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Tiziana Mirabelli

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Il racconto di Tiziana Mirabelli, che non convince gli inquirenti, sulla presunta aggressione di Rocco Gioffrè e la reazione fino all’omicidio

COSENZA – «Sono venuta ad autodenunciarmi di un reato gravissimo ed in particolare per difendermi ho ucciso un uomo. Il fatto è accaduto il 14 febbraio 2023, in casa mia, in via Monte Grappa n.7 di Cosenza, quinto piano. Il signore che è deceduto si chiama Gioffrè Rocco, nato nel 1948, era mio vicino di casa».

Comincia così la confessione resa al pm Marialuigia D’Andrea da Tiziana Mirabelli, omicida reo confessa del 76enne pensionato, nonché suo dirimpettaio, Rocco Gioffré.

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IL RACCONTO DELL’OMICIDIO DI ROCCO GIOFFRÈ FATTO DA TIZIANA MIRABELLI

La donna, che si è costituita ai carabinieri di “Cosenza Centro” soltanto la domenica successiva al delitto, ossia a distanza di quattro giorni, ha riferito di essersi recata «la mattina del 14 febbraio, verso le 8.30/9, nella sua abitazione per prendere il caffè» e, una volta rientrata in casa, dopo circa dieci minuti, di aver sentito qualcuno suonare alla porta: «Io ho aperto subito e lui (Rocco, ndr) mi faceva delle proposte sessuali esplicite. Io gli riferivo che non volevo fare nulla di queste cose sessuali – va avanti Mirabelli -, e lui mi diceva che o facevamo qualcosa oppure mi avrebbe ammazzata».

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«Preciso che Gioffrè Rocco, al mio rifiuto estraeva dalla tasca dei pantaloni un coltello che mi ha puntato prima alla gola. In questo frangente, io spostavo il coltello dalla mia gola e mi ferivo alle mani, come potete notare. Ne è scaturita una specie di colluttazione per difendermi e ricordo che il coltello che aveva in mano Rocco è andato a finire nel suo stomaco».

Da lì, la furia omicida: «Preciso che le coltellate sono state più di una perché mi sono difesa. Non ricordo il numero. Voglio precisare che dopo la prima coltellata inferta a Rocco, lui è caduto a terra e il coltello è uscito dallo stomaco ed io l’ho raccolto, per poi difendermi successivamente e gli ho inferto altre coltellate sul corpo. In questi giorni – è scritto nel verbale d’interrogatorio – sono stata a dormire nelle scale del portone di casa mia. Non ho avuto il coraggio di chiamare i soccorsi perché avevo paura. Non è facile trovarsi in queste situazioni».

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L’ARMA DEL DELITTO SCOMPARSA E LA PRESUNTA GELOSIA

L’arma del delitto – un coltello da cucina forse «con manico grigio», non ancora rinvenuto -, Tiziana Mirabelli dichiara di averlo «buttato in casa da qualche parte, non so di preciso dove. Da casa non ho tolto nulla, ho dato solo una pulita dove c’era il sangue».

Confessa, poi, di averne parlato a un amico, il quale le consigliava di recarsi subito dai carabinieri. Di aver ricevuto aiuti economici da Gioffrè in passato, di recente un prestito di 100 euro, poi restituiti, ma di non essere a conoscenza della presenza di una cassaforte in casa sua. Poi si sofferma sul rapporto con lui, che da circa 3-4 anni “non era buono”: «Ricordo che Rocco un paio di volte mi ha picchiata, la prima volta a settembre 2022, e la seconda volta prima di Natale». Il movente? «La gelosia. Rocco era geloso di me».

OMICIDIO GIOFFRÈ L’ORDINANZA DEL GIP DOPO IL RACCONTO DI TIZIANA MIRABELLI

Una versione densa di dettagli, ribadita in sede d’interrogatorio al gip Alfredo Cosenza e che però, per quest’ultimo, non sta in piedi. Il giudice, infatti – che non ha convalidato il fermo ritenendo non sussistente il pericolo di fuga, poiché l’indagata «ha dormito per 5 notti nelle scale dello stabile ove abita, senza tentare di allontanarsi o rendersi irreperibile» -, ha emesso nei suoi confronti un’ordinanza cautelare di arresto in carcere motivata dalla possibile reiterazione di condotte violente della stessa specie.

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Nell’ordinanza, il gip Cosenza annota che «la ricostruzione operata dalla donna, intesa a dare del delitto una spiegazione in termini di esercizio di legittima difesa, appare priva di riscontri oltre che non aliena da tratti di inverosimiglianza».

Ricostruzione che non appare convincente per svariati motivi: in primo luogo, il numero di coltellate inferte, che non appare compatibile con la volontà di difendersi, quanto piuttosto «espressione di singolare aggressività e ferocia, tanto che l’azione violenta continuava anche dopo che l’uomo era in terra e, quindi, impossibilitato a offendere». Allo stesso modo, la modalità con cui riusciva a sferrare il coltello di mano all’anziano risulta poco credibile: come è possibile che, nel corso della colluttazione, la donna sia riuscita a disarmare l’aggressore senza ferirsi a sua volta?

LA DENUNCIA MANCATA E LE FERITE

Altro aspetto che instilla dubbi riguardo al racconto fornito da Mirabelli è l’omessa denuncia: a parere del gip, infatti, appare poco verosimile che la donna non abbia inteso denunciare le aggressioni subìte, o almeno confidarsi con qualcuno, trattandosi non già di un compagno o di un congiunto, bensì di un estraneo, così come anche il fatto che i segni delle lesioni non siano mai stati notati da nessuno.

In ultimo, le ferite sulle mani dell’aguzzina, la cui sussistenza era già stata confermata in sede di interrogatorio, interrotto proprio dalla visita del medico legale, Vannio Vercillo. Ma che non è di per sé sufficiente a provare il tentativo di difesa messo in atto dalla donna poiché «costituisce dato notorio che spesso – scrive il gip – anche chi aggredisce con un coltello, specie in presenza di un’azione prolungata o quando si adoperi un coltello da cucina ossia privo della cosiddetta “guardia”, presenti ferite anche alle proprie mani».

Saranno, adesso, i riscontri dell’autopsia e dei rilievi operati dai Ris e dai carabinieri del Nucleo investigativo a determinare lo sviluppo delle indagini. Quel che è certo, per ora, è che Tiziana Mirabelli resterà in carcere. Mentre i familiari di Rocco Gioffrè, difesi dall’avvocato Francesco Gelsomino, invocano giustizia.

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