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Quando giovedì pomeriggio il governo inserisce nel decreto legge sul Pnnr una norma che chiude l’epoca della cessione dei crediti fiscali e dello sconto fattura per quelli esistenti, a partire dal Superbonus, il partito di Silvio Berlusconi alza le spalle. Esprimono perplessità gli esponenti azzurri, invocano ristori per le aziende di costruzioni. Altrimenti, fanno sapere, non voteranno la fiducia.

C’è chi arriva a parlare di «blitz» di Meloni e Giorgetti, non concordato con l’intera compagine di governo. Insomma, volano gli stracci tra i partner di una maggioranza uscita vittoriosa dalle regionali di Lombardia e Lazio. Alessandro Cattaneo, capogruppo di Fi a Montecitorio, è ancora più diretto: «Non ne sapevamo nulla, proprio nulla». E allora perché, si domandano con malizia i colleghi di Fratelli d’Italie e Lega, Fi non ha battuto ciglio in consiglio dei ministri? Mistero. C’è chi accusa il vicepremier Antonio Tajani «di essere meloniano». 

Eppure, un minuto dopo la fine del consiglio dei ministri gli azzurri iniziano a guerreggiare. Anche perché nel frattempo iniziano a protestare le categorie produttive da Ance a Cna e Confartigianato. «Il grande allarme non è di oggi o di ieri, ma è qualche mese che noi lanciamo gridi d’allarme sul problema dei crediti incagliati e quindi di tutto quello che in corso, che mettono a rischio fallimento imprese e crea molti problemi alle famiglie», scolpisce Federica Brancaccio, presidente dell’Ance.

Che aggiunge: «Il decreto di ieri sera, più veloce della storia, portato in Consiglio dei ministri alle ore 16 e approvato alle 19 e già pubblicato, è l’ennesimo cambio in corsa di regole, ma blocca il futuro e fin qui non possiamo dire che non ce lo aspettavamo, sapevamo che andavano riscritte le regole, per il futuro, ma impedisce alle Regioni che si stavano muovendo per dare un aiuto alle imprese e alle famiglie che non riuscivano a monetizzare i crediti. Blocca l’attività delle Regioni per l’acquisto di questi crediti e non dà una soluzione». Il presidente di Confartigianato Marco Granelli utilizza gli stessi contenuti dell’Ance: «Un’esperienza culminata con il blocco dei crediti nei cassetti fiscali degli imprenditori, che ora mette a rischio 47mila posti di lavoro, e l’incertezza sulla sorte degli incentivi».

Ed è su questa scia che si inserisce il partito del Cavaliere che si mette alla tolda di comando di tutti gli imprenditori.  «Dobbiamo evitare danni ai conti pubblici causati da norme demagogiche sbagliate fatte dai grillini e dal Pd, ma dobbiamo anche salvaguardare le imprese e le famiglie che hanno fatto ricorso al bonus», teorizza il senatore azzurro Maurizio Gasparri. «Forza Italia vuole perseguire questo obiettivo, garantendo le iniziative assunte ma, nello stesso tempo, vuole mettere riparo ai danni degli incapaci. Bisogna salvaguardare i conti pubblici e chi ha utilizzato il bonus». Protesta coinvolge gli enti locali. I governatori azzurri, e non solo, sono più che infuriati. «Auspico una soluzione di buon senso per aiutare le imprese, le quali vantano un diritto che certamente non può diventare carta straccia», dice il presidente della Regione Basilicata Vito Bardi.

«Come regione – insiste – vogliamo aiutare le imprese edili e i lavoratori lucani, confidiamo in una soluzione governativa o parlamentare in tal senso». In questo contesto Forza Italia non intende cedere, perché da ore gli azzurri ricevono messaggi da parte delle imprese che richiedono un intervento. «Serve un confronto parlamentare», fanno sapere le truppe del Cavaliere. «Non possiamo votare la fiducia» è l’avviso che inviano a Palazzo Chigi. Affermazioni che trovano riscontro nelle parole che scolpisce Erica Mazzetti, membro della commissione ambiente di Fi ed esperta di tematiche edilizie: «Serve una nuova norma che introduca incentivi ragionati e studiati, non possiamo lasciar morire un settore fondamentale dell’economia. Come Forza Italia ci siamo immediatamente riuniti alle 14 di ieri, assieme ai capigruppo. Abbiamo capito dal Mef che non c’era possibilità di modificare il provvedimento e abbiamo cercato nell’immediato di risolvere il problema della cessione del credito, togliendo la responsabilità solidale: questo lo abbiamo ottenuto, grazie al nostro vicepremier Tajani che ha portato in Cdm le nostre richieste». Per gli azzurri, a questo punto, il punto di caduta per risolvere l’affaire può essere solo un tavolo di maggioranza, cui poi dovrà seguire un confronto parlamentare. Altrimenti la compagine berlusconiana potrebbe sfilarsi. Solo una minaccia?


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