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CUTRO (KR) – Dubbi su dubbi. Sono quelli sollevati con un nuovo esposto alla Procura di Crotone su presunte responsabilità della catena di comando per i mancati soccorsi in occasione del tragico naufragio di migranti dello scorso 26 febbraio a Steccato di Cutro. La richiesta agli inquirenti è quella di «identificare tutti i soggetti, appartenenti a tutte le autorità coinvolte, per verificare il ruolo da ciascuno di essi svolto nella vicenda» e valutare eventuali violazioni penali.

Inquietanti interrogativi restano ancora in piedi, secondo la ricostruzione dell’avvocato Enrico Calabrese, che assiste un 47enne afghano, padre di un bimbo di appena 8 anni morto nella tragedia e le cui spoglie sono sepolte nel cimitero di Amburgo. Una ricostruzione che peraltro si basa su fonti aperte. Primo quesito irrisolto: perché, a fronte della segnalazione giunta dall’aereo Eagle 1 di Frontex delle 23.03 del 25 febbraio del caicco “Summer Love” ormai tristemente noto, non è stato aperto un evento Sar (search and rescue) «nonostante l’ufficio italiano dedicato a dette operazioni fosse tra i destinatari della mail?».

La mail era indirizzata, infatti, anche alla centrale operativa del Comando generale delle Capitanerie di porto e conteneva «elementi ampiamente sufficienti per avere la certezza di migranti a bordo», quali la presenza di persone sottocoperta, l’assenza di dotazioni di sicurezza, gli oblò aperti in periodo invernale e la navigazione notturna. Secondo interrogativo: «perché, a fronte dell’annotazione sul brogliaccio delle operazioni della Guardia di finanza, e con un preciso bollettino meteo che prevedeva condizioni del mare in peggioramento, di nuovo, non è stato aperto un evento Sar?».

Il legale osserva che, anche se la segnalazione di Frontex dava atto di condizioni di buona galleggiabilità, ora che si conosce il video si nota chiaramente una linea bassa di galleggiamento, segno evidente della presenza di numerose persone a bordo e di un natante in difficoltà. Terzo interrogativo: perché la Guardia costiera di Reggio Calabria non ha disposto l’uscita in mare delle imbarcazioni cosiddette “inaffondabili” di cui dispone? Quarto: cosa è stato fatto tra le 23.03 di sabato e le 4 di domenica, ora dell’allarme lanciato dai carabinieri, per monitorare la rotta del caicco? Quinto: «perché la Capitaneria di porto è giunta sul luogo alle ore 6.50, ossia quantomeno due ore e mezza dopo il naufragio, nonostante fosse a conoscenza dell’”esistenza” del caicco da parecchie ore?».

Per il legale è «ovvio come un intervento tempestivo avrebbe potuto quantomeno evitare l’aggravarsi della tragedia» poiché «alcuni naufraghi sarebbero deceduti per ipotermia». Secondo la testimonianza di un giovane (e di un suo zio) rimasto per tre ore nelle gelide acque in seguito all’affondamento del barcone schiantatosi contro la maledetta secca di Steccato, infatti, dopo un’ora un bimbo di otto anni è morto di freddo tra le sue braccia. C’è anche una sesta risposta alla quale sarebbe “fondamentale”, secondo l’avvocato Calabrese, rispondere. Alle 4.57 di sabato sarebbero stati emanati due avvisi per un evento Sar al Centro di coordinamento e soccorso di Roma avente per oggetto un natante in distress: «era la stessa imbarcazione?».

Nell’interesse del comune assistito, l’avvocato Stefano Bertone ha chiesto a Frontex l’accesso a undici documenti. Si tratta di copie e dispacci inviati alle autorità greche ed italiane relativi al caicco naufragato a Steccato e dei relativi allegati; del video e delle foto acquisite dall’aereo Eagle 1 durante tutta la giornata del 25 febbraio; del Cvr (cockpit voice recorder) che registra le trasmissioni radio e i suoni nella cabina di pilotaggio (per esempio la conversazione tra i piloti e con la torre di controllo), i messaggi meteo ed eventuali rumori del motore; dei tracciati radar dei voli del 19 e del 25 febbraio. Frontex ha respinto la richiesta di accesso per motivi non condivisi dai legali, che alla Procura segnalano che l’acquisizione dei documenti ai fini della comprensione degli eventi è «rilevante».

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