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REGGIO CALABRIA – Operazione contro la ‘ndrangheta dei carabinieri di Torino. Venti gli arresti eseguiti, tra il capoluogo piemontese e Reggio Calabria. Sono ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata a estorsioni, usura, traffico di droga e gestione di bische clandestine. Eseguite 41 perquisizioni domiciliari e sequestrati beni.
Nell’inchiesta, coordinata dalla procura di Torino, sono emersi pesanti atti intimidatori da parte degli arrestati per ‘ndrangheta. Ad una vittima di estorsione è stata recapitata, ad esempio, una testa mozzata di maiale con l’avviso che «la prossima sarebbe stata la sua».
Le vittime della cosca, almeno una ventina, sono imprenditori, commercianti, ambulanti, ma anche giocatori d’azzardo a cui veniva prestato denaro a tassi del 120% l’anno. Il giro d’affari del gruppo criminale smantellato dai militari dell’Arma era di oltre 100mila euro al mese.
Per intimidire le loro vittime, tra cui l’imprenditore torinese del settore packaging a cui è stata inviata una testa di maiale, i capi della cosca si presentavano come «i padroni di Torino». Il particolare è emerso dalle intercettazioni effettuate nel corso dell’inchiesta. Ad un’altro imprenditore, attivo nel settore dell’installazione di sanitari, gli arrestati avevano chiesto 300mila euro.
SOLDI PER AUTO DI LUSSO E VACANZE – «Una cosca violenta, ma anche anomala perché, contrariamente alle abitudini di questi criminali, ostentava la propria ricchezza». Così il colonnello Arturo Guarino, comandante provinciale dei carabinieri di Torino, ha descritto i componenti del clan.
«Gli esponenti acquistavano auto di lusso e facevano vacanze in hotel a cinque stelle», rivela Guarino. Gli arrestati «hanno perseguitato le povere vittime – aggiunge – dicendo loro in faccia che avevano bisogno dei soldi per potersi pagare la villeggiatura».
La maggior parte degli arrestati era già nota alle forze dell’ordine. Molti facevano parte, infatti, del gruppo “Crimine”, il braccio violento della ‘ndrangheta la cui esistenza era stata documentata nell’operazione Minotauro del 2011.
DUE FRATELLI AL COMANDO – L’operazione, denominata “Big Bang”, ruota attorno alle attività criminali dei fratelli Adolfo e Aldo Cosimo Crea. Entrambi sono considerati esponenti della criminalità organizzata reggina nel capoluogo piemontese. Il loro grado è quello di “padrino”.
I due erano stati arrestati nel giugno del 2011 nel quadro dell’operazione “Minotauro”. Aldo Cosimo è tornato libero nel febbraio del 2014, Adolfo nel giugno del 2015. Ma già nelle settimane precedenti, nel carcere di Voghera in cui erano rinchiusi, avevano cominciato a riorganizzarsi, riuscendo ad aggregare al sodalizio vecchi pregiudicati, parenti e giovani emergenti nell’ambiente criminale torinese.
VITTIME IN SILENZIO – Nessuna delle vittime degli ‘ndranghetisti individuate nel corso dell’inchiesta ha denunciato volontariamente le intimidazioni.
L’indagine ha ricostruito casi di estorsione a imprenditori, vittime di usura, persone indebitate per avere frequentato case da gioco gestite dalle cosche. Le vittime sono una ventina.
BOMBE A MANO E DROGA – Una delle persone indagate nell’ambito dell’operazione è stata trovata in possesso di due bombe a mano, ancora inesplose. L’uomo dovrà quindi rispondere anche di questo reato. Nel corso delle 41 perquisizioni effettuate nella notte dai carabinieri del Comando provinciale di Torino è stata scoperta anche una coltivazione di marijuana.
L’APPELLO DELLA PROCURA – Le vittime delle estorsioni, dell’usura e degli «odiosi atti minatori» degli ‘ndranghetisti «trovino la forza di denunciare». E’ quanto auspica la Procura di Torino in un comunicato ufficiale diffuso in merito all’operazione che ha portato a venti arresti e 41 perquisizioni.
L’invito è ad assumere «l’atteggiamento che rappresenta il solo modo di arrestare e vincere il diffondersi della cultura mafiosa anche in Piemonte».
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