2 minuti per la lettura
COSENZA – In Calabria nel 2021 quasi un paziente su due affetto da tumore è andato a curarsi fuori. I dati sono quelli dell’Agenas, che la settimana scorsa ha aggiornato i dati del portale che analizza l’andamento della mobilità sanitaria in Italia. Il risultato è sempre lo stesso: un pugno di regioni del centro-nord, Lazio, Lombardia e Emilia Romagna incassano centinaia di milioni di euro all’anno per ricoveri da altre regioni, mentre al Sud l’esodo non si ferma.
E la questione non sembra mettersi bene neanche se si guarda agli anni successivi. In questo caso però ci sono solo alcune proiezioni sollevate nell’ultima riunione del tavolo Adduce, dove è stato segnalato un pericoloso abbassamento dei Livelli essenziali di assistenza dagli screening oncologici al trattamento delle patologie tumorali. La Calabria, intanto, solo per il 2021 ha accumulato un debito di oltre 176 milioni di euro da versare alle altre regioni. In sostanza il “trend” leggermente alleggerito nel 2020 per effetto del Covid si sposta di poco rispetto agli anni precedenti, con il picco massimo dei 206,8 milioni di euro di debito accumulati nel corso del 2019.
Questo anche con un problema politico non di poco conto. In attesa che Azienda zero venga ufficialmente istituita il prossimo anno non c’è nessuna strategia al momento capace di analizzare o contrastare il fenomeno. Nel 2019 la ricognizione effettuata dal dipartimento salute ha scoperchiato quasi 40 milioni di euro di prestazioni “contestabili” rispetto ai 222 milioni complessivi di mobilità passiva segnalati alla Calabria. Il punto lo aveva chiarito l’allora Dg Belcastro in una audizione in commissione salute della Regione.
Da quel momento, però, non c’è stata ulteriore pianificazione sul contrasto delle possibili faglie del sistema, dai ricoveri contabilizzati due volte alle prestazioni di pazienti non residenti in Calabria ma comunque scaricati immancabilmente sulla regione negletta, seconda in Italia per numero di pazienti in fuga.
Poi però c’è da fare i conti con la cruda realtà: stando ai dati Agenas nel 2021 su 5.544 casi di tumore accertati 2.787 sono stati trattati in regione, altri 2.757 invece hanno scelto altre regioni. In sostanza quasi il 50% (49,73%) dei calabresi in lotta contro queste patologie ha scelto di andare fuori regione. La questione “vale” oltre 20,2 milioni di euro, 2,7 milioni dei quali si concentrano tutti in ricoveri al Policlinico universitario “Gemelli” di Roma. A seguire invece i calabresi hanno scelto lo Ieo di Milano e l’Humanitas di Rozzano.
Il tutto con una media di circa 200 persone al mese spostate altrove in cerca di cure. La questione si muove di pari passo con le ultime osservazioni dell’Adduce. Uno degli “appunti” più pesanti riguarda proprio le patologie tumorali curabili in regione. Il peggioramento più evidente è nella prevenzione: lì dove si potrebbe aggredire il problema prima ancora della sua insorgenza la Calabria resta ferma al nulla. Nessuna delle Asp attualmente è capace di inviare gli inviti per gli screening ai cittadini e in alcuni casi è ancora peggio: l’Asp di Vibo indica zero inviti ma oltre 600 prestazioni effettuate.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA