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Malapolitica Lucana, ecco tutte le accuse, i nomi, le ipotesi di reato per le quali la procura ha deciso di procedere

POTENZA – Ventidue capi d’imputazione per 30 indagati, per accuse che vanno dalla corruzione alla concussione, passando per l’abuso d’ufficio, il traffico d’influenze e altro. È questo il bilancio finale della maxi inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Potenza sulla “mala politica lucana”.

MALAPOLITICA LUCANA, LE ACCUSE: LE ELEZIONI COMUNALI DI LAGONEGRO DEL 2020

Il primo blocco di imputazioni formulate dai pm titolari dell’inchiesta, Vincenzo Montemurro e Francesco Curcio, riguarda una serie di ipotesi di corruzione collegate alle elezioni comunali che nel 2020, a Lagonegro, hanno visto Maria Di Lascio conquistare la fascia da sindaca, grazie al sostegno fondamentale del capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Francesco Piro.

La sindaca, Piro, l’ex assessore regionale all’Agricoltura Franco Cupparo, il direttore generale del San Carlo Giuseppe Spera e un ex assessore della giunta Di Lascio, Gianni Mastroianni, sono accusati, in particolare, di essersi accordati «al fine di assicurarsi» sia la candidatura di quest’ultimo «all’interno della lista Insieme con Maria di Lascio, (…) che il relativo bacino di voti». Il tutto in cambio di una promessa di assunzione in Formez Pa, centro servizi per la pubblica amministrazione controllato dal governo, «su cui i citati 4 pubblici ufficiali (Di Lascio, Piro, Cupparo e Spera, ndr) intendevano esercitare la loro influenza». O in alternativa «quale manutentore presso il nascente nuovo ospedale di Lagonegro struttura nell’immediato controllo amministrativo dei pubblici ufficiali in esame».

MALAPOLITICA LUCANA, LE ACCUSE

Discorso diverso per la candidatura nella lista “Insieme” di Maria Palermo, in seguito nominata assessore sua volta, che sarebbe stata “pagata” con atti contrari ai doveri d’ufficio quali la stabilizzazione di un’infermiera precaria «che trovava epilogo favorevole in data 02 febbraio 2021» nonché «nell’assunzione a tempo indeterminato presso una casa di riposo non meglio specificata della di lei nipote» .

Per questa ipotesi, infatti, risulta indagato, assieme a Piro, Di Lascio, Spera e la stessa Palermo, l’allora assessore alla Sanità, Rocco Leone. I medesimi Piro, Di Lascio, Leone e Spera devono rispondere di un ulteriore capo d’imputazione per istigazione alla corruzione, in concorso con un medico dell’Asp, Nicola Castelluccio, che avrebbe ottenuto un comando negli uffici della Regione come ricompensa per la promessa di una candidatura nella lista della sindaca del fratello. Anche se alla fine la promessa non è stata mantenuta e Giovanni Castelluccio si sarebbe candidato in una lista rivale.

Con Piro, Di Lascio, Spera e Palermo, poi, risulta indagato un medico del reparto dell’ospedale di Lagonegro dove quest’ultima presta servizio come infermiera, il ginecologo Vito Funicelli, che sarebbe stato beneficiato della promessa di una promozione. Non in quanto portatore di voti in prima persona, però, ma soltanto per creare il contesto più adatto al procacciamento di consensi all’interno del nosocomio da parte di Di Lascio e Palermo.

Per la candidatura nella lista “Insieme” dell’architetto, poi eletto consigliere comunale, Benedetto Rito Olivo, i pm ipotizzano uno scambio con la promessa dell’assunzione della moglie in una struttura in via di realizzazione a Lagonegro per la formazione del personale della vigilanza privata, la “Scuola security srl”. Mentre il solo sostegno elettorale di Giacinto, Chiara e Silvio Camaldo sarebbe stato comprato, con la complicità dell’allora assessore alle Attività produttive Cupparo, con la promessa di un’altra assunzione in Formez Pa e dello scorrimento della graduatoria di una selezione svolta da Eni per l’assunzione di personale in Val d’Agri. Selezione in cui Silvio Camaldo «non si era collocato in posizione utile all’assunzione».

