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La raffineria di Milazzo

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Servono accordi non predatori anche per il Sud: essere la batteria energetica del Paese e dell’Europa significherà mettere a disposizione la propria posizione geografica

Accordi non predatori: questo il cambio di passo rispetto al passato. Non più un Nord Africa da sfruttare, ma con il quale avere una cooperazione virtuosa. Solamente parole o vere intenzioni? La visita in Algeria della presidente Meloni, che riscopre il Nord Africa sulla scia del predecessore Draghi, pone una serie di domande.

Il continente degli anni duemila sembra una bella signora, corteggiata da tutti per l’abbondanza di gioielli posseduti, che tutti dicono di voler sposare, ma che in realtà vogliono solo sfruttare.

Cosa voglia dire, infatti, “accordi non predatori” non è chiaro. In realtà l’Algeria si limiterà a fornire il gas che avrà a disposizione e noi pagheremo un prezzo concordato. Di altro sarà difficile parlare.

ACCORDI NON PREDATORI ANCHE PER IL SUD: DIRITTI DI PASSAGGIO

Ma forse, in realtà, si tratta solo di buone intenzioni, perché la stessa Algeria potrebbe non aver bisogno del nostro aiuto per crescere, come hanno dimostrato gli Emirati, l’Arabia e lo stesso Qatar. Infatti, quando le risorse a disposizione provenienti dalle materie prime disponibili diventano importanti e si ha una governance attrezzata i risultati arrivano.

Poi gli affari per utilizzare le loro risorse gli algerini li faranno con coloro che offriranno condizioni migliori. Per questo bisogna creare un rapporto che, prima che economico, è culturale, in particolare con il Sud.

Cosa diversa è quello che accadrà al nostro Mezzogiorno, che rischia doppiamente. A bocce ferme, infatti, con un manifatturiero cosi contenuto, anche i bisogni di energia sono limitati.

E allora essere batteria del Paese e dell’Europa significherà mettere a disposizione la propria posizione geografica e il proprio territorio per fornire energia al Paese e all’Europa, dopo che sono venute meno le forniture del gigante russo, sulle quali inopinatamente si era puntato tutto.

Per il passaggio degli impianti di trasporto, se il Mezzogiorno fosse un Paese diverso, potrebbe pretendere quelli che in diritto civile sono chiamati “diritti di passaggio”: un rimborso per l’utilizzo del suolo, per tutte le problematiche inerenti tale servizio.

Così come per i rigassificatori sarebbe necessario avere forme di rimborso, considerate tutte le problematiche inerenti la sicurezza e quelle riguardanti le problematiche relative ai porti coinvolti che, ovviamente, per giorni saranno bloccati quando sarà previsto l’arrivo delle navi gasiere, nonché quelle inerenti il raffreddamento delle acque conseguenti al processo che riporta il gas da liquido a gassoso. Ovviamente per l’energia che non viene utilizzata in loco.

ACCORDI NON PREDATORI PER IL SUD: SACRIFICI DA COMPENSARE

Per quanto attiene, invece, agli impianti eolici e solari, le problematiche principali sono due: quello dell’utilizzo del suolo, che ovviamente sarà sottratto all’agricoltura, e quello dello smaltimento delle scorie dopo 10 anni. Quello che è accaduto a Gela dopo lo smantellamento dell’impianto Eni, con un territorio enorme da risanare, la dice lunga sui costi dei territori che sono stati coinvolti in tali produzioni.

Senza contare l’altro aspetto estremamente importante: l’aumento dei tumori nelle zone coinvolte.

E allora, considerato che il Sud finora ha avuto esigenze di energia molto contenute e che il 70% di quella che dovrebbe essere prodotta, come dice Tabarelli di Nomisma energia, dovrà servire al Nord, è necessario che non diventi una attività predatoria. E che quindi vi sia un progetto che preveda forme di collaborazione tali da far sì che il sacrificio di questi territori sia compensato dalla creazione di nuovi posti di lavoro, che è il vero problema che attanaglia il Sud.

