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L'attore Lino Guanciale

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RENDE – Il sipario del Cineteatro Garden di Rende si apre per “Non svegliate lo spettatore” di e con Lino Guanciale, l’ultimo spettacolo della quarta edizione del Rende Teatro Festival. La kermesse, ideata dal direttore artistico Alfredo De Luca, è stata patrocinata dalla Regione Calabria e dal Comune di Rende e rientra nel progetto “Tirreno Festival”.

“Non svegliate lo spettatore” è un omaggio alla vita e alle opere di Ennio Flaiano, celebre scrittore, sceneggiatore, umorista, critico cinematografico e drammaturgo del Novecento. Lo spettacolo consentirà al pubblico di conoscere questo personaggio a 360° e di apprezzare il suo genio grazie allo studio accurato e approfondito di Lino Guanciale, attore poliedrico che si divide tra teatro, cinema e tv, e del regista Davide Cavuti che lo accompagnerà sul palco con un sottofondo musicale. Per saperne di più, abbiamo intervistato Lino Guanciale. Autore e protagonista dello spettacolo “Non svegliate lo spettatore”.

Com’è nato questo omaggio a Flaiano?

«Lo spettacolo è nato dalla passione per questo autore che accomuna me e Davide Cavuti. Lui si è sobbarcato tutto il lavoro di ricerca testuale per confezionare questo copione insieme a me. La sua riflessione su Flaiano è molto articolata e va avanti da anni. Ha anche realizzato un docufilm su di lui. Dal momento che entrambi siamo innamorati di questo genio, abbiamo deciso di portare in scena uno spettacolo interamente dedicato a lui per consentire agli spettatori di familiarizzare meglio con uno dei più grandi cervelli prestati alla letteratura della nostra epoca moderna».

Cosa l’ha colpita del celebre scrittore?

«Di Flaiano mi colpisce il suo sguardo caustico sulla realtà che consente di fulminare il lettore o, in questo caso, lo spettatore con twist ironici. Lui non si limita a trarre dai vizi o dai piccoli o grandi difetti del nostro costume italiano o italiota l’occasione per ridere attraverso l’arguzia. In quello che scrive, c’è sempre un vissuto, un punto di vista umano molto personale. Non si resta colpiti solo dalla sua spiritosaggine ma dalla lama che affonda anche nella tua carne. È un autore di fronte al quale non si può restare indifferenti».

Dal Flaiano degli aforismi a quello della corrispondenza, dallo sceneggiatore allo scrittore. Con questa pièce teatrale proporrà agli spettatori un personaggio ironico e intimo al tempo stesso, dico bene?

«Esatto. Ci interessa restituire al pubblico la vera e profondissima umanità dell’autore e far arrivare la nostra impressione su Flaiano. Lui aveva una grande passione: l’osservazione della realtà. La scrittura era uno strumento che sapeva usare in maniera raffinatissima per esporre il vero punto della sua ricerca: raccogliere cose per raccontarle come se tutto facesse parte di un unico grande racconto che poi copre tutta la sua vita. La scrittura è un punto di contatto con gli altri. Teniamo molto che ciò arrivi agli spettatori».

Qual è il prezioso insegnamento di Flaiano e quale messaggio vuole lanciare al suo pubblico?

«Chiunque si occupi di cultura deve tener presente che non sta facendo soltanto un esercizio di stile o un’esibizione delle proprie capacità o delle proprie qualità. Cultura significa fornirci di strumenti per affrontare i nostri limiti. Tutti noi siamo esseri finiti, nel senso che la vita ha un termine, mentre è infinita la nostra capacità di elaborare soluzioni per cercare di vivere meglio. Secondo gli intellettuali, non è importante farsi applaudire ma fornire alle persone punti di vista che illuminino le loro menti su ciò che è realmente rilevante».

Qualche curiosità da backstage? Come si è preparato per entrare nel personaggio di Flaiano?

«Come sempre, ho letto molto. Nello spettacolo, faccio un “dentro e fuori” nei panni del personaggio semplicemente con occhiali e sigaro, iconici di Flaiano. Quando li ho sono travestito da “Flaiano”, quando non li ho sono io che, in qualche modo, racconto. Mi diverte molto questo “dentro e fuori”. L’ho testato anche al di fuori delle prove. Mi piaceva “flavianeggiare” per strada».

Se dovesse invitare gli spettatori ad assistere a questo spettacolo nello stile di Flaiano?

«Gli direi che possono tranquillamente addormentarsi, in quanto dormire a teatro non è così grave, come dice Flaiano, perché l’importante è sognare. Se uno spettacolo per innescare un sogno induce verso le braccia di Morfeo, poco male. Quello che importa è che sia un bel sogno. Poi, bisogna sempre ricordare che la situazione è grave ma non è seria».

È tra gli attori italiani più amati. Si divide tra teatro, cinema e tv…

«Ho la fortuna di lavorare in molti contesti. Questa cosa arricchisce molto un attore. Per me, è irrinunciabile il lavoro a teatro. Ho cominciato da lì. Non posso farne a meno. Ho addosso l’imprinting del contatto col pubblico. Lo spettatore deve respirare con te: imparare a far accadere questo è la cosa più bella del mondo».

Un consiglio ai giovani aspiranti attori?

«Entrare in una grande scuola. In Italia, ci sono diverse scuole d’eccellenza per imparare a fare questo mestiere. Fare il provino significa confrontarsi con altre persone che vogliono fare questo nella vita. Anche non passare il provino può essere d’insegnamento perché lì scopri non soltanto a che punto sei del tuo percorso di formazione ma anche quanto è forte la tua motivazione».

Prima dello spettacolo al Rende Teatro Festival, presenterà il suo libro “Inchiostro” al Museo del fumetto.

«Ho scritto questo libro durante il lockdown, nella primavera del 2020. Il mio amico editore che si occupa di fumetti e graphic novel mi ha chiesto di scrivere il concept per una graphic novel visto che avevo del tempo da trascorrere a casa. Mi sono reso conto che faticavo a scrivere un solo soggetto. Quindi, parlando con Luigi Politano abbiamo concordato che avrei potuto scrivere un lungo racconto con le bellissime illustrazioni di Daniela Volpari. Queste illustrazioni sono parte integrante del testo, un primo innesco per quell’immaginario fantastico che auspico venga scatenato nei lettori».

Progetti futuri?

«In autunno, uscirà una serie che ho girato per Sky. A inizio 2024, sarò in scena al Piccolo Teatro di Milano con la regia di Claudio Longhi, direttore del teatro e regista con cui ho un sodalizio ormai ventennale. Poi, altri progetti cinematografici che per ora non svelo per scaramanzia. Sarà un bell’anno».

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Stefano Mandarano

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