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LAMEZIA TERME – Qualcuno, di notte, ha dato fuoco ad un’automobile in uso alla moglie del nostro cronista di Lamezia Terme, Pasqualino Rettura.
Solo per la circostanza che un parente si sia accorto subito dell’attentato, e insieme a Rettura sono riusciti a spegnere le fiamme, l’auto è rimasta danneggiata solo nella parte anteriore. Diversamente avremmo scritto della sua distruzione e, probabilmente, di quella di un’altra vettura, quella del nostro giornalista, che era parcheggiata poco più avanti, sotto l’abitazione di Rettura, in una zona illuminata da un potente faro. Proprio questa circostanza potrebbe aver indotto gli ignoti a prendere di mira l’auto che si trovava in una zona più nascosta.
SOLIDARIETA’ E CONDANNA PER L’INTIMIDAZIONE
Per dare fuoco è stata utilizzata la benzina contenuta in una bottiglietta che è stata trovata a ridosso dell’auto dagli investigatori della polizia di Stato. Le indagini sono condotte dagli uomini del Commissariato di Lamezia della Polizia e della Squadra mobile della Questura di Catanzaro.
Ecco, questa è una notizia, il racconto di un fatto: si parte da elementi raccolti sul campo o appresi da fonti qualificate e, quindi, di grande affidabilità, e si scrive la notizia. Cioè quello che fanno ogni giorno i giornalisti, in una regione dove è sempre più difficile farlo e non solo per la crisi, ma perché continuano ad esserci vigliacchi e farabutti che pensano (sbagliando) di poter fermare il racconto, senza considerare che quel racconto siamo tanti a farlo e siamo tantissimi a voler continuare a farlo. E’ davvero fuori strada chi pensa di fermare quel racconto mandando minacce e proiettili via posta, incendiando automobili, coltivando propositi di vendetta (grazie ai quali, per esempio, un altro collega del Quotidiano vive sotto scorta da un anno e mezzo e un altro ancora è da mesi sorvegliato dalle forze dell’ordine con più discrezione ma con non meno attenzione).
Come detto in altre occasioni (purtroppo non rare), il problema riguarda i giornalisti non solo di questo giornale, ed è bene ribadire pure che ogni qualvolta accade a un nostro giornalista non siamo neppure sfiorati dall’idea che vicende come questa siano da considerare stellette al merito o, peggio ancora, motivo di propaganda. Sono semplicemente delle schifezze che continuano ad amareggiarci, a farci sentire un po’ più soli, di quella solitudine che purtroppo neppure fiumi di solidarietà riescono a smorzare.
Il collega Rettura è stato sentito dagli investigatori della polizia di Stato riguardo alla sua attività professionale, giacché difficilmente l’intimidazione risulta inquadrabile in altri contesti.
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