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CUTRO (KR) – Un errore materiale, magari dovuto a una svista, o una discrasia logico-temporale? Le lancette non tornano, nelle 18 pagine di informativa con cui il ministro Piantedosi ha relazionato al Parlamento sulla strage dei migranti di Steccato di Cutro.

Perché è alle 4.30 che i carabinieri della Sezione Radiomobile della Compagnia di Crotone, come emerge dalla relazione di servizio confluita nel fermo a carico dei presunti scafisti, “constatano” l’avvenuto naufragio e “riscontrano” la presenza sulla spiaggia di «numerosi superstiti e di alcune salme».

Eppure, secondo il ministro, che però attribuisce la versione alle testimonianze dei superstiti, alle 5.30 l’imbarcazione era in navigazione sotto costa. «Alle successive ore 04:30, nel giungere sul luogo del richiesto intervento, come detto un tratto di spiaggia di località Steccato che a quell’ora si presentava al buio e senza illuminazione pubblica, notavamo le sagome di alcuni individui che, sbracciandosi, ci richiedevano assistenza. Avvicinatosi ai richiedenti notavamo che le persone si presentavano bagnate per l’interezza del corpo nonché riportanti alcune ferite, apparentemente lacero-contuse, su varie parti delle braccia e del volto che, alla nostra richiesta ed in lingua inglese, richiedevano sommariamente un nostro aiuto in quanto vi era un’imbarcazione in acqua con altre persone bisognose di aiuto, indicandoci nel contempo la direzione da seguire…» è detto, tra l’altro, nella relazione dei carabinieri.

Ed ecco cosa si legge nell’informativa di Piantedosi. «Alle ore 4,30 circa, tramite il numero di emergenza 1530, la Capitaneria di porto riceve una segnalazione circa la presenza di una barca a 40 metri dalla foce del fiume Tacina. Pochi minuti dopo il segnalante richiamava, specificando che l’imbarcazione si trovava a 50 metri dalla riva, che si stava muovendo in direzione della spiaggia e che erano a bordo presenti delle persone. Veniva pertanto informato il centro secondario del soccorso marittimo di Reggio Calabria, che disponeva l’invio di una motovedetta con l’imbarco di un team sanitario e di pattuglie via terra, chiedendo, altresì, l’intervento dei Vigili del Fuoco, del 118 e della questura di Crotone per l’attivazione dei soccorsi a terra. Nel contempo, in località Steccato di Cutro convergevano militari dei Carabinieri, personale della locale questura e di altre forze di Polizia, nonché sanitari, personale dei Vigili del fuoco e della Capitaneria di porto. Sul posto intervengono per primi i Carabinieri che nell’immediato traggono in salvo un uomo e un bambino, quest’ultimo purtroppo deceduto poco dopo, bloccando, peraltro, subito uno degli scafisti. Davanti agli occhi dei soccorritori, i corpi di tante vittime innocenti, bambini, donne e uomini, riversi sulla battigia, i naufraghi e quel che rimaneva di un’imbarcazione incagliata a circa 40 metri dalla spiaggia. Tornando ai momenti immediatamente precedenti al naufragio e, quindi, ai racconti dei sopravvissuti, la navigazione era proseguita fino alle ore 5,30, allorquando, a circa 200 metri dalla costa, erano stati avvistati dalla barca dei lampeggianti provenienti dalla spiaggia e, a quel punto, gli scafisti, temendo la presenza delle Forze dell’ordine lungo la costa, effettuano una brusca virata nel tentativo di cambiare direzione per allontanarsi da quel tratto di mare. In quel frangente la barca, trovandosi molto vicina alla costa e in mezzo ad onde alte, urta con ogni probabilità il basso fondale, cioè trova una secca, e per effetto della rottura della parte inferiore dello scafo comincia ad imbarcare acqua».

Certo, di chiamate ne saranno arrivate diverse a forze dell’ordine e soccorritori, o si fa confusione per via dei fusi orari a cui potrebbero fare riferimento le testimonianze. Ma stupisce che la cronologia proposta in Parlamento non sia aderente alla realtà almeno rispetto a un punto che appare poco controverso. Perché alle 4.30 la barca, con ogni probabilità, si era già schiantata contro quella maledetta secca.

Ma c’è altro che non torna nella ricostruzione del ministro e in quella comunque fatta sulla base di dati oggettivi. Se, come sembra, la segnalazione di Frontex non è stata recepita come indicante una situazione che richiedeva soccorso, comunque lasciava agevolmente ipotizzare che si trattasse di un barcone di migranti (lo suggerivano alcuni elementi segnalati, come la probabile presenza di numerose persone nella stiva, i boccaporti aperti, una telefonata satellitare dalla barca verso un’utenza in Turchia). Alla luce di questo, le motovedette avrebbero potuto/dovuto intercettare l’imbarcazione anche solo per un’operazione di polizia.

A quel punto avrebbero scortato il caicco in porto – così come accaduto tante volte nello Jonio calabrese – e probabilmente lo sbarco non avrebbe avuto esiti nefasti, dal momento che non pare vi siano dubbi sul fatto che il naufragio sia legato alla presenza della secca a poche decine di metri dalla battigia di Steccato. D’altra parte, le motovedette della Guardia di Finanza sono partite, anche se sono poi rientrate per il mare grosso (ma il mare era forza 4…). Dopodiché si sarebbe lasciato il barcone al suo destino, sia che lo si volesse intendere come carico di migranti bisognosi di soccorsi, o piuttosto come un mezzo altamente sospettato di essere utilizzato per la tratta dei migranti. Che è reato. Una inefficienza, insomma, c’è stata comunque.

Non solo, ma come ha ricordato lo stesso ministro Piantedosi alla Camera, è  capitato che si fosse partiti in mare per un’operazione di soccorso e poi ci si è trovati ad intervenire per attività di polizia o viceversa.

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