamente inutile perché non produce profitto.

La lezione di Nuccio è la più alta, per dire ai giovani di non arrendersi, di non rinunciare a combattere, con le idee per gli ideali, con la lettura contro l’ignoranza. Mia sorella lo ha voluto vicino per la sua Nave di Teseo, e con lui ha fatto cose grandi. La sua intelligenza ci ha confortato anche quando non eravamo d’accordo. Erano liti esaltanti e rassicuranti. Fortificavano la nostra amicizia. Non consentiremo a nessuno di non essere d’accordo con lui, ora che non c’è più. Ora è dentro di noi. Ora è noi.


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