Il solo sostegno elettorale ricevuto è valso una settima imputazione a carico di Piro e Di Lascio, più il dg del San Carlo Spera e un ortopedico in servizio nell’ospedale di Lagonegro, Luigi Alagia, che in cambio del contributo politico offerto avrebbe ottenuto la promessa della promozione a primario della Traumatologia dell’ospedale del centro valnocino.

LE ALTRE ACCUSE MOSSE PER IL PROCACCIAMENTO DI VOTI

Il gip non ha ravvisato i gravi indizi di colpevolezza, invece, per un’ottava imputazione a carico di Piro, Di Lascio e Spera, più un assicuratore, Rocco Pietro, e la moglie-infermiera in servizio all’ospedale di Lagonegro Anna De Francesco. In questo caso, infatti, appare indiscusso il sostegno elettorale offerto dai due coniugi ma l’agognato trasferimento di lei dal 118 al reparto di chirurgia.

Un nono capo d’imputazione sull’acquisto di voti per le consultazioni comunali del 2020 da parte di Piro e Di Lascio, con la complicità di Spera, infine, vede coinvolto un imprenditore, Antonello Canonico. “Acquisto” che sarebbe stato propiziato un paio di mesi prima delle consultazioni in questione dallo sblocco della gara per il servizio di trasporto a supporto delle unità speciali covid 19 dell’Asp, in cui Canonico si era piazzato al primo posto, grazie all’intercessione dell’allora direttore amministrativo dell’Asp, Spera, approdato alla guida del San Carlo ad agosto dello stesso anno.

GLI ALTRI ELETTORI “COMPRATI”

Piro è accusato di aver comprato altri pacchetti di voti da Nicola Buldo, Maria Lucia Infantino e Armando Buldo con la promessa «della sua qualificata attivazione presso i competenti uffici dell Asp e della Regione Basilicata al fine di assicurare loro un indennizzo patrimoniale rilevante e comunque maggiore del prezzo originario di acquisto del terreno nell’ambito della procedura di esproprio» di un terreno della società riconducibile agli ultimi tre.
Poi ci sono i voti portati alla “causa” di Di Lascio da Gennaro Ladaga, che avrebbe ottenuto il trasferimento dall’Asm di Matera. Anche se per questo capo d’imputazione il gip non ha ravvisato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico di Leone.

Quindi, ancora, quelli dell’imprenditore ambulante Claudio Simone, a cui Di Lascio e Piro avrebbero promesso un intervento «presso il direttore generale della Ferrovie Appulo Lucane di Lagonegro perché il mercato rionale non venisse ubicato in zona diversa dal relativo piazzale Fal di Lagonegro».
Un ultimo capo d’imputazione relativo alle vicende politiche del Comune di Lagonegro vede Piro, Leone, Di Lascio e Spera accusati di aver comprato il sostegno elettorale di un urologo, Pasquale Fortunato, che ambiva al trasferimento da Matera all’ospedale del centro valnocino.

IL COMPLOTTO CONTRO L’EX DG DEL SAN CARLO, BARRESI

Il governatore Vito Bardi risulta indagato per una tentata induzione indebita in concorso con l’ex assessore Leone e il capo dell’ufficio legislativo della presidenza della giunta regionale, Antonio Ferrara, che però non compare tra i destinatari dell’avviso di conclusione delle indagini, in relazione alle presunte pressioni esercitate su un avvocato della Regione, Valerio Di Giacomo. Pressioni indirizzate ad ammorbidire la difesa della Regione davanti al Tar Basilicata, rispetto al ricorso presentato da Spera (e in seguito accolto dai giudici amministrativi) contro la nomina del suo predecessore alla guida del San Carlo, Massimo Barresi, scelto dalla vecchia giunta di centrosinistra e inviso all’amministrazione Bardi.

