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VIBO VALENTIA – Pacchetti di sigarette, ricariche cellulari, dolciumi. Erano queste le scuse che Antonio Columbro, pedofilo seriale 78enne di Vibo, utilizzava nell’adescare i ragazzini minorenni, alcuni anche di età inferiore ai 14 anni. Cercava, e spesso ci riusciva, di guadagnare la loro fiducia attraverso dei doni difficili da rifiutare, soprattutto se sei ancora un teen-ager. E così, quando si instaurava un rapporto più stretto, ci si scambiava il numero di telefono che rappresentava così, il maggiore e più immediato mezzo per tenersi in contatto. Un mezzo che Columbro utilizzava per inviare messaggi scabrosi, censurabili. Si spingeva a chiedere, sia tramite sms che di persona, quando si incontrava con loro, di far mostrare le parti intime o quali fossero le loro sensazioni nel masturbarsi.
L’inchiesta era partita qualche settimana addietro da un’attività autonoma messa in atto dal comandante della Stazione di Pizzo Paolo Fiorello e dai suoi uomini che ha consentito, tramite filmati, appostamenti, acquisizioni di testimonianze, di entrare in possesso di elementi probatori gravi nei confronti dell’uomo che adesso si trova in carcere, su disposizione del gip Gabriella Lupoli. Attività particolarmente delicata finalizzata a tutelare soprattutto le giovanissime vittime ed anche l’indagato la cui foto, finita sul social network Facebook, aveva suscitato la rabbia delle persone, alcune delle quali avevano manifestato l’intenzione di farsi giustizia da sole. Proprio per prevenire questa eventualità, gli uomini coordinati dal capitano Diego Berlingieri e dal colonnello Daniele Scardecchia, sono passati alla fase operativa e tutto il materiale arrivato sul tavolo del pm Barbara Buonanno, è stato condiviso dal gup che questa mattina ha emesso la misura.
Columbro, già nel momento in cui le voci sui suoi comportamenti erano iniziate a trapelare, era già attenzionato dai carabinieri che, contestualmente, avevano provveduto ad acquisire le testimonianze dei minori, assistiti, data la delicatezza del caso, da uno psicologo.
«Non c’erano assolutamente alternative al carcere – ha affermato il procuratore capo Mario Spagnuolo – e rassicurare la collettività è stato il motivo di questa conferenza stampa. Voglio rimarcare che la Procura agisce con gradissimo vigore nell’acquisizione degli elementi di prova tanto che il soggetto, che probabilmente è una persona malata, è stato “marcato a uomo” quando la notizia era già stata trapelata».
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