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COSENZA – Il debito commerciale delle aziende sanitarie tra il 2029 e il 2020 ammontava a oltre un miliardo 174 milioni di euro. Tra il 2020 e il 2021 invece si è fermato a un miliardo 089 milioni di euro. Sono i dati estrapolati dal penultimo giudizio di parifica della Corte dei Conti (nelle tabelle in basso) e dal verbale del tavolo Adduce (in alto) sullo stato dei debiti delle aziende calabresi. In mezzo c’è il miliardo e due, contenzioso compreso, che la Regione difende nel processo di “raccolta” effettuato a fine del 2022.
Il primo dato da tenere in considerazione è il forte disallineamento tra i dati forniti dalle aziende e quello effettivamente registrato sulla Piattaforma dei crediti commerciali. In altre parole il debito raddoppia sia nel 2020 che nel 2021 se si guarda agli aggiornamenti effettuati dagli stessi ministeri. Lì dove le aziende comunicavano nel 2020 531 milioni di euro circa sulla Pcc venivano quasi raddoppiati superando di poco il miliardo. Stessa cosa nel 2022, dei 428 milioni comunicati, senza però le risposte dell’Asp di Catanzaro e quella di Reggio Calabria vengono indicati 428,8 milioni di euro circa di debito a fronte del miliardo e 89 milioni calcolato dalla piattaforma crediti commerciali.
Discrepanza che lo stesso Adduce rileva e chiede di correggere anche se, per chi utilizza altri sistemi, la trasmissione di questi dati non è più obbligatoria. Il paradosso però è su Reggio Calabria che al 31 dicembre 2020 ha comunicato circa 114 milioni di euro di debito. Il problema è la condizione stessa dell’Asp che non ha bilanci da anni e non conosce l’ammontare del debito eppure comunica una cifra. E non a caso i tecnici ministeriali specificano come “la Asp di Reggio Calabria ha comunicato un debito scaduto al 31/12/2020 di circa 114 milioni di euro. Si richiama la circostanza che tale debito risulterebbe non conosciuto dall’azienda e nello stesso tempo comunicato. Si chiedono chiarimenti”.
Queste cifre raccontano anche dei tempi medi di pagamento delle aziende sanitarie, quasi tutte fuori scala. Pagare in ritardo significa ulteriore contenzioso, con cifre che chiaramente sono destinate a salire. La situazione al secondo trimestre del 2022 vede l’Azienda Pugliese Ciaccio con l’87% degli importi pagati in ritardo, la Mater Domini al 73%, l’Asp di Crotone al 69%, quella di Vibo al 61%. Tutti dati che mettono seriamente in allerta i ministeri, che chiedono a Occhiuto di implementare il caricamento delle fatture sulla Pcc per valutare i tempi di pagamento delle aziende. L’altro paradosso è quello dell’Asp di Cosenza. Stando alla Corte dei conti nel 2020 il volume delle controversie era pari 521.982.779,52 milioni di quota capitale, quindi senza interessi e spese legali aggiunte. Di questi più di 366 milioni riguardano controversie aperte, altre 460 invece restano “non quantificate”.
La situazione è complessa, anche per via del ritardo accumulato dalla stessa struttura commissariale nel trasmettere cifre esatte ai tavoli ministeriali. la cosa è sottolineata più volte nell’ultimo verbale. “I Tavoli riscontrano – si legge – nuovamente il rilevante ritardo con cui la struttura commissariale della Regione Calabria produce le informazioni contabili e patrimoniali relative al proprio Servizio sanitario. In tali termini si sollecita nuovamente il Commissario ad acta a trasmettere alle scadenze previste le informazioni contabili necessarie al monitoraggio di questi Tavoli tecnici”.
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