Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ad Auschwitz
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GUERRA in Ucraina, migranti, cooperazione: ieri, nel corso della visita in Polonia, Sergio Mattarella ne ha discusso con Mateusz Morawiecki. Il primo ministro polacco ha sottolineato la necessità di affrontare insieme tutte queste sfide e di rafforzare l’unità transatlantica scongiurando le spinte alla frammentazione. Dopo l’incontro di lunedì con Duda, Mattarella ribadisce anche con Morawiecki che fermare la Russia significa evitare l’allargamento del conflitto.
MIGRANTI, IL PRESSING SULL’UNIONE EUROPEA
Ma ancora una volta il tema dei migranti sembra il più urgente. Il primo ministro polacco accusa: la Bielorussia continua ad attirare migranti dal Medio oriente per poi farli entrare per via terrestre. Mentre Mattarella rinnova «un appello pressante alla Ue sui migranti perché i fatti non attendono». Alcune interpretazioni interessate hanno cercato ieri di collocare sulla stessa lunghezza d’onda le richieste del presidente della Repubblica alla Ue e le critiche del governo italiano verso la presunta mancanza di solidarietà di Bruxelles verso l’Italia. In realtà, chi conosce Mattarella sa bene quanto i temi della salvezza delle vite umane in mare, dell’accoglienza dei migranti e dell’integrazione dei lavoratori stranieri nel tessuto sociale del Paese siano rilevanti per il presidente della Repubblica. Ecco perché la richiesta d’intervento alle istituzioni comunitarie non può essere letta come una complicità con la linea dura del governo di questi giorni, ma come una maggior responsabilizzazione dei Paesi membri in vista di politiche dell’immigrazione sempre più comuni e lungimiranti.
La distanza che esiste tra il Quirinale e Palazzo Chigi sul punto emerge proprio ieri mattina nelle dichiarazioni di Giorgia Meloni all’inaugurazione della 61ª edizione del Salone del mobile di Milano. Il richiamo all’Europa di Mattarella «è un richiamo che tutti comprendiamo – dice la presidente del Consiglio – dopodiché bisogna conciliare il tema dell’Europa con la difesa degli interessi nazionali». Per Meloni, «l’attuale governo sta cercando di farlo nel migliore dei modi» e «bisogna cercare delle sinergie perché rafforzare l’interesse nazionale italiano significa anche rafforzare un quadro di autonomia strategica europea».
L’IMMIGRAZIONE COME NECESSITÀ
In verità, che cosa sia davvero l’interesse nazionale italiano è tema da approfondire. Proprio ieri Pasquale Tridico, il presidente dell’Inps, ha ricordato che «senza i migranti tra 20 anni i conti Inps saranno critici» e che le nascite in Italia sono così scarse da rappresentare un pericolo «per la sostenibilità delle pensioni», troppo esigue «per garantire in prospettiva il sistema a ripartizione». Come le altre economie ricche, aggiunge Tridico, «anche noi abbiamo l’esigenza di coprire la domanda di lavori medio bassi da Nord a Sud con gli stranieri. La soluzione non può che essere l’accesso di una immigrazione regolare e fluida». Sul punto va registrato anche il punto di vista delle imprese: «Non vi è dubbio: il nostro mercato del lavoro ha bisogno di lavoratori immigrati» sostiene per esempio Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, in occasione del Forum annuale dell’organizzazione dei commercianti. «Lo stesso Def per il 2023 – dice Sangalli – ricorda l’effetto significativo dell’immigrazione sulla popolazione residente in età lavorativa e quindi sull’offerta di lavoro. Una ragione in più per governare i flussi migratori e per lavorare tanto sul terreno dell’accoglienza, quanto su quello dell’integrazione. Ha ragione Mattarella nel sostenere che un tema così epocale va affrontato insieme, come problema della Ue». Su questo tema la prospettiva del governo sembra radicalmente diversa. «Non possiamo arrenderci al tema della sostituzione etnica», avverte Francesco Lollobrigida che, intervenendo ieri nel corso del congresso nazionale della Cisal, chiede di puntare sull’incentivazione delle nascite, sulla «costruzione di un welfare capace di consentire di lavorare e avere una famiglia» e di «attingere alla risorsa immigrazione solo dopo che si è esaurita la richiesta interna di lavoro».
“SOSTITUZIONE ETNICA” UNA FOBIA ABNORME
L’allarme – del tutto esagerato sul piano fattuale – sui rischi di “sostituzione etnica” diventano subito argomento di polemica da parte dell’opposizione. In effetti, il richiamo alla sostituzione etnica appare abnorme e fuori luogo, proprio nel giorno in cui, a 1.500 chilometri di distanza, Sergio Mattarella visita il campo di sterminio di Auschwitz in compagnia di un nutrito gruppo di studenti. «Già studiarlo, e l’ho fatto molto a lungo, è impressionante, ma vederlo è un’altra cosa che dà la misura dell’inimmaginabile. Vedere quelle scarpe, vedere quelle scarpette dei bambini, dei neonati, sono cose inimmaginabili. Bisogna continuare a ricordare e bisogna ricordare che quello che vediamo è una piccola parte», dice Mattarella visitando il museo in cui sono conservati gli oggetti appartenuti a centinaia di migliaia di vittime sterminate dai nazisti. Poi il presidente si rivolge agli studenti: «La cosa che dovete fare è trasmettere anche voi a vostra volta la memoria. Dovete trasmetterla anche voi a chi verrà dopo».
Nel corso della cerimonia conclusiva della Marcia dei Vivi, Mattarella ricorda i «cittadini innocenti» che «furono tradotti in questo luogo, cimitero senza tombe: nei campi nazisti oltre agli ebrei, sinti, disabili, Rom, omosessuali trovarono la morte nelle camere a gas, o perché vittime del freddo e delle malattie». Ricordare questi tragici fatti non è solo un esercizio retorico, viste le atrocità che in questi mesi l’esercito russo ha compiuto contro la popolazione ucraina invasa. «Oggi più che mai, nel riproporsi di temi e argomenti che avvelenarono la stagione degli anni ‘30 del secolo scorso con l’infuriare dell’inumana aggressione russa all’Ucraina, la memoria dell’Olocausto rimane un monito perenne che non può essere evaso», avverte il presidente.
NESSUN CEDIMENTO DAVANTI ALL’INTOLLERANZA»
Poi manda un messaggio generale che assume un significato speciale se si pensa all’aggressione russa: «Non può essere ammesso nessun cedimento alle manifestazioni di intolleranza e violenza, nessun arretramento alla tutela dei diritti fondamentali. Chi aggredisce questi diritti, deve sapere che i popoli liberi saranno determinati nel difenderli». Sempre con il suo stile sobrio, infine, Mattarella non dimentica di sottolineare le responsabilità storico-politiche. «Siamo qui oggi a rendere omaggio e fare memoria dei milioni di cittadini assassinati da un regime sanguinario come quello nazista che, con la complicità dei regimi fascisti europei che consegnarono i propri concittadini ai carnefici, si macchiò di un crimine atroce contro l’umanità», accusa Mattarella. Un messaggio di verità inequivocabile che, in un Paese come l’Italia, ancora in parte gravato dall’eredità della violenza ideologica, non può che riaprire vecchie ferite mai rimarginate
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