Il «medesimo disegno criminoso volto alla eliminazione del dottor Barresi ed al conseguente licenziamento dello stesso» sarebbe stato alla base anche di una delibera approvata ad aprile del 2020 per cui risultano indagati per abuso d’ufficio Bardi, Leone, Cupparo, l’allora assessore all’Agricoltura Francesco Fanelli (Lega), l’assessore alle Infrastruttura Donatella Merra (Lega), e l’allora assessore regionale all’Ambiente nonché senatore in carica Gianni Rosa (FdI).
Nella delibera in questione, infatti, «illegittimamente e al di fuori di ogni previsione regolamentare», avrebbero incaricato il direttore generale del Dipartimento sanità di «dare istruzioni» agli avvocati della Regione sulla linea difensiva da adottare nel contenzioso sulla legittimità delle nomina di Barresi.

PRESSIONI SU ACQUEDOTTO LUCANO

Piro e Cupparo sono accusati di una tentata concussione «motivata ancora una volta da ragioni elettorali politiche», per i solleciti all’allora amministratore di Acquedotto lucano spa, Giandomenico Marchese, rispetto alla promozione a dirigente agognata da un funzionario della società.

LE MINACCE ALL’EX DG

I pm hanno qualificato come tentata induzione indebita anche le presunte intimidazioni all’ex dg del San Carlo, Barresi, da parte di Piro e Leone, che gli avrebbero fatto intendere «che era in loro potere consentire la proroga del suo incarico e delle sue funzioni e o determinarne la revoca e comunque ostacolare il legittimo esercizio del suo mandato». Con l’obiettivo di «costringere il medesimo Barresi Massimo ad acconsentire che la costruzione del nuovo ospedale di Lagonegro venisse deliberata ed approvata sulla base dei progetti e dei capitoli di spesa già predisposti da Spera Giuseppe (incaricato tempo prima al riguardo in quanto dirigente a tempo indeterminato del medesimo San Carlo, ndr) così estromettendo il direttore generale (…) da ogni potere decisionale». Il tutto rivolgendogli espressioni del tipo: «non finirai il tuo mandato se ti opponi alla costruzione del nuovo ospedale di Lagonegro»; e «continui a sbagliare, evidentemente non hai capito».

LE PROPOSTE “INDECENTI” DELL’EX ASSESSORE

Al solo Leone sono contestate altre due ipotesi di tentata concussione.
La prima per aver sollecitato Barresi ad acconsentire alla presa di servizio di un’anestesista, «collocatasi ultima nella graduatoria della procedura concorsuale di assunzione», nella sede da lei più gradita, Potenza, in luogo di quella di Lagonegro. E la seconda per aver sollecitato all’ex dg lo scorrimento della graduatoria di un concorso per l’assunzione di tecnici di laboratorio. Sempre con frasi tipo: «non finirai il tuo mandato se ti opponi al mio volere ed alle mie direttive ed indicazioni».

Più un’ipotesi di induzione indebita per aver provato a costringere l’ex dg e l’allora dirigente dell’ufficio risorse umane del San Carlo a revocare la «nomina a lui non gradita» di Angelo Sigillito come direttore del Dipartimento di scienze chirurgiche.

IL TAGLIO DEI FONDI ALL’AZIENDA OSPEDALIERA

Cinque dei sei componenti della vecchia giunta regionale (Bardi, Leone, Cupparo, Fanelli e Rosa) risultano indagati anche per un’ultima ipotesi di tentata induzione indebita.

L’accusa è di aver compiuto: «atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere alle dimissioni Barresi Massimo (…) colpevole di non essersi adeguato alle richieste indebite e talora illecite e o clientelari di rappresentanti della giunta regionale ovvero di esponenti politici della maggioranza che esprimeva la giunta». I pm fanno riferimento, in particolare, a una delibera con cui a luglio del 2020 sono stati tagliati 12 milioni di euro dai fondi destinati al San Carlo.

Delibera che a loro avviso non avrebbe avuto altra motivazione, «se non quella di mettere il Barresi in eccezionale difficoltà se non nella sostanziale impossibilità di raggiungere i risultati di gestione che doveva conseguire con il connesso rischio di essere esposto in ragione di tale carenza di fondi ad un fallimento professionale e gestionale». Tanto più che a settembre 2020, col subentro di Spera alla guida dell’Azienda ospedaliera, circa 7 milioni e mezzo di euro sarebbero ritornati alla loro originaria destinazione.

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