Claudio Descalzi, amministratore delegato dell’Eni da quasi dieci anni, sostiene saggiamente: «Qualsiasi progetto complesso va affrontato con garbo, spiegandolo ai cittadini, illustrando che c’è sempre un guadagno per tutti gli attori della collettività».

È necessario che non si ripeta quello che è accaduto con gli impianti petrolchimici, che hanno devastato alcuni territori senza lasciare altro che briciole. Paghiamo a Taranto, anche se per impianti ad alta intensità di manodopera, un prezzo estremamente elevato per la salute pubblica.

MESSA A REGIME DEI PORTI

Serve un piano, quindi, che, immaginando che il Sud diventi batteria dell’Italia, e se si vuole anche dell’Europa, preveda investimenti del manifatturiero importanti che creino quella parte dei 3 milioni di posti di lavoro necessari perché il mercato dell’occupazione meridionale vada a regime.
Bene fa il presidente della Regione Calabria, Occhiuto, a mettersi a disposizione per la costruzione di un rigassificatore a Gioia Tauro. Meglio farebbe se contemporaneamente chiedesse fin da subito che cosa potrebbe arrivare alla Calabria per la disponibilità a dare energia a tutto il Paese.

Perché bisogna stare attenti a non far passare l’idea che il posizionamento di impianti di rigassificazione, solari ed eolici, sia esso stesso il ristoro e l’industrializzazione per il Sud, continuando quel processo predatorio che va avanti da anni e che riguarda non solo il territorio, ma viene attuato anche con un numero elevatissimo di ragazzi che, una volta formati, in considerazione della mancanza di opportunità esistenti nelle loro aree vengono strappati ai loro territori per essere utilizzati per lo sviluppo del Nord.

E allora la richiesta non può che passare da una contemporanea messa a regime dei porti meridionali, a partire da Augusta e Gela frontalieri di Suez e di Cagliari, Palermo e Napoli non da considerare solo come porti passeggeri, ma potenziandone il ruolo commerciale.

Valorizzare tutta la parte logistica è fondamentale per il Sud, ma anche per il Paese. Che siamo a due passi dal Nord Africa lo hanno ben capito tutti i poveri emigranti che si avventurano per attraversare quello che è più un canale che un mare. Ma ha più difficoltà a comprenderlo la nostra Nazione, che invece continua a far capo a due porti estremamente distanti da Suez, cioè Genova e Trieste.

È masochistico per il Paese continuare con investimenti stratosferici e miliardari nel porto di Genova, molto contestati dagli stessi progettisti, che si sono dimessi non considerando tale realizzazione possibile.

Poiché la distanza tra Algeri e Palermo e tra Tripoli e Palermo è contenuta, la collaborazione con l’Algeria, ma anche con la Libia, passa attraverso contatti più diretti con tutta la parte Sud del nostro Paese. E se non deve essere un’attività predatoria quella nei confronti di tali Paesi, deve prevedere forme di collaborazione ampie, a cominciare da quelle universitaria, in qualche modo anche avviate, a quella sanitaria fornendo servizi che magari tali Paesi non hanno, per quella classe borghese che si va formando.

MOBILITÀ PER I GIOVANI

Ma vanno anche attivate forme di mobilità che prevedano che i nostri giovani possano andare in quei Paesi e che i loro giovani possano venire da noi, attuando quel processo di scambio culturale e di mobilità che riproponga quello che è accaduto con i programmi Erasmus all’interno dell’Europa.
Se riusciamo a cambiare prospettiva e a vedere il rapporto con tali Paesi come collaborazione, invece che come sfruttamento, così come avviene anche tra Nord e Sud del Paese, il vantaggio per tutti sarà enorme.

L’alternativa a tale approccio è l’autonomia differenziata, la costruzione di muri, anche se non fisici, l’allontanamento tra popoli con la criminalizzazione delle culture diverse, l’impoverimento, non solo economico, di tutti